Farmaci
Anticorpi monoclonali
25/03/2025

Dosaggio dell'IGF-1 e variabilità biologica nell'acromegalia: sfide e soluzioni

Il fattore di crescita insulino-simile o somatomedina C è l’ormone peptidico di origine soprattutto epatica tramite il quale si esegue il monitoraggio dell’attività di malattia nei pazienti affetti da acromegalia

Img fegato - NL Edra

Il fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) o somatomedina C è l’ormone peptidico di origine soprattutto epatica tramite il quale si esegue il monitoraggio dell’attività di malattia nei pazienti affetti da acromegalia. «Nell’interpretazione dei risultati, è necessario tenere in considerazione alcune variabili biologiche che possono cambiarne il dosaggio sierico, come età e sesso», affermano Luigi Demarchis e Sabrina Chiloiro, Dipartimento di Endocrinologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma. «Un recente lavoro di Clemmons et al. (Eur J Endocrinol 2024) prende in esame alcune variabili correlate a dosaggio e interpretazione dei valori» segnalano.

«Le due metodiche utilizzate per la misurazione dei livelli sierici di IGF-1 sono i dosaggi immunometrici e la spettrometria di massa», proseguono gli esperti. «Il principale problema del dosaggio tramite saggi immunologici è dovuto alle proteine leganti l’IGF-1, che interferiscono con gli anticorpi utilizzati per il dosaggio e “occultano” l’epitopo di IGF-1. Questo problema è stato parzialmente superato utilizzando saggi con IGF-2, in modo tale da spostare le proteine leganti dall’IGF-1 prima di aggiungere gli anticorpi», osservano Demarchis e Chiloiro. «Anche l’utilizzo di saggi a sandwich con due siti che utilizzano differenti anticorpi monoclonali per diversi epitopi di IGF-1 si è rivelata una metodica migliore» (Blum WF, et al. Growth Regul 1994; Crosby SR, et al. J Endocrinol 1993). «Nonostante questi miglioramenti, l’interferenza con le proteine leganti rimane un problema attuale», riferiscono gli specialisti.

«Ad oggi, inoltre, permangono forti differenze di prestazione fra i diversi saggi disponibili in commercio e sono stati osservati anche bias di dosaggio inerenti allo stesso saggio utilizzato in due laboratori differenti», commentano gli esperti. «Questa dinamica è da attribuire a diversi fattori, fra cui l’utilizzo di diversi calibratori e matrici, sensibilità e specificità degli anticorpi, preparazione e trattamento del campione. La spettrometria di massa supera alcune criticità del dosaggio, come le proteine leganti, ma è soggetta ad altre variabili, fra cui la necessità di una fase di concentrazione o di digestione proteolitica per ottenere frammenti di IGF-1 adatti all’analisi tramite spettrometro di massa (Bystrom CE, et al. Anal Chem 2011)», continuano gli specialisti. «Si è comunque osservato che la variabilità dei risultati è stata ridotta significativamente con l’utilizzo di un calibratore centrale da parte di diversi laboratori (al posto di uno “locale” per ogni singolo laboratorio). Ad oggi nella pratica clinica non è stata dimostrata la superiorità della spettrometria di massa rispetto ai saggi immunologici», osservano gli esperti.

Le linee guida del 2014 dell’Endocrine Society raccomandano, nell’interpretazione dei risultati, di utilizzare valori di IGF-1 aggiustati per età sia per la diagnosi di acromegalia che come obiettivo di trattamento (Katznelson L, et al. J Clin Endocrinol Metab 2014). «Al fine di ottimizzare la terapia, la sfida più complessa rimane quindi la definizione per ogni intervallo di età del limite superiore della norma (upper limit of normal range, ULN)», affermano Demarchis e Chiloiro. «Un’ulteriore variabile nell’interpretazione dei risultati individuali di IGF-1, oltre a età e sesso, sembrerebbe la provenienza. Uno studio recente ha mostrato un ULN maggiore del 15-20% nei residenti negli Stati Uniti», riportano gli specialisti. «Questo dato potrebbe essere determinato da differenze genetiche, etniche o di stile di vita. Nonostante rimanga un dato da approfondire, si pone la questione se sia necessario introdurre anche questa variabile», commentano gli esperti.

«In un soggetto sano i valori di IGF-1 circolante possono variare notevolmente anche a distanza di poco tempo, in relazione a pubertà, gravidanza, patologie intercorrenti, esercizio fisico, dieta e stress», aggiungono Demarchis e Chiloiro. «Inoltre, questa fluttuazione può verificarsi anche dopo l’intervento neurochirurgico e richiede fino a 12 settimane per la stabilizzazione. La variazione biologica si verifica anche durante il trattamento con analoghi della somatostatina a somministrazione mensile, con valori più alti nel periodo antecedente la successiva somministrazione (Maione L, et al. J Clin Endocrinol Metab 2022)», proseguono gli specialisti. «Nella valutazione della terapia nella pratica clinica quotidiana è quindi necessario tenere in considerazione anche questi fattori».

«Nell’ottica di impostare e ottimizzare la miglior terapia per ogni singolo paziente, l’interpretazione dei valori di IGF-1 da parte del clinico rimane ancora una pratica complessa», commentano Demarchis e Chiloiro. «È necessario continuare a sviluppare e migliorare le metodiche di dosaggio, per raggiungere un’ulteriore standardizzazione e determinare intervalli di riferimento più solidi. Certamente possono condurre verso un iter terapeutico migliore buone norme di pratica clinica, come l’utilizzo del laboratorio di una struttura centralizzata o la ripetizione del dosaggio di IGF-1 in caso di discordanza con il quadro clinico (Giustina A, et al. Pituitary 2024)», riferiscono gli esperti. «È evidente quindi che, prima di attuare cambiamenti terapeutici nel caso di valori di IGF-1 moderatamente elevati, bisogna tenere in considerazione parametri clinici e qualità di vita di ogni singolo paziente», concludono Demarchis e Chiloiro.

Eur J Endocrinol 2024, 191: R1-8. doi: 10.1093/ejendo/lvae065.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38916798/

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