Teplizumab rallenta la progressione del diabete di tipo 1 di stadio 3 in bambini e adolescenti di nuova diagnosi. È questo, in sintesi, il risultato più importante emerso dai dati dello studio di fase 3 Protect, presentati a Rotterdam (Olanda) nel corso della 49a Annual Ispad (International society for pediatric and adolescent diabetes) Conference, e pubblicati contemporaneamente su “The New England Journal of Medicine”. Protect ha studiato l'efficacia e la sicurezza di teplizumab rispetto al placebo nel rallentare la perdita di cellule beta e preservare la funzione delle cellule beta misurata dal C-peptide, in bambini e adolescenti di età compresa tra gli 8 e i 17 anni con diagnosi di diabete di tipo 1 autoimmune (T1D) di stadio 3 nelle 6 settimane precedenti.
Teplizumab è un anticorpo monoclonale Cd3-diretto. È la prima e unica terapia modificante la malattia nel diabete autoimmune di tipo 1 (T1D); è stato approvato dalla FDA statunitense nel novembre 2022 per ritardare l'insorgenza del diabete di tipo 1 allo stadio 3 in adulti e bambini a partire dagli 8 anni con diagnosi di T1D allo stadio 2.
Il farmaco ha raggiunto l'endpoint primario dello studio, dimostrando una capacità superiore rispetto al placebo nel preservare le cellule beta del pancreas, valutata attraverso un significativo rallentamento della diminuzione dei livelli medi di C-peptide, biomarcatore della funzione delle cellule beta (area sotto la curva [Auc] a un test di tolleranza dopo 4 ore da un pasto misto) al completamento dello studio. Questa significativa differenza indica il potenziale di teplizumab nel rallentare la progressione del diabete di tipo 1 di stadio 3 in questa popolazione. Sebbene i principali endpoint secondari dello studio non abbiano raggiunto la significatività statistica, sono state osservate tendenze numeriche a favore di teplizumab nei parametri clinici rilevanti. In media, i soggetti che hanno assunto teplizumab hanno richiesto un numero di unità di insulina inferiore e hanno avuto un tempo di permanenza nell’intervallo corretto di glicemia numericamente superiore, rispetto a quelli che hanno assunto il placebo. Le riduzioni di emoglobina glicata (HbA1c) e le percentuali complessive di eventi ipoglicemici clinicamente importanti sono risultate simili tra i due gruppi di studio.
«Il diabete di tipo 1 è una malattia cronica, di origine autoimmune, causata dalla distruzione delle cellule beta produttrici di insulina e, pertanto, la conservazione delle cellule beta rimane un'esigenza essenziale ancora non soddisfatta per tutti i pazienti affetti da diabete. Questi nuovi risultati sono basati sui dati di numerosi studi condotti in diverse fasi del processo patologico e vanno a sostenere ulteriormente il potenziale di teplizumab nel modulare la progressione del diabete di tipo 1» ha detto Kevan Herold, long professor of Immunobiology and of Medicine (Endocrinology), Yale school of medicine e principale ricercatore di Protect.
Ecco più in dettaglio i risultati principali di Protect, studio clinico multinazionale, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha arruolato 328 bambini e adolescenti (teplizumab n=217, placebo n=111) di età compresa tra gli 8 e i 17 anni con diagnosi clinica di T1D di stadio 3 nelle precedenti 6 settimane, con rapporto di randomizzazione tra teplizumab e placebo di 2:1. I partecipanti hanno ricevuto un primo ciclo di 12 infusioni giornaliere (di teplizumab o placebo) al momento della randomizzazione, seguito da un secondo ciclo di 12 infusioni giornaliere dopo 26 settimane (circa 6 mesi). Tutti i partecipanti hanno ricevuto le cure standard necessarie.
