“Nella Terra dei Fuochi si continua a morire di cancro. Le persone si ammalano e spesso troppo tardi. Prevenzione e screening oncologici sono strumenti fondamentali per contrastare questa emergenza sanitaria”. Con queste parole il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha aperto i lavori del vertice tenutosi in Prefettura a Caserta sull’attuazione del decreto-legge: “Terra dei Fuochi”, approvato lo scorso luglio.
Al tavolo, presieduto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, con la partecipazione della viceministra dell’Ambiente Vannia Gava, è stato tracciato un primo bilancio delle attività. In poco più di un mese, le forze dell’ordine hanno effettuato oltre 6.000 controlli su veicoli, elevato sanzioni per un totale di 1,78 milioni di euro, eseguito 155 sequestri, 148 denunce e 9 arresti.
Sul fronte ambientale, sono stati stanziati 60 milioni di euro per le bonifiche e 10 milioni per la riqualificazione delle aree più degradate. Avviato anche un sistema di videosorveglianza con droni dotati di intelligenza artificiale, per il monitoraggio in tempo reale delle aree a rischio.
Ma i nodi critici restano. Per fare il punto, Doctor33 ha intervistato l’oncologo Antonio Giordano, direttore della Sbarro Health Research Organization, da anni in prima linea nella ricerca sul nesso tra inquinamento ambientale e incidenza oncologica.
“La cosiddetta “verità scientifica” sulla Terra dei Fuochi – afferma Giordano – è emersa solo dopo anni di negazionismo politico e istituzionale. E resta ancora incompleta. Servono dati epidemiologici sistematici, continuamente aggiornati, integrati con informazioni ambientali, cliniche e socioeconomiche. È urgente creare una rete di monitoraggio stabile, capace di correlare l’incidenza di tumori, malattie cronico-degenerative e patologie pediatriche con i livelli di contaminazione ambientale e l’esposizione individuale”.
Un ruolo chiave, secondo Giordano, lo giocano i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta:
“Sono le vere sentinelle epidemiologiche del territorio. Possono intercettare segnali atipici, picchi statistici, micro-cluster di malattie. Se messi in rete con i centri specialistici e le agenzie ambientali, possono costituire la spina dorsale di un sistema di sorveglianza dinamico, fondato sul paradigma One Health, che integra salute umana, animale e ambientale”.
Tuttavia, avverte, la prevenzione da sola non basta:
“Gli screening oncologici sono fondamentali, ma insufficienti se non inseriti in una strategia multilivello che preveda: bonifiche ambientali rapide e verificabili, programmi di sorveglianza sanitaria mirati sui gruppi a rischio, sostegno clinico e psicologico alle famiglie, educazione e comunicazione trasparente alla cittadinanza”.
Anche la prossimità territoriale è decisiva:
“I medici di famiglia e i pediatri, grazie al contatto quotidiano con le comunità, possono promuovere screening, migliorare l’adesione ai programmi e monitorare le fasce più vulnerabili, come bambini e anziani. Possono diventare veri nodi di connessione tra istituzioni, scuole, specialisti e famiglie. E in un’ottica One Health, la rete deve includere anche veterinari e biologi ambientali, per individuare tempestivamente contaminazioni della catena alimentare e rischi comuni tra uomo e ambiente”.
Infine, Giordano lancia un appello al mondo istituzionale e scientifico:
“È necessario un cambio di passo nella governance. Serve una cabina di regia partecipativa, trasparente, multidisciplinare e intersettoriale. Con il coinvolgimento di epidemiologi, oncologi, giuristi, economisti, biologi ambientali, veterinari e sociologi. I cittadini non devono essere semplici destinatari di informazioni, ma co-protagonisti attraverso tavoli di consultazione e accesso pubblico ai dati ambientali e sanitari”.
La conclusione è chiara:
“Solo una rete trasparente, capillare e multidisciplinare, che metta insieme istituzioni, comunità scientifica, medicina territoriale e cittadinanza attiva, potrà offrire risposte tempestive e costruire strategie davvero sostenibili per il futuro della Terra dei Fuochi”.