L’iperplasia surrenalica congenita (CAH) comprende una serie di patologie autosomiche recessive, con alterazione della steroidogenesi surrenalica, in circa il 95% dei casi determinata da deficit della 21-idrossilasi. «Nella sua forma classica, si caratterizza per la ridotta produzione fin dalla nascita di cortisolo e, nella forma con perdita di sali, anche di aldosterone,» riporta Mattia Barbot, Dipartimento di Medicina-DIMED, UOC Endocrinologia, Azienda Ospedale Università di Padova. «L’assenza di cortisolo determina aumento della secrezione di CRH e ACTH, per la riduzione del feed-back negativo a livello ipotalamo-ipofisi-surrene, con conseguente ulteriore stimolo alla produzione di androgeni, già elevata per presenza del blocco enzimatico,» continua Barbot. «Fin dagli anni ’50 nel trattamento della CAH sono stati utilizzati i glucocorticoidi, con il duplice obiettivo di supplire la carenza ormonale e ridurre l’eccessiva secrezione androgenica» prosegue l'endocrinologo. «Per ottenere quest’ultimo effetto è tuttavia spesso necessario impiegare dosi di glucocorticoidi superiori rispetto a quelle normalmente utilizzate nei pazienti con insufficienza surrenalica primaria, con conseguente elevato rischio di sviluppare ipertensione, sindrome metabolica e riduzione della massa ossea» (Speiser PW, et al. J Clin Endocrinol Metab 2018).
«Recentemente» riferisce lo specialista «una nuova formulazione di idrocortisone a rilascio modificato ha mostrato buoni risultati nel controllo del picco mattutino di secrezione di ACTH e androgeni ed è attualmente in commercio con l’indicazione in scheda tecnica al trattamento della CAH» (Merke DP, et al. J Clin Endocrinol Metab 2021).
«Crinecerfont è invece un antagonista selettivo del recettore di tipo 1 del CRH» continua l'esperto. «Tale antagonismo determina riduzione di ACTH che può diminuire la produzione di androgeni surrenalici, consentendo anche la riduzione della dose di terapia glucocorticoide» commenta l’endocrinologo. «Lo studio di fase 2 in 14 adulti con CAH aveva dimostrato l’efficacia di crinecerfont nel ridurre i livelli di ACTH, 17OH-progesterone (17OHP) e androstenedione dopo 14 giorni» (Auchus RJ, et al. J Clin Endocrinol Metab 2022).
Di recente è stato pubblicato uno studio di fase 3, con l’obiettivo di «valutare l'efficacia di crinecerfont nel controllare la secrezione androgenica surrenalica (androstenedione e 17OHP) e nel ridurre la dose di glucocorticoidi in linea con un dosaggio di tipo sostitutivo» segnala Barbot. Era uno «studio prospettico controllato randomizzato in doppio cieco a crinecerfont vs placebo, stratificato secondo sesso, tipo e dose di glucocorticoidi (< 20 o ≥ 20 mg/m2/die di idrocortisone o equivalenti)» specifica Barbot. Questi i criteri di inclusione: «pazienti affetti da deficit di 21-idrossilasi, età > 18 anni, dose > 13 mg/m2 in equivalenti di idrocortisone, costante da almeno un mese» e quelli «di esclusione: altre patologie diverse dalla CAH che prevedessero l’uso di glucocorticoidi, segni di overtreatment sulla base della presenza di valori soppressi di 17OHP o androstenedione».
Protocollo: «al giorno 1, i pazienti venivano randomizzati a crinecerfont 100 mg o placebo (in rapporto 2:1) in due somministrazioni quotidiane» riferisce Barbot. «La dose di idrocortisone (o equivalente) veniva mantenuta stabile fino alla settimana (S) 4, mentre veniva gradualmente ridotta tra S4 e S12, da una media di partenza di 32.3 ± 9.3 mg/die fino a una dose target compresa tra 8 e 10 mg/m2/die» riferisce l'endocrinologo. «Dalla S12 alla S24 la dose di glucocorticoide è stata ottimizzata, con l’obiettivo di raggiungere la dose più bassa possibile che permettesse di mantenere controllato il valore di androstenedione (corrispondente a un valore 120% del livello di base o al limite superiore di norma.
End-point primario: «variazione percentuale alla S24 rispetto al basale della dose giornaliera di glucocorticoide in presenza di valori di androstenedione controllati» riporta Barbot. «End-point secondari: variazione alla S4 rispetto al basale nei valori sierici di androstenedione; percentuale di pazienti che raggiungevano alla S24 una dose di terapia glucocorticoide di 11 mg/m2/die (pari al 95° percentile della produzione di cortisolo nei soggetti sani); variazione dell’HOMA-index alla S24 rispetto al basale (nei pazienti non in trattamento insulinico); variazione del peso corporeo alla S24 rispetto al basale».
Pazienti arruolati: «182, con il 95% che ha completato lo studio (117/122 nel braccio crinecerfont e 57/60 nel braccio placebo)» riferisce l'esperto.
