L'impiego precoce dei due nuovi farmaci anti-PCSK9, la proteina che blocca i recettori che catturano il colesterolo impedendone l'accumulo nell'organismo, subito dopo l'infarto, rende ancora più efficace la terapia, riducendo di circa il 70% la possibilità di un secondo infarto, ictus e morte. Sono i risultati preliminari di uno studio in corso di pubblicazione, AT-TARGET-IT, coordinato dal gruppo di ricerca guidato da Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Università Federico II di Napoli, presentati in occasione dell'84° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), a Roma fino al 17 dicembre. Dati alla mano, ogni anno, in Italia sono ben 50mila, i pazienti ricoverati per un secondo infarto e sono proprio loro a rischiare di più, perché 1 su 5 muore entro un anno.
"I pazienti arruolati, al momento della prima prescrizione di anti-PCSK9, avevano valori di colesterolo LDL in media di 137 mg/dl, raggiungendo dopo poco più di un mese 45 mg/dl, valore che si conservava stabile fino all'ultimo controllo. Nei pazienti che assumevano pcsk9i secondo questa modalità fast track si evidenziava una sostanziale riduzione ad un anno dei maggiori eventi cardiovascolari proporzionale al grado di abbassamento del colesterolo LDL", commenta Perrone Filardi. "I due terzi dei pazienti, - continua Gianfranco Sinagra, direttore del dipartimento cardiotoracovascolare Asugi e Università di Trieste - hanno presentato una riduzione media del livello del colesterolo del 69% dopo appena 37 giorni dall'inizio della terapia. Valore che si è mantenuto costante per tutti gli 11 mesi del follow-up, con una aderenza record superiore al 90%, spiegabile con la scarsa quantità di effetti collaterali rispetto alle statine e una modalità di somministrazione di una iniezione sottocutanea ogni due settimane anziché una pillola al giorno". L'importanza dell'uso precoce di questi farmaci ha riguardato soprattutto la sostanziale riduzione di successivi eventi cardiovascolari. "Necessario intervenire sin da subito, superando il concetto di terapia a gradini che rallenta e pregiudica il raggiungimento dei target terapeutici", conclude Perrone Filardi.