L’obesità è una patologia largamente diffusa, che determina una moltitudine di complicanze metaboliche e non, come diabete mellito tipo 2 (DM2), dislipidemia, ipertensione arteriosa e aumentata incidenza di neoplasie. «Il principale trattamento per migliorare la gestione delle complicanze è il calo ponderale: più si perde peso, più si ottengono benefici (ad esempio, una riduzione del peso corporeo > 15-20% può indurre la remissione del DM2)», afferma Luisa Lener con i componenti della Commissione Obesità AME (Associazione Medici Endocrinologi), coordinata da Marco Chianelli. «Lo sviluppo di molecole della classe del GLP-1 RA (Glucagon-like peptide 1 receptor agonists), come semaglutide, o degli agonisti misti GLP-1/GIP-RA (Glucose-dependent insulinotropic polypeptide receptor agonists), come tirzepatide, ha reso raggiungibile tale obiettivo, determinando un impiego sempre maggiore di questi farmaci». Tuttavia, proseguono gli esperti, una perdita di peso così significativa, spesso > 20% del peso corporeo (Rubino D, et al. JAMA 2021; Jastreboff AM, et al. N Engl J Med 2022) ha fatto sorgere numerosi dubbi circa il rischio di sarcopenia legato all’utilizzo di questi farmaci. «È infatti noto che la perdita di peso determina una riduzione non solo della massa grassa (Fat Mass - FM), ma anche di quella magra (Fat Free Mass – FFM), composta per circa il 50% da muscolo scheletrico (skeletal muscle – SM) e per la restante parte da fluidi e altri tessuti» osservano Lener e colleghi.
«La perdita di FFM indotta dal calo ponderale nei soggetti con obesità si attesta attorno al 25% del peso perso (Hall KD, et al. Br J Nutr 2007; Conte C, et al. JAMA 2024), con variazioni dipendenti da due variabili: 1) composizione corporea: c’è una relazione inversa tra FM iniziale e perdita di FFM (minore è la FM al basale, più il calo ponderale determina perdita di FFM); questo dato giustifica il riscontro della maggiore perdita di FFM negli uomini, che hanno costituzionalmente meno FM delle donne; 2) perdita di peso: c’è una relazione diretta tra entità della perdita di peso e riduzione della FFM. Ciononostante, nei soggetti con obesità la perdita di FFM è pressoché invariata in termini percentuali in caso di calo ponderale compreso tra il 5 e il 35% del peso corporeo basale» osservano gli specialisti.
«La perdita di SM contribuisce alla riduzione del metabolismo basale (adattamento metabolico), che, assieme alle modifiche ormonali (adattamento ormonale), favorisce il recupero ponderale. La cessazione della terapia farmacologica, che avviene entro un anno dall’inizio del trattamento in circa 2/3 dei pazienti, determina il recupero del 50-66% del peso perso» proseguono Lener e colleghi.
«Come già commentato precedentemente (AME News 22/2024), il cosiddetto fenomeno dello yo-yo di peso sembra peggiorativo rispetto alla sola obesità non trattata, in quanto porta a riduzione del rapporto FFM/FM, aumento dello stato infiammatorio e del rischio cardio-vascolare» continuano gli esperti. «Tuttavia, nell’articolo di Conte C, et al. (JAMA 2024), gli autori riportano che nei pazienti con obesità la composizione del peso recuperato è quasi identica alla composizione del peso perso. Il meccanismo implicato nella perdita di SM è principalmente l’aumentato catabolismo proteico dovuto al ridotto introito calorico», proseguono Lener e colleghi. «Per questo, diete ricche di proteine o la pratica regolare di attività fisica possono in parte contrastare questo fenomeno, stimolando l’aumento della sintesi proteica. «È stato dimostrato (Smith GI, et al. Cell Rep 2016) che una dieta ipocalorica con aumentato apporto proteico (1.2 g/kg/die) può indurre un risparmio di circa il 45% della FFM rispetto ai controlli, a fronte di una perdita di peso totale del 10%», riportano Lener e colleghi. «Un altro studio (Sardeli AV, et al. Nutrients 2018) ha verificato che l’esercizio fisico anaerobico (di resistenza) può attenuare la perdita di FFM, riducendola del 50-95%».
«Vi sono dati contrari all'ipotesi che la perdita di muscolatura dovuta al calo ponderale possa alterare le performance motorie», osservano gli esperti. «I soggetti con obesità hanno non solo più FM, ma anche più FFM (Janssen I, et al. J Appl Physiol 2000) e, infatti, una persona che aumenta di peso, acquista sia FM che FFM, determinando un aumento assoluto della FFM, anche se questo corrisponde a una riduzione di FFM in termini percentuali; la perdita di peso porta, anche se in misura variabile, all’aumento del rapporto FFM/FM, perché si perde più FM che FFM; il calo ponderale migliora la funzionalità del muscolo residuo, diminuendo il contenuto tissutale di lipidi e aumentando la sensibilità insulinica».
«In conclusione, nei soggetti con obesità la perdita di peso è il principale trattamento per migliorare la gestione delle complicanze legate a tale patologia», commentano Lener e colleghi. «La perdita di FM si accompagna sempre, ma in misura variabile, a una perdita di massa muscolare. Diete iperproteiche ed esercizio fisico anaerobico possono contrastare questo fenomeno. Risulta quindi indispensabile informare i pazienti della necessità di associare la terapia farmacologica a una modifica dello stile di vita». Inoltre, aggiungono gli esperti, «nessuno degli studi che ha sollevato il problema della perdita di FFM dopo l'utilizzo di GLP-1 RA ha valutato l’impatto concreto di questo fenomeno, ad esempio attraverso prove di forza. Saranno necessari ulteriori studi mirati, possibilmente che integrino parametri oggettivi di valutazione delle performance motorie, per valutare il reale impatto di perdite di peso importanti sullo sviluppo di sarcopenia», concludono Lener e colleghi.
JAMA 2024, 332:9-10. doi: 10.1001/jama.2024.6586.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38829659/