Dal basale e fino al completamento dello studio a 78 settimane, lo studio ha registrato quanto segue per teplizumab rispetto al placebo:
· endpoint primario: a) una diminuzione significativamente inferiore dei livelli medi di C-peptide (area sotto la curva [Auc] dopo un test di tolleranza dopo 4 ore da un pasto misto [Mmtt]): differenza nelle medie dei minimi quadrati (LSM) di 0,13 pmol/mL; (95% CI: 0,09, 0,17; P<0,001); b) il 94,9% dei partecipanti al gruppo teplizumab ha mantenuto livelli di picco di C-peptide ≥0,2 pmol/mL, rispetto al 79,2% di coloro che hanno ricevuto il placebo (P<0,001).
· endpoint secondari: a) dose media di insulina numericamente inferiore a favore di teplizumab alla 78ma settimana: la media dei minimi quadrati (Lsm) per la dose di insulina alla 78ma settimana era di 0,46 U/Kg/die (teplizumab) e 0,59 U/kg/die (placebo), con una differenza di -0,13 U/kg/die (95% CI: -0,28, 0,02); b) variazione comparabile dell'HbA1c media: variazione Lsm di -1,98% (teplizumab) vs -1,89% (placebo), differenza -0,09 (95% CI: -0,42, 0,24); c) tempo medio di permanenza alla settimana 78 numericamente più elevato a favore di teplizumab (>70 ma ≤180 mg/dL): 68,7±19,6% (teplizumab) vs 64,6±22,4% (placebo); differenza del 4,71% (95% CI: -1,72, 11,15); c) tassi medi simili di eventi ipoglicemici complessivi clinicamente importanti: tassi stimati di 4,68 (teplizumab) (95% CI: 3,70, 5,91) vs 4,24 (placebo) (95% CI: 3,06, 5,89) eventi/anno-paziente, con un rate ratio stimato di 1,10 (95% CI: 0,74, 1,64).
I risultati di sicurezza dello studio sono coerenti con i dati precedenti relativi all'indicazione di teplizumab attualmente approvata dalla Fda, vale a dire di ritardare l'insorgenza del diabete di tipo 1 di stadio 3 in adulti e bambini a partire da 8 anni con diagnosi di T1D di stadio 2, nonché con altri studi clinici precedenti su teplizumab. Non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza.
Gli eventi avversi di particolare interesse sono stati prespecificati e si sono verificati nel 29% dei soggetti in trattamento con teplizumab rispetto al 21,6% con placebo, il più frequente dei quali è stato l'ipoglicemia (teplizumab: 13,4%; placebo: 16,2%). Altri eventi avversi comuni sono stati cefalea, nausea, rash, linfopenia e vomito. Eventi avversi gravi sono stati riportati dal 5,5% dei partecipanti che hanno ricevuto teplizumab rispetto al 5,4% del placebo; gli eventi avversi di particolare interesse più comuni sono stati la sindrome da rilascio di citochine (teplizumab: 1,4%; placebo 0%) e le infezioni (teplizumab: 0%; placebo: 2,7%).
Da ricordare che lo stadio 3 del diabete di tipo 1 (noto anche come stadio clinico) si ha quando una parte significativa delle cellule beta è stata distrutta. A questo punto, l'aumento dei livelli di glucosio nel sangue raggiunge il punto di iperglicemia clinica (che definisce il diabete) e molte persone sperimentano i classici sintomi che accompagnano l'insorgenza del T1D al terzo stadio: aumento della sete, minzione frequente, perdita di peso inspiegabile, visione offuscata e affaticamento generalizzato. La gestione dello stadio 3 del T1D richiede una terapia insulinica sostitutiva quotidiana e onerosa.
«I risultati dello studio PROTECT sono particolarmente incoraggianti, in quanto mostrano il potenziale di teplizumab nel rallentare la progressione dello stadio 3 del diabete di tipo 1 in questa popolazione, oltre a indicare una tendenza favorevole dal punto di vista clinico per le persone con il diabete di tipo 1. Siamo impazienti di discutere questi nuovi dati con la comunità scientifica e le autorità regolatorie di tutto il mondo» ha dichiarato Jose Eduardo Neves, Senior Vice President, Global Head of Medical Affairs, General Medicines, Sanofi.
N Engl J Med. 2023 Oct 18. doi: 10.1056/NEJMoa2308743.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37861217/