L’aggiornamento finale dello studio europeo randomizzato sullo screening per il carcinoma prostatico (ERSPC) conferma, dopo un follow-up mediano di 23 anni, una riduzione del 13% della mortalità per tumore della prostata
Pubblicato sul “New England Journal of Medicine”, nel gruppo sottoposto a test ripetuti dell’antigene prostatico specifico (PSA), con un miglioramento del rapporto rischio/beneficio rispetto alle analisi precedenti.
Lo studio ERSPC, avviato nel 1993, è stato concepito per valutare l’impatto dello screening con PSA sulla mortalità per carcinoma prostatico. La crescente incidenza globale di questa neoplasia, dovuta all’aumento dell’aspettativa di vita e alla crescita demografica, ha reso necessaria un’analisi definitiva degli esiti a lungo termine, al fine di chiarire l’effettivo bilancio tra benefici e rischi associati alla diagnosi precoce.
La ricerca ha coinvolto 162.236 uomini di età compresa tra 55 e 69 anni al momento della randomizzazione, reclutati in otto Paesi europei. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi: uno sottoposto a screening con test ripetuti del PSA e uno di controllo, non invitato allo screening. L’endpoint primario era rappresentato dalla mortalità per carcinoma prostatico.
Dopo un periodo mediano di osservazione di 23 anni, l’analisi ha evidenziato una riduzione del 13% della mortalità per tumore prostatico nel gruppo sottoposto a screening rispetto al gruppo di controllo, con un rapporto di incidenza pari a 0,87 (intervallo di confidenza al 95%: 0,80–0,95). La riduzione assoluta del rischio è risultata pari allo 0,22% (IC 95%: 0,10–0,34). Tuttavia, l’incidenza cumulativa del carcinoma prostatico è risultata più elevata nel gruppo sottoposto a screening, con un rapporto di incidenza di 1,30 (IC 95%: 1,26–1,33), a conferma del fenomeno della sovradiagnosi.
A una mediana di 23 anni di follow-up, è stato prevenuto un decesso per cancro alla prostata ogni 456 uomini (IC 95%, da 306 a 943) che sono stati invitati per lo screening, e un decesso per cancro alla prostata è stato evitato per ogni 12 uomini (IC 95%, da 8 a 26) in cui è stato diagnosticato il cancro alla prostata, rispetto a un decesso per cancro alla prostata prevenuto ogni 628 uomini (IC 95%, da 419 a 1.481) e un decesso evitato ogni 18 uomini (IC 95%, da 12 a 45) a 16 anni di follow-up.
Questi dati confermano che lo screening con PSA è associato a una riduzione prolungata della mortalità per carcinoma prostatico, con un miglioramento progressivo del rapporto rischio/beneficio nel tempo. Tuttavia, l’aumento dell’incidenza cumulativa nel gruppo sottoposto a screening evidenzia il rischio persistente di sovradiagnosi, con potenziali implicazioni cliniche e psicologiche per i pazienti.
Alla luce di questi risultati, gli autori dello studio sottolineano la necessità di strategie di screening basate sul rischio individuale, che consentano di ottimizzare i benefici clinici riducendo al minimo i danni associati alla diagnosi eccessiva.
N Engl J Med. 2025 Oct 30;393(17):1669-1680. doi: 10.1056/NEJMoa2503223.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/41160819/