Il decreto per la riduzione delle liste d’attesa è legge. Con 171 sì e 122 no la Camera lo ha approvato dopo che anche il Senato aveva detto sì settimana scorsa. Il testo originale era stato bocciato dalle regioni in quanto ne calpestava i poteri di organizzazione sanitaria. L’aula ha approvato le novità che riepiloghiamo. La prima è relativa all’ organismo di verifica e controllo ministeriale sull’assistenza offerta da Asl ed ospedali pubblici e privati, articolo 2. Le Regioni avevano contestato al Governo centrale che il Ministero della Salute non può sorvegliare l’operato delle Asl e degli ospedali in vista di un intervento sostitutivo. Anche la Lega aveva chiesto il ritiro della misura. A risolvere lo stallo, è arrivata una nuova versione dove si prevede che siano direttamente le Regioni a controllare le misure di Asl ed ospedali pubblici e privati, attraverso un 'Responsabile unico dell’assistenza sanitaria’ di cui dovranno dotarsi. Quello che la premier Giorgia Meloni aveva definito “ispettorato” ministeriale, entrerà in azione solo in caso di inerzia delle Regioni nell’individuare il “Ruas” e non avrà nemmeno poteri di polizia giudiziaria. Per dotarlo di poteri di controllo ed esecutivi servirà un’intesa stato-regioni da recepire in un decreto della presidenza del consiglio. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge approvata oggi, le regioni dovranno indicare il “Ruas”, che comunque ogni 3 mesi dovrà produrre un rapporto per il Ministero della Salute, ed istituire l'Unità centrale di gestione dell'assistenza sanitaria e dei tempi e delle liste di attesa, presieduta e coordinata dall'assessore alla sanità.
L’articolo 1, anch’esso contestato dalle Regioni (ma più che altro per i costi per esse comportati) prevede l’avvio di una piattaforma nazionale delle liste d’attesa, con cui l’Agenas dialogherà con le altre piattaforme regionali; le regole saranno indicate da Linee guida nazionali ad oggi da emanare. Il ministero potrà leggere, nel flusso informativo dei Sistema Tessera Sanitaria: i dati in chiaro delle impegnative Ssn dematerializzate; i dati pseudonimizzati riferiti alla spesa sanitaria che confluisce nella dichiarazione dei redditi precompilata (730); i dati delle prenotazioni resi disponibili dai Cup regionali. A regime, Agenas dovrebbe sapere per singolo erogatore la durata delle attese per classi di priorità, se sono rispettati i tempi definiti nei percorsi diagnostici per paziente, se le ricette sono redatte in modo appropriato, se la libera professione intramoenia in un ospedale influenza l’offerta istituzionale. È stato rivisto anche l’articolo 3 sui Centri Unici di Prenotazione delle Asl, titolati a visualizzare le agende appuntamenti di erogatori pubblici e privati. Sono nulli i contratti di accreditamento con erogatori che non mettano a disposizione del Cup dell’Asl le loro agende in modo trasparente. Si prevede poi che nell’ambito dei percorsi per malati cronici e rari non sia il malato ma il gestore della presa in carico a curare le prenotazioni; e che, ferma restando la prenotazione del cittadino per prestazioni necessitate da acuzie o richiedenti approfondimento diagnostico, l’utenza possa accedere direttamente ai servizi consultoriali, di tutela della salute mentale ed ai Sert. Si prevede infine l’accesso a chiamata negli screening oncologici. I Cup ricordano all’assistito la data di erogazione della prestazione cancellabile entro due giorni lavorativi prima dell’erogazione, anche da remoto: chi senza giustificata disdetta non si presenta nel giorno previsto può dover pagare il ticket, anche se esente. Ove non potessero essere rispettati i tempi previsti dalle classi di priorità del Piano Liste d’Attesa 2019-21 (Urgenza entro 72 ore, a Breve entro 10 giorni, Differita entro 30 giorni dalla prenotazione per le visite specialistiche e 60 per gli esami, Programmata entro 120 giorni), le direzioni generali Asl garantiscono l’erogazione delle prestazioni utilizzando l’attività intramoenia o ricorrendo al privato accreditato.
L’articolo 4 estende l’offerta istituzionale ai giorni di sabato e domenica e a sera, anche nei centri trasfusionali. No all’attività libero professionale intramuraria ove comporti un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali. All’articolo 5 si consente che ogni regione possa aumentare annualmente la spesa per il personale fino al 10% dell’incremento del fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente più un ulteriore 5% se serve (e se il Ministero dà l’ok), fermo restando il rispetto del pareggio di bilancio. Ma in attesa che Ministri di salute ed economia definiscano con le Regioni un metodo di calcolo del fabbisogno di personale, Asl ed ospedali verosimilmente continueranno a contare sulle ore aggiuntive di medici, infermieri ed altri sanitari. All’articolo 6 si stabilisce che per i compensi orari per le prestazioni aggiuntive la tassazione del personale prestatore d’opera scenda dal 43 al 15%.