Attualità
Editoriale
29/06/2023

La patologia molecolare predittiva: una rivoluzione culturale, ancora prima che gestionale

Le straordinarie opportunità offerte dalle tecniche di sequenziamento del DNA di nuova generazione e, in generale, dal progresso quasi travolgente delle metodiche di biologia molecolare stanno ponendo l'oncologia di fronte a numerose sfide inedite

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Le straordinarie opportunità offerte dalle tecniche di sequenziamento del DNA di nuova generazione e, in generale, dal progresso quasi travolgente delle metodiche di biologia molecolare stanno ponendo l'oncologia di fronte a numerose sfide inedite, che chiamano in causa soprattutto l'organizzazione e il management, e che non possono che essere affrontate con un pensiero che sovrasta le preoccupazioni per le difficoltà quotidiane: tutto ciò che è successo negli ultimi anni, e che continua a succedere ogni giorno, rappresenta un'opportunità unica per i pazienti, che oggi possono contare su una quantità di informazioni mai vista prima, e su un loro utilizzo sempre più efficace. A patto, naturalmente, di essere disposti a grandi cambiamenti culturali, ancora prima che gestionali.

Per comprendere quali siano gli aspetti sui quali è urgente intervenire, si possono analizzare le conseguenze cliniche di questa mole di dati: per esempio, il fatto che essi non si traducano sempre in un accoppiamento ideale tra ciò che possiamo sapere - l'esistenza di certe alterazioni geniche - con la disponibilità di terapie specifiche, non sempre esistenti e, soprattutto, di marcatori predittivi di risposta al trattamento con farmaci a bersaglio molecolare. Se non sono disponibili questi ultimi, si rischia di utilizzare male le informazioni, perché non ci si avvale di strumenti sufficienti a prevedere se una certa terapia target è destinata ad avere successo. Purtroppo, in diversi casi i marcatori non ci sono o, se ci sono, non sono previsti dai piani terapeutici approvati in pratica clinica.

Un altro aspetto delicato riguarda il fatto che oggi non si cercano più solo le mutazioni partendo dal DNA estratto dai tessuti, ma si analizzano anche quelle a carico del DNA tumorale circolante, e di altre biomolecole ottenibili dal sangue periferico o da altri biofluidi. Questo consente di avere una visione dinamica dell'evoluzione di una neoplasia. Dal punto di vista organizzativo, però, ciò significa che l'analisi genomica non è più, come è stata per molti anni, qualcosa di statico, che si compie all'inizio del percorso diagnostico, e che resta cristallizzata a quel momento, ma diventa un elemento dinamico, con aggiornamenti costanti nel tempo, che di volta in volta descrivono l'andamento della malattia anche per anni. E ciò comporta una riorganizzazione radicale dell'idea stessa di patologia molecolare predittiva e di oncologia di precisione, e quindi dei percorsi di cura, e dei rapporti tra esperti di discipline un tempo considerate lontane tra di loro e dall'oncologia, ma oggi legati da collaborazioni imprescindibili. Bioinformatici, fisici, data manager, biologi molecolari e biotecnologi, biostatistici, non sono meno rilevanti, ai fini di un coretto inquadramento diagnostico e di un'ottimale impostazione dei PDTA, delle figure professionali classicamente associate all'oncologia quali il chirurgo, l'anatomopatologo, il radioterapista o l'oncologo medico.

E qui si incontra un ulteriore ostacolo, ossia la necessità di costruire percorsi di formazione dedicati a professionisti in grado di muoversi in questo mondo di interfaccia tra l'anatomia patologica, la patologia molecolare predittiva e l'oncologia. Eppure, l'Italia e in tutti i paesi Europei, i centri di riferimento per la patologia molecolare predittiva custodiscono un patrimonio inestimabile di competenze, cresciute internamente tra mille difficoltà, e abituate a lavorare in team con i clinici sul singolo paziente: un valore aggiunto che va maggiormente valorizzato e che va a tutto beneficio del paziente.

Infine, anche il sistema dei riferimenti andrebbe aggiornato e rivisto. Per orientarsi in una quantità di informazioni in crescita quasi esponenziale, occorrono linee guida. Ma queste, formulate secondo i classici iter, non sono capaci di mantenere il passo: in una situazione ideale, occorrerebbero aggiornamenti continui, per esempio mensili, che recepiscano i risultati degli studi e li applichino alla pratica prima possibile. Questo sarebbe fattibile, vista la velocità della trasmissione delle informazioni. A patto, però, che vi siano esperti dedicati, che lavorino esclusivamente a questo, e alla disseminazione dei risultati. Ancora una volta, è necessario un cambiamento culturale, ancor prima che organizzativo che, in questo caso, modifichi l'idea classica di elaborazione delle indicazioni basate sulle prove disponibili.

Nulla di tutto ciò è troppo ambizioso o irrealistico, e ogni cambiamento che non viene attuato rappresenta un'opportunità di cura sprecata, per tutti, ma soprattutto per coloro che hanno minori disponibilità economiche, o che vivono in zone dove l'organizzazione sanitaria è più deficitaria. Ecco perché è indispensabile che tutti coloro che sono coinvolti pensino alla patologia molecolare e all'oncologia di oggi con una mente aperta, e compiano ogni sforzo affinché non resti l'oncologia di ieri.

Umberto Malapelle
Direttore del Laboratorio di Patologia Molecolare Predittiva del Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Università degli Studi di Napoli Federico II

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