Sono 180 le strutture sul territorio nazionale che si occupano di disturbi della nutrizione (Dna): 132 centri di cura e 48 associazioni, "censite" per la prima volta dall’Istituto superiore di sanità.
I dati sono stati presentati al convegno "La mappatura territoriale dei centri dedicati ai disturbi della nutrizione e dell'alimentazione: le associazioni e i servizi di cura" tenutosi all'Istituto, organizzato dal Centro nazionale dipendenze e doping (Cndd) che ha realizzato il lavoro con il supporto del ministero della Salute-Ccm.
Nonostante i numeri con più di tre milioni e mezzo di persone che convivono con un disturbo della nutrizione e dell'alimentazione (DSA), “i centri sono pochi e mal distribuiti” commenta una nota della Società Italiana di Psicopatologia dell'Alimentazione (SIPA), sezione speciale della Società Italiana di Psichiatria (Sip), che sarà a congresso a Udine il 17 e il 18 ottobre.
“In questo congresso verranno discusse tutte le forme di intervento, in gran parte di tipo psicoterapico e psicoeducativo, ma anche di tipo farmacologico – riferisce Matteo Balestrieri, presidente del congresso SIPA, co-presidente della Società Italiana di Neuro Psico Farmacologia oltre che professore di Psichiatria all’Università di Udine –. Inoltre, verranno esposti tutti gli approfondimenti e le conoscenze che abbiamo sulle caratteristiche di chi soffre di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. Sono dunque previsti focus sulla bulimia, sull’anoressia, ma anche sui disturbi di alimentazione incontrollata e in senso lato dell’obesità, che ha anche una componente di tipo psicologico, legata all'iperalimentazione psichica”.
Gli esperti che prenderanno parte al congresso SIPA testimonieranno l’importanza di un approccio multidisciplinare. “Sono diversi i contributi necessari per intervenire in modo efficace sui disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, che coinvolgono diverse professionalità: psichiatri, psicologi, educatori professionali, internisti, nutrizionisti e dietisti – spiega Balestrieri –. I DNA sono disturbi che presentano caratteristiche legate certamente alla sfera psicologica-psichiatrica, ma hanno anche un’importante componente fisica e nutrizionale che deve esser monitorata. I livelli di intervento sono quindi diversi: si va da quello ambulatoriale a semiresidenziale e diurno, con la possibilità brevi soggiorni in day hospital per il monitoraggio dello stato fisico e fino anche ai ricoveri. Va ricordato anche il ruolo delle strutture residenziali che permettono un accoglimento più lungo e che sono distribuiti in maniera molto disomogenea sul territorio nazionale”.
Inoltre, durante il congresso SIPA verrà dedicata particolare attenzione alla prevenzione, alla diagnosi precoce e all’importanza di intervenire tempestivamente. “Nel campo dei DNA, così come del resto in molti altri campi della psichiatria e non solo, intervenire precocemente significa abbreviare la durata della malattia e ridurre il rischio che si aggravi - conclude Balestrieri -. Lasciare passare tempo significa invece peggiorare la prognosi e rendere difficili gli interventi successivi”.