Questi i risultati. 1) Efficacia nel gruppo di intervento vs il gruppo di controllo. «Durante le prime 4 S di trattamento con dose stabile di glucocorticoidi, si è osservata una significativa riduzione dei livelli di androstenedione [-299 ng/dL (-10.4 nmol/L) vs +45.5 ng/dL (1.6 nmol/L)] con effetto simile sui livelli di 17OHP» riporta Barbot. «Per quanto riguarda l’end-point primario, si è notata una riduzione della dose glucocorticoide alla S24, con mantenimento del controllo dell’androstenedione significativamente superiore (variazione rispetto al basale di −27.3% vs −10.3%, p < 0.001, equivalenti a −4.8 mg/m2/die per crinecerfont e −2.1 mg/m2/die per placebo)» osserva lo specialista. «Inoltre, alla S24 era maggiore la percentuale di pazienti che avevano avuto una riduzione della dose di glucocorticoidi nel range target tra 8 e 10 mg/m2/die pur mantenendo il controllo dei livelli di androstenedione (63% vs 18%; p < 0.001),» riporta l'endocrinologo. «Nello specifico, la dose media di glucocorticoidi alla S24 era 10.7 mg/m2/die nel gruppo crinecerfont vs 13.7 mg/m2/die nel braccio placebo. Alla S24, dopo la riduzione e successiva ottimizzazione della dose di glucocorticoidi con l’obiettivo della dose target, i livelli di androstenedione sono rimasti mediamente inferiori rispetto al basale nel gruppo in crinecerfont [−33.0 ng/dL (−1.1 nmol/L)], mentre sono aumentati rispetto al basale nel gruppo in placebo [388 ng/dL (13.5 nmol/L)]» continua lo specialista. «Complessivamente, il controllo dei livelli di androstenedione alla S24 è stato raggiunto in 88/118 pazienti (75%) nel gruppo in crinecerfont e in 30/57 pazienti (53%) nel gruppo placebo» osserva Barbot. 2) Profilo di sicurezza. «Non vi sono state significative differenze per quanto riguarda HOMA index e peso corporeo» riporta l'endocrinologo. «Gli eventi avversi sono stati più comuni nel braccio crinecerfont, ma in entrambi i gruppi gli eventi sono stati in gran parte di intensità lieve o moderata e a risoluzione spontanea» prosegue l'esperto. «Tra i principali sono stati segnalati astenia, cefalea e infezioni respiratorie superiori» osserva lo specialista. «Solo 4 pazienti nel gruppo crinecerfont hanno interrotto lo studio per eventi avversi, uno dei quali durante le 24 settimane di trattamento con crinecerfont» continua Barbot. «Quattro pazienti in trattamento con crinecerfont hanno presentato un evento avverso grave, ritenuto dal clinico sperimentatore come non verosimilmente legato al farmaco, e in nessuno di questi casi l’evento ha portato all’interruzione dello studio» osserva l'endocrinologo. «Non vi sono state differenze nell’incidenza di crisi surrenaliche tra i due gruppi di trattamento (2% in entrambi), né nell’incidenza di eventi che hanno richiesto l’utilizzo di dosi stress di glucocorticoidi. Infine, non vi sono stati decessi nel corso dello studio».
Questi i limiti dello studio, secondo Barbot. «1) Studio riservato a pazienti in trattamento con dosi sovra-fisiologiche di glucocorticoidi. 2) Breve durata per poter osservare variazioni cliniche degli end-point legati all’eccesso di glucocorticoidi. 3) Il focus sulla riduzione della dose di glucocorticoidi potrebbe aver limitato la valutazione degli effetti sulla secrezione androgenica. 4) Risultati non generalizzabili alle diverse popolazioni, per marcata prevalenza di pazienti caucasici».
«In conclusione» commenta l’endocrinologo «questo studio dimostra che crinecerfont è un farmaco molto promettente con un ottimo profilo di tollerabilità e sicurezza, che rispetto al placebo ha consentito negli adulti con CAH una riduzione sostanziale e clinicamente significativa della dose di glucocorticoidi con contemporanea riduzione della secrezione di androgeni surrenalici. Si è dimostrato efficace nel ridurre significativamente i livelli di androstenedione e 17 OHP già dopo le prime 4 settimane di trattamento in cui non veniva modificata la dose di glucocorticoide, confermando i risultati dello studio di fase II. Il risultato più significativo è stato la riduzione della dose di glucocorticoide con il contemporaneo mantenimento del controllo degli androgeni surrenalici nel 63% dei casi. Nonostante la riduzione della dose di glucocorticoidi, non si sono evidenziati significativi miglioramenti sul versante metabolico, probabilmente per la breve durata dello studio. Sarà interessante in futuro valutare il reale potenziale del farmaco sulla secrezione androgenica, anche in associazione ad altre terapia attualmente in commercio come l’idrocortisone a rilascio modificato» conclude Barbot.
N Engl J Med 2024, 391:504-14. doi: 10.1056/NEJMoa2404656.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38828955/