Oltre 250mila italiani soffrono di Mici, malattie infiammatorie croniche intestinali come il Crohn e la colite ulcerosa che colpiscono persone giovani, tra i 15 e i 30 anni, e nel 20% dei casi si manifestano già da bambini. Quando accade, archiviata la prima domanda - che cos'ho? - la seconda che si pongono tutti i pazienti è: che cosa posso mangiare? L'interrogativo è cruciale, se si pensa che il 27% dei malati di Mici è malnutrito; il 40% è sarcopenico, ossia perde massa e forza muscolare, e oltre il 70% ha carenze di vitamine e minerali essenziali. Deficit che peggiorano la patologia di base e compromettono la risposta ai farmaci. Un problema noto, ma non abbastanza. Perché ancora oggi appena 1 paziente su 2 riceve uno screening nutrizionale: un quarto nel centro pubblico che lo assiste e un altro quarto privatamente, pagandolo di tasca propria.
Se n'è parlato a Milano al convegno 'The new era of medical nutrition in Ibd', una 2 giorni di confronto tra i massimi esperti del settore riuniti con l'obiettivo di costruire insieme un modello di lavoro interdisciplinare, studiando soluzioni per migliorare sia lo screening che il trattamento del paziente a rischio di malnutrizione o già malnutrito
"Mici o Ibd (Inflammatory bowel disease) è un termine che include diversi disturbi caratterizzati da un'infiammazione dei tessuti del tratto digerente, ad andamento cronico e ricorrente, che si presentano con periodi di riacutizzazione alternati a fasi di remissione - ricorda Alessandro Armuzzi, responsabile Unità operativa Ibd Mici Irccs Humanitas Rozzano (Milano) e professore ordinario di Gastroenterologia Humanitas University - Rientrano in questa definizione la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, ma ci sono anche forme meno comuni come la colite microscopica". All'origine di queste patologie, descrive l'esperto, c'è sicuramente una componente genetica, con "più di 250 geni coinvolti". Una predisposizione che a un certo punto della vita - per cause probabilmente legate a "un'alterazione del microbiota", l'esercito di microrganismi che colonizza il nostro apparato digerente - sfocia in "una risposta immunitaria aberrante a livello della parete intestinale" sede dell'assorbimento dei nutrienti. Insorgono così "carenze di micro e macronutrienti, associate a calo di peso".
Sulla malnutrizione dei pazienti Mici persiste tuttavia un problema culturale, segnalano gli specialisti. "Pochissimi centri, anche fra quelli di eccellenza, fanno gli screening nutrizionali", evidenzia Armuzzi, benché sia dimostrato che "una corretta alimentazione possa dare benefici oltre a quelli dei farmaci". Mentre "sul fronte delle terapie nutrizionali oncologiche sono stati fatti passi avanti enormi - osserva Riccardo Caccialanza, responsabile Area Nutrizione clinica Irccs ospedale San Raffaele di Milano - adesso bisogna compierli anche nelle Mici che danno problematiche ancora più subdole. Sappiamo che i risultati delle terapie sono molto legati alla composizione corporea dei pazienti, specie alla massa muscolare", e che i malati con malnutrizione "tornano più spesso in ospedale e hanno ricoveri più lunghi". Oggi "il primo problema è culturale", insiste l'esperto. Se è vero che per le linee guida Espen Mici non esiste una 'Ibd Diet', "i pazienti vanno seguiti dal punto di vista alimentare, hanno bisogno di punti di riferimento specializzati", precisa Caccialanza auspicando la nascita di "una rete", con "esperti di nutrizione clinica e dietisti" stabilmente inseriti nei team multidisciplinari di presa in carico delle persone con Mici.
"Da parte della classe politica, degli amministratori, dei cittadini e anche degli stessi operatori sanitari - riflette lo specialista del San Raffaele - manca probabilmente ancora l'effettiva presa di coscienza che la nutrizione medica è una branca di fondamentale importanza per il miglioramento della salute della popolazione e della qualità delle cure, alla quale occorre riservare i giusti investimenti in termini formativi, comunicativi ed economici".