Uno studio, recentemente pubblicato su Nature Metabolism, ha identificato specifiche popolazioni neuronali nel settore dorsale dell’ippocampo (dHPC) che rispondono a determinati nutrienti e influenzano l’obesità, identificando come manipolando queste cellule cerebrali, si possano sviluppare nuove strategie per ridurre il consumo di cibi ipercalorici e combattere l'obesità.
Questo comportamento adattivo, noto come alimentazione potenziata dal segnale (cue-potentiated eating), può diventare difficile da gestire, soprattutto nella situazione odierna. In un ambiente come quello attuale, ricco di cibi ipercalorici e facilmente accessibili, queste associazioni possono portare a una eccessiva ricerca di cibo, aumentando il rischio di obesità.
Pertanto, comprendere i meccanismi di formazione della memoria legata all’assunzione di grassi e zuccheri potrebbe essere cruciale per combattere l’obesità.
Lo studio ha ipotizzato che l'ippocampo contenga gruppi specifici di neuroni, detti oressigenici, che rispondono in modo diverso a diversi nutrienti, come i grassi e gli zuccheri. Questi neuroni, stimolati da segnali di fame (come la grelina) e inibiti da leptina ed insulina, inducono l'assunzione di cibo.
Il dHPC ospita popolazioni uniche di neuroni che codificano selettivamente segnali di grassi e zuccheri post-ingestione, fornendo una base neurale per le preferenze specifiche di macronutrienti.
L’obiettivo dello studio era valutare se l’ippocampo si attivasse in risposta a nutrienti specifici, partendo dall’ipotesi che grassi e zuccheri possano attivare un sottogruppo di neuroni dell’HPC con funzione oressigenica e glutammatergicica. Utilizzando tecniche avanzate di neuroimaging, i ricercatori hanno osservato che l'ippocampo risponde in modo specifico a diversi nutrienti, come glucosio e grassi e che il nervo vago, che collega l'intestino al cervello, svolge un ruolo cruciale nel trasmettere al cervello le informazioni sui nutrienti assunti.
Sono state poi identificate popolazioni di neuroni nell'ippocampo che rispondono specificamente ai grassi. L'inibizione di queste cellule ha portato a una riduzione del consumo di grassi, ma non di zuccheri.
Lo studio ha anche dimostrato che queste cellule dell'ippocampo sono coinvolte nella memoria spaziale associata al cibo. In altre parole, queste cellule ci aiutano a "ricordare" dove abbiamo trovato determinati alimenti, come i cibi grassi.
Matteo Vian