Il 2024 è stato un anno da record per i trapianti. Nel nostro Paese, secondo i dati del Centro nazionale trapianti, sono stati effettuati 4.692 trapianti, con un incremento del 5,1% rispetto all’anno precedente. Ma la principale causa di insuccesso di trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore compatibile è rappresentata dalla malattia cronica contro l'ospite cGVHD (chronic Graft versus Host Disease, GvHD). La GVHD si verifica quando il sistema immunitario del donatore (innesto - graft) percepisce gli organi e i tessuti del paziente (ospite - host) come cellule sconosciute e quindi da distruggere. Circa il 50% dei pazienti sottoposti a trapianto allogenico sviluppa la GVHD.
La frequenza e la gravità della malattia aumentano in base al grado di diversità genetica tra donatore e ricevente in base all’estensione degli organi coinvolti e alla disfunzione d’organo. Per questo la gestione della malattia richiede una visione e un coordinamento multidisciplinare, che integri il trattamento farmacologico, il monitoraggio attento degli organi colpiti e un supporto globale che metta al centro le necessità del paziente sia in termini di patologia che della sua percezione. Questa malattia rappresenta una sfida clinica complessa, non solo per la variabilità dei sintomi e delle manifestazioni cliniche, ma anche per l'impatto che ha sulla qualità della vita dei pazienti. Una gestione della cGVHD che metta il paziente al centro non solo mira a controllare i sintomi e a migliorare l'efficacia delle terapie, ma anche a preservare e potenziare la qualità della vita. Questo modello, fondato sulla personalizzazione delle cure, sulla condivisione decisionale e sul supporto multidimensionale, rappresenta una strategia fondamentale per affrontare questa complessa patologia. Adottare un metodo di cura che tenga conto delle molteplici necessità del paziente significa individuare le esigenze, le esperienze e le preferenze individuali con molteplici benefici per il trattamento della malattia. Ogni paziente, infatti, può manifestare la cGVHD in modo diverso, con sintomatologia variabile e diverse reazioni al trattamento. Per questo una presa in carico del malato mirata e personalizzata permette di adattare le terapie in base alle specificità cliniche e al profilo di ogni individuo, ottimizzando l’efficacia terapeutica e minimizzando gli effetti collaterali. Fondamentale nel processo decisionale è il coinvolgimento attivo del paziente, per aumentare la comprensione della malattia e delle opzioni terapeutiche disponibili. Questo favorisce l’aderenza al trattamento, in quanto il paziente si sente parte integrante di un percorso e non un semplice destinatario di decisioni medico-sanitarie.
La cGVHD, infatti, non riguarda solo gli aspetti fisici, ma anche quelli psicologici e sociali e bisogna tener conto di tutte queste dimensioni, integrando supporto psicologico, riabilitazione e gestione dei sintomi cronici. Ciò contribuisce a ridurre l’ansia, la depressione e l’isolamento sociale, elementi spesso associati a questa condizione. La gestione della cGVHD beneficia quindi dell’intervento di un team medico multidisciplinare in grado anche di promuove una comunicazione efficace tra i vari operatori sanitari con una visione olistica del caso e una gestione integrata e coordinata della malattia per migliorarne fortemente la gestione. Una delle sfide più rilevanti nella gestione della cGVHD riguarda proprio la discrepanza tra la percezione dei pazienti e quella dei medici sulla gravità della malattia e sul suo impatto sulla qualità della vita. I pazienti spesso riferiscono sintomi debilitanti che influenzano non solo la loro condizione fisica, ma anche il benessere emotivo e psicologico. D’altra parte, i medici tendono a valutare la gravità della cGVHD principalmente attraverso parametri clinici e dati obiettivi, che non sempre possono riflettere appieno l’esperienza soggettiva del paziente. Questa discrepanza può portare a una sottovalutazione dell’impatto della malattia sulla vita quotidiana del paziente e, di conseguenza, a un trattamento che potrebbe non risultare adeguato. L’ascolto attivo del paziente è quindi un elemento imprescindibile nella gestione della cGVHD: un dialogo aperto e continuo tra pazienti e team medico aiuta a comprendere meglio i bisogni individuali, le difficoltà quotidiane e le aspettative terapeutiche. Un approccio integrato che includa anche supporto psicologico, riabilitazione fisica e strategie per la gestione del dolore, può fare la differenza nel percorso di cura. Inoltre, l’educazione del paziente e dei caregiver sulla natura della cGVHD e sulle opzioni terapeutiche disponibili può aumentare la consapevolezza e favorire una maggiore aderenza alle cure. Una gestione efficace richiede pertanto un equilibrio tra l’evidenza clinica e l’esperienza soggettiva del paziente per garantire una cura ottimale, che migliori non solo la sopravvivenza, ma anche la qualità della vita dei malati.