In occasione del World Brain Day del 22 luglio, la Società Italiana di Neurologia richiama l’attenzione sulla relazione tra inquinamento atmosferico e sviluppo delle attività cognitive dimostrato da uno studio scientifico americano della Wayne State University e del Cincinnati Children's Hospital.
Lo studio pubblicato sulla rivista Brain Connectivity da un gruppo di neurologi, psichiatri, epidemiologi ambientali e biostatistici indica che l’esposizione in un’età in cui si stanno sviluppando le principali connessioni cerebrali è particolarmente pericolosa.
I ricercatori, diretti da Clara Zundel, dopo aver studiato più di 10mila giovani americani con età fra 9 e 12 anni ricavati dal database ABCD (Nationwide Adolescent Brain Cognitive Development), hanno scoperto come l’esposizione agli inquinanti dell’aria, alle polveri sottili e in particolare al PM 2,5, provochi alterazioni delle loro connessioni cerebrali con conseguenti disturbi dell’attenzione e problemi mentali.
Peraltro, al danno da PM 2,5 responsabile anche di problemi respiratori come l’asma o di respirazione nel sonno che ne viene conseguentemente disturbato, si associa pure quello degli inquinanti presenti nel cibo e nell’acqua come ha fatto notare anche la Società Italiana di Neurologia in una recente campagna stampa, un allarme che viene ora confermato dalla principale autrice dello studio secondo cui occorre attivare quanto prima un nuovo filone di ricerca di neurologia e psichiatria ambientale.
Nella ricerca gli scienziati si sono concentrati principalmente sulla connettività funzionale a riposo (rsFC) della rete di modalità predefinita (DMN) e di tre reti di attenzione chiave: attenzione dorsale, attenzione ventrale e cingolo-opercolare.
Nonostante la concentrazione annuale media di PM 2.5 del campione di studio attuale (7,65 µg/m 3 ) sia inferiore alla linea guida EPA, l’agenzia per la protezione ambientale americana, (9,0 µg/m 3 ), i risultati indicano che anche l'esposizione a concentrazioni inferiori a questo standard è associata ad alterazioni neurofunzionali nei giovani, il che può avere implicazioni per la salute a livello di popolazione
L’esposizione nel tempo a livelli di PM2,5 più elevati ha rallentato lo sviluppo delle reti rsFC e di tutte e tre le principali reti di attenzione.
Le implicazioni per la salute mentale stanno diventando sempre più evidenti, concludono gli autori, poiché si prevedono piccoli ma importanti aumenti delle concentrazioni di PM 2.5 nei prossimi 25 anni a causa del cambiamento climatico. Questi risultati supportano la revisione delle linee guida sull’inquinamento e sottolineano l'urgente necessità di valutare in modo completo le conseguenze neuroevolutive e sanitarie dell’esposizione al particolato fine.
È fondamentale riconoscere il campo emergente della psichiatria ambientale e sottolineare la necessità della ricerca sui driver ambientali dello sviluppo neurologico e del rischio psichiatrico, con un particolare focus sull'interazione tra esposizioni a sostanze neurotossiche e sviluppo di psicopatologie.