Malattie metaboliche ereditarie
Malattie metaboliche ereditarie
13/01/2025

Malattie metaboliche ereditarie: il congresso SIMMESN

Dall’ampliamento degli screening neonatali alle malattie emergenti di interesse neurologico, fino alle patologie che interessano i bambini migranti, legate alle dinamiche multietniche: sono alcuni dei temi trattati al XIV Congresso della Società Italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale

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Dall’ampliamento degli screening neonatali alle malattie emergenti di interesse neurologico, fino alle patologie che interessano i bambini migranti, legate alle dinamiche multietniche: sono alcuni dei temi trattati al XIV Congresso della Società Italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale (SIMMESN), che si è tenuto dal 15 al 18 ottobre a Montesilvano, in provincia di Pescara. Titolo dell’edizione 2024 è stato: “La nostra vita è un’opera metabolica che sfugge al riflesso della ragione”.

Circa 350 i partecipanti, che hanno presenziato a sessioni plenarie, lezioni magistrali, gruppi di studio e sessioni parallele strutturate dal comitato scientifico. All’incontro, inoltre, hanno trovato spazio i vari Gruppi di lavoro SIMMESN. Andrea Pession, presidente della SIMMESN, ha dichiarato che sul tema degli screening neonatali, l’obiettivo “è lanciare un appello preciso perché sebbene l’Italia sia uno dei paesi che fa più screening al mondo, spesso vengono ‘screenate’ anche malattie di scarso interesse. Occorre una regolamentazione che metta in ordine le priorità per disporre di competenze, organizzazioni e fondi verso screening necessari”.

Proprio di screening precoce, che può essere facilitato da un esame che si esegue su campioni di sangue secco raccolti anche nel contesto ambulatoriale, si è parlato al simposio sul deficit di lipasi acida lisosomiale (LAL-D), durante il quale sono stati presentati i risultati raggiungibili con l’avvio tempestivo della terapia enzimatica sostitutiva messa a punto per questa patologia. “La LAL-D è una malattia rara che porta all’accumulo incontrollato di esteri del colesterolo e trigliceridi, dovuto al difetto dell’enzima che scinde queste molecole nell’organismo”, ha spiegato Carlo Dionisi Vici, della UOC di Malattie metaboliche ed epatologia al Bambin Gesù di Roma, introducendo il simposio. L’esperto ha sottolineato che “la diagnosi si esegue misurando l’attività dell’enzima anche su una goccia di sangue secco” e che “è disponibile un service che si occupa della raccolta del campione, presso il medico che ne fa richiesta, e dell’analisi. Il dosaggio identifica le persone a rischio – ha proseguito Dionisi Vici - e in caso di esito positivo è necessaria l’analisi genetica per la diagnosi definitiva”.

Una diagnosi precoce è importante perché oggi è disponibile un trattamento, la terapia enzimatica sostitutiva a base di sebelipasi alfa, che cambia il decorso della malattia, sia nella forma late onset, a insorgenza in età pediatrica e adulta, che nella forma più grave, ovvero quella infantile, che insorge nei primissimi mesi di vita. A raccontare l’esperienza di un neonato trattato precocemente che oggi ha 11 anni è stata Simona Fecarotta, del Dipartimento materno-infantile dell’AOU Federico II di Napoli, sottolineando come l’aspettativa di vita di questi neonati sia, storicamente, sotto l’anno. “Purtroppo la sintomatologia è aspecifica – ha osservato Fecarotta – e comune ad altre malattie rare. Tuttavia, la presenza di calcificazioni surrenaliche ‘a berretto frigio’, che si può evidenziare con una semplice radiografia o un’ecografia dell’addome eseguita per indagare i sintomi gastrointestinali associati alla malattia, deve immediatamente indirizzare al sospetto diagnostico di LAL-D”. La terapia disponibile, avviata precocemente, “consente, invece, ai pazienti, a fronte di una semplice infusione una volta a settimana di un trattamento con un buon profilo di sicurezza, di avere una vita normale”, ha concluso l’esperta.

Albina Tummolo, della UOC di Malattie Metaboliche e Genetiche dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bari, ha parlato della forma pediatrica/adulta, “che insorge, mediamente, a cinque anni e mezzo. Il tempo che intercorre tra le manifestazioni sintomatiche e la diagnosi, però, è di 3,3 anni, con una forchetta molto ampia tra età pediatrica e adulta”. Questo può essere un ostacolo all’avvio precoce del trattamento, che su questi pazienti riesce a normalizzare i parametri epatici e lipidici in 20 settimane. Per questo “è fondamentale sensibilizzare i medici che prendono in gestione pazienti con una sintomatologia riconducibile alla LAL-D”, come ha evidenziato Tummolo.


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