Attualità
Cellule staminali
01/10/2024

Cellule staminali, trapianto azzera diabete di tipo 1 in una donna

Una donna di 25 anni, residente a Tianjing, in Cina, è diventata la prima persona al mondo a produrre insulina autonomamente dopo aver ricevuto un trapianto di cellule staminali

terapia cellulare

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature ha descritto un passo estremamente significativo nel trattamento del diabete di tipo 1. Una donna di 25 anni, residente a Tianjing, in Cina, è diventata la prima persona al mondo a produrre insulina autonomamente dopo aver ricevuto un trapianto di cellule staminali ‘riprogrammate’ provenienti dal proprio corpo.

Il trapianto, eseguito nel 2023, ha coinvolto la somministrazione di circa 1,5 milioni di isole pancreatiche nei muscoli addominali della paziente. Questo approccio innovativo ha permesso ai ricercatori di monitorare il comportamento delle cellule tramite risonanza magnetica e, se necessario, di rimuoverle. In meno di tre mesi, la donna ha iniziato a produrre una quantità sufficiente di insulina per vivere senza dover ricorrere a somministrazioni esterne, mantenendo questo livello di produzione per più di un anno.
Secondo diversi studiosi i risultati sono "sbalorditivi", sottolineando come la paziente, prima del trapianto, necessitasse di grandi quantità di insulina. I dettagli della procedura e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cell.

Il contesto del diabete e la sfida dei trapianti

Il diabete colpisce quasi mezzo miliardo di persone nel mondo, con la maggior parte dei pazienti affetti da diabete di tipo 2, a causa del quale il corpo non produce abbastanza insulina o non riesce a utilizzarla correttamente. Nel diabete di tipo 1, invece, il sistema immunitario attacca le cellule delle isole pancreatiche che producono insulina.
Attualmente, i trapianti di isole possono trattare il diabete di tipo 1, ma la scarsità di donatori e la necessità di farmaci immunosoppressori rappresentano due grandi ostacoli. Le cellule staminali, che possono essere riprogrammate per diventare qualsiasi tipo di tessuto, offrono una potenziale fonte illimitata di cellule pancreatiche. Utilizzare le cellule del paziente stesso potrebbe inoltre ridurre la necessità di immunosoppressori.

La procedura di riprogrammazione e i risultati

La squadra guidata dal biologo cellulare Deng Hongkui, dell'Università di Pechino, ha utilizzato una tecnica sviluppata quasi due decenni fa da Shinya Yamanaka dell'Università di Kyoto. La tecnica prevede la riprogrammazione delle cellule per riportarle a uno stato pluripotente, da cui possono essere trasformate in qualsiasi tipo di cellula. Deng e il suo team hanno modificato questo processo, esponendo le cellule a piccole molecole anziché a proteine, offrendo così un maggiore controllo sulla riprogrammazione.
Dopo aver testato la sicurezza e l'efficacia delle cellule su topi e su primati, i ricercatori hanno proceduto con il trapianto nella donna. A distanza di oltre un anno, la paziente ha riportato valori di glucosio nel sangue stabili per oltre il 98% del tempo, senza picchi o cadute pericolose.

Prossimi sviluppi e potenziali limiti

Sebbene i risultati siano promettenti, alcuni esperti, come Jay Skyler, endocrinologo dell'Università di Miami, sostengono che sarà necessario monitorare la paziente per almeno cinque anni prima di poter parlare di una vera e propria "cura". Inoltre, il team di ricerca non ha potuto verificare se le cellule pluripotenti indotte (iPS) riducano il rischio di rigetto, poiché la donna era già sotto trattamento immunosoppressivo a seguito di un precedente trapianto di fegato.
Nonostante queste limitazioni, Deng ha riferito che anche altri due partecipanti allo studio hanno ottenuto risultati "molto positivi", e prevede di estendere il trial a 10-20 persone nei prossimi mesi. Una delle sfide principali rimane lo sviluppo di cellule capaci di evitare l'attacco del sistema immunitario nei pazienti con diabete di tipo 1, una condizione autoimmune.

L'uso delle cellule staminali riprogrammate potrebbe rappresentare un passo avanti rivoluzionario nel trattamento del diabete di tipo 1, offrendo la prospettiva di una terapia più accessibile e priva di immunosoppressori. Sebbene ci siano ancora molti aspetti da esplorare, come la replicabilità dei risultati e la durata dell'efficacia nel tempo, questi studi aprono la strada a nuove opportunità per combattere una malattia che colpisce milioni di persone nel mondo.

https://www.nature.com/articles/d41586-024-03129-3 

Cristoforo Zervos

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