Una dieta ricca di fibre e a prevalenza vegetale ha rallentato la progressione da MGUS e SMM a mieloma multiplo, secondo uno studio internazionale pubblicato su Cancer Discovery guidato dall’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e dal Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York
La ricerca. guidata dal gruppo del dottor Matteo Bellone, responsabile dell’Unità, Immunologia cellulare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dalla dottoressa Urvi A. Shah del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, mostra che modificare le abitudini alimentari può influenzare metabolismo, immunità e microbioma intestinale, favorendo la produzione di molecole antinfiammatorie come il butirrato. I risultati, confermati sia in pazienti sia in modelli animali, suggeriscono che l’alimentazione potrebbe diventare uno strumento complementare alle terapie oncologiche. Sulla base di questi dati è stato avviato in Italia un nuovo studio multicentrico guidato dal San Raffaele per approfondire il ruolo del microbiota nella progressione del mieloma.
La sperimentazione clinica NUTRIVENTION, monocentrica e a braccio singolo, guidata dalla dott.ssa Shah al Memorial Sloan Kettering, ha coinvolto 23 persone con MGUS e SMM e con un indice di massa corporea elevato che, per 12 settimane, hanno seguito una dieta ricca di fibre e a prevalenza vegetale, senza alcuna restrizione calorica. L’obiettivo non era “mangiare meno”, ma mangiare diversamente, privilegiando frutta, verdura, legumi, cereali integrali.
Contrariamente a quanto ritenuto finora, lo studio ha dimostrato che una dieta ricca di fibre non solo è sostenibile, ma provoca anche fastidi limitati e ben tollerati. Un risultato che ha convinto oltre il 70% dei pazienti a proseguire il nuovo regime dietetico ben oltre le 12 settimane.
I dati, ottenuti grazie anche a un diario alimentare compilato dagli stessi pazienti, hanno mostrato che, gradualmente, l’organismo sembra tirare il freno. Il peso corporeo si riduce, la sensibilità insulinica migliora, l’infiammazione si attenua e la flora batterica si arricchisce di specie capaci di produrre butirrato, una molecola nota per le sue proprietà antinfiammatorie e antitumorali.
Anche se lo studio non era disegnato per fornire informazioni sull’andamento della malattia, negli otto pazienti valutabili per questo parametro, la traiettoria della componente monoclonale (M-spike), il principale indicatore di progressione da una condizione precancerosa a una di mieloma multiplo, si è stabilizzato e in due pazienti è addirittura migliorato.
Nei laboratori del San Raffaele, i ricercatori hanno poi alimentato dei modelli murini con una dieta ad alto contenuto di fibre e monitorato nel tempo ciò che accadeva nel loro organismo.
I risultati hanno dimostrato che la dieta ricca di fibre ha modificato la composizione del microbioma intestinale dei topi, aumentando in particolare la produzione di acidi grassi a catena corta come il butirrato. Queste molecole hanno ridotto l’aggressività della malattia nel modello animale, mentre hanno rallentato la proliferazione delle cellule tumorali in coltura, un modello in vitro della malattia.
La dieta ha inoltre rimodellato le caratteristiche delle cellule immunitarie nel midollo osseo (sede d’origine del tumore) degli animali, reindirizzandole verso un’azione potenzialmente antitumorale. Grazie a questi cambiamenti, nei topi l’evoluzione verso il mieloma conclamato veniva drammaticamente posticipata.
Spiega il dottor Bellone: «È come se il microbiota, riprogrammato dalla dieta, avesse modificato l’intero microambiente tumorale, rendendolo meno favorevole alla proliferazione delle cellule di mieloma e più capace di sostenere una risposta immunitaria efficace. Una possibile spiegazione è che le molecole prodotte dai batteri intestinali con la fermentazione delle fibre, abbiano raggiunto il midollo osseo, dove potrebbero aver reindirizzato il comportamento delle cellule immunitarie verso un’azione antitumorale e rallentato la proliferazione delle cellule maligne».
Aggiunge la dott.ssa Shah: «La maggior parte dei pazienti che presentano condizioni pre-mielomatose vengono semplicemente monitorati e questo può generare molta ansia. Il nostro studio è il primo a dimostrare che un’alimentazione ricca di fibre e prevalentemente vegetale può migliorare la salute dell’intestino, il metabolismo e la funzione immunitaria in questi pazienti, e potrebbe contribuire a rallentare la progressione verso il mieloma. Sapere che un semplice cambiamento alimentare, a basso rischio, può fare la differenza può essere davvero incoraggiante».
Alla luce di questi risultati, la ricerca apre a nuove direzioni: studi clinici più ampi, interventi personalizzati e possibili combinazioni tra dieta e terapie già esistenti. È un approccio che non sostituisce i trattamenti oncologici, ma potrebbe affiancarli, accompagnarli e persino potenziarli, agendo su un terreno biologico spesso trascurato: lo stile di vita.
In questo contesto, è stato attivato in Italia un nuovo studio clinico multicentrico, di cui il San Raffaele è capofila, per ampliare e corroborare i risultati di questo studio: i ricercatori si propongono di dimostrare che diete a base vegetale alterano significativamente il microbiota intestinale, aumentando la produzione di acidi grassi a catena corta a prescindere dal peso corporeo.
«Il nostro obiettivo, conclude Bellone, – è trasformare un gesto quotidiano, come mangiare, in uno strumento di prevenzione scientificamente solido».