Nonostante le raccomandazioni internazionali limitino l’impiego dei corticosteroidi orali (OCS) ai casi più gravi, in Italia il loro uso resta elevato. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Frontiers in Allergy, che ha analizzato le abitudini prescrittive e le barriere all’aderenza alle linee guida.
L’asma colpisce circa 4 milioni di persone in Italia, di cui 200.000 con forma grave. In questi pazienti, la gestione della malattia si basa su broncodilatatori a lunga durata, corticosteroidi orali e antagonisti muscarinici. Le linee guida raccomandano l’uso degli OCS solo come ultima risorsa, a causa dei potenziali effetti collaterali, ma nella pratica clinica questi farmaci vengono spesso prescritti in modo più esteso.
La ricerca, promossa dall’associazione Respiriamo Insieme in collaborazione con Sanofi, ha coinvolto 366 operatori sanitari e 829 pazienti (di cui 468 con asma grave). I risultati mettono in luce una notevole variabilità nelle pratiche prescrittive e nella gestione del trattamento con corticosteroidi orali.
L'indagine ha raccolto dati da due questionari, uno rivolto a operatori sanitari per raccogliere dati su pratiche prescrittive, barriere all’uso corretto, potenziali pattern di sovrautilizzo e aderenza alle linee guida e l’altro rivolto ai pazienti riguardo consapevolezza e partecipazione alle decisioni terapeutiche, modalità d’uso, monitoraggio, educazione fornita sanitaria, gestione degli eventi avversi e sicurezza dell’impiego degli OCS.
I risultati mostrano come tra i medici, l’82% ha indicato una durata di trattamento preferita di 10 giorni, mentre il 14% prolunga oltre 21 giorni. Tuttavia, il 28% non tiene traccia della dose cumulativa annuale di OCS, e solo il 40% lo fa regolarmente. Circa la metà ritiene che il limite di sicurezza giornaliero sia compreso tra 5 e 7,5 mg di prednisone, mentre il resto adotta soglie più basse o più alte.
Dal lato dei pazienti, il 95% di quelli con asma grave ha ricevuto almeno una prescrizione di corticosteroidi orali, contro il 66% di quelli con forme meno severe. Quasi la metà dei pazienti gravi ne fa uso più volte l’anno, e il 47% dichiara di averli assunti senza prescrizione, spesso per paura di riacutizzazioni o difficoltà di accesso ai servizi sanitari. Solo il 71% dei pazienti con asma grave afferma di essere stato coinvolto nella decisione terapeutica, e meno della metà è stata informata su alternative ai corticosteroidi orali. La gestione degli effetti collaterali risulta carente: solo il 41% dei pazienti con asma grave riferisce di aver ricevuto informazioni sulle reazioni avverse e il 57% non è mai stato indirizzato a uno specialista con la maggior parte di essi che non ha mai effettuato una valutazione della salute ossea.
Nel complesso, lo studio evidenzia una discrepanza significativa tra linee guida e pratica clinica, con un uso ancora eccessivo di OCS nel trattamento dell’asma. Gli autori sottolineano diversi bisogni non soddisfatti: una definizione più chiara di “dipendenza da corticosteroidi orali”, un maggiore coinvolgimento del paziente nelle decisioni, un monitoraggio strutturato degli effetti avversi e una migliore accessibilità alle terapie biologiche, che potrebbero ridurre la necessità di OCS e i costi associati. I ricercatori raccomandano inoltre di implementare strumenti digitali o diari clinici per tenere traccia delle dosi cumulative, migliorare l’aderenza terapeutica e favorire la comunicazione medico-paziente.
Per ridurre il ricorso agli OCS, il 43% dei professionisti indica come strategia più efficace la modifica della combinazione ICS/LABA, seguita dall’impiego di terapie biologiche (37%). Più della metà degli operatori sottolinea la necessità di un approccio multidisciplinare e il 44% raccomanda controlli densitometrici biennali per monitorare la salute ossea.
I risultati dello studio mettono in luce l’urgenza di riequilibrare l’uso dei corticosteroidi orali e di adottare un approccio personalizzato alla gestione dell’asma grave. Rafforzare l’educazione del paziente, integrare figure multidisciplinari (tra cui psicologi e farmacisti clinici) e sfruttare le potenzialità delle terapie biologiche rappresentano strumenti fondamentali per ridurre l’esposizione inutile agli OCS.
Una maggiore consapevolezza dei rischi cumulativi e un uso più prudente dei corticosteroidi orali possono tradursi in una migliore qualità di vita per i pazienti e in una riduzione significativa dell’onere sanitario complessivo.