Un nuovo studio pubblicato sul BMJ evidenzia che, nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica (PCI), il proseguimento della terapia con un inibitore P2Y12 può ridurre in modo significativo il rischio di eventi cardiovascolari maggiori rispetto alla monoterapia con aspirina.
Attualmente, dopo una PCI, il trattamento standard prevede una doppia terapia antiaggregante (DAPT) a base di aspirina e un inibitore P2Y12, come clopidogrel o ticagrelor, per un periodo iniziale di alcune settimane o mesi. In seguito, l’inibitore viene in genere sospeso, proseguendo solo con aspirina a lungo termine.
I ricercatori hanno analizzato i dati combinati di cinque studi clinici randomizzati, per un totale di 16.117 pazienti, confrontando due strategie nella fase successiva alla DAPT: monoterapia con aspirina oppure prosecuzione con un inibitore P2Y12.
L’analisi ha mostrato una riduzione del 23% del rischio combinato di morte cardiovascolare, infarto del miocardio o ictus nei pazienti trattati con P2Y12 rispetto a quelli trattati con sola aspirina. Secondo i calcoli degli autori, si verifica un evento cardiovascolare maggiore evitato ogni 46 pazienti trattati con P2Y12.
Importante anche il dato sulla sicurezza: non sono state riscontrate differenze significative nell’incidenza di sanguinamenti maggiori tra i due gruppi di trattamento.
In un editoriale pubblicato in parallelo, gli autori propongono di rivedere l’attuale sequenza terapeutica post-PCI, suggerendo di estendere l’uso degli inibitori P2Y12 oltre il periodo standard di doppia terapia, almeno nei pazienti selezionati a più alto rischio cardiovascolare.
Tuttavia, viene sottolineata la necessità di ulteriori studi, con popolazioni più ampie e follow-up estesi, per confermare questi risultati e per definire con maggiore precisione durata, benefici e sicurezza della monoterapia prolungata con P2Y12.
Fonte:
BMJ 2025; 389 doi: https://doi.org/10.1136/bmj-2024-082561