Uno studio condotto su quasi mezzo milione di pazienti pediatrici statunitensi e pubblicato su Lancet Infectious Diseases indica che i bambini reinfettati dal SARS-CoV-2 hanno il doppio delle probabilità di sviluppare long COVID rispetto a chi ha avuto un solo episodio.
Lo studio ha coinvolto 465 717 pazienti (< 21 anni, età media 8,2 anni; 50,2% maschi) provenienti da 40 ospedali pediatrici USA tra gennaio 2022 e ottobre 2023 quando la variante Omicron era dominante.
I ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche elettroniche dei bambini e adolescenti. Le infezioni sono state determinate tramite test PCR, sierologia, antigenici o diagnosi cliniche, e il periodo di studio andava da gennaio 2022 a ottobre 2023.
L’endpoint primario era una diagnosi clinica di long COVID entro 90–179 giorni dall’infezione. Gli endpoint secondari includevano 24 condizioni e sintomi potenzialmente associati al long COVID pediatrico: disturbi idro-elettrolitici, aritmie, enzimi epatici alterati, fatica e malessere, cefalea, sindrome da tachicardia ortostatica posturale o disautonomia, deficit cognitivi, patologie cutanee, febbre e brividi, segni respiratori o cardiovascolari, disturbi mentali, oltre a dolore addominale, toracico, muscoloscheletrico e diffuso.
Si sono registrate 208 diagnosi di long COVID su 407.300 bambini con una sola infezione e 134 su 58.417 con una seconda. Le reinfezioni erano più frequenti tra gli adolescenti (12–20 anni), che costituivano il 42% del totale, e più comuni nei soggetti con obesità o condizioni croniche complesse.
Il rischio relativo di sviluppare il long COVID, si è rilevato così 2,08 volte maggiore nei soggetti con una seconda infezione rispetto a quelli con una sola. Tra i bambini con una sola infezione, il tasso di incidenza del long COVID era di 903,7 per milione ogni 6 mesi, rispetto a 1 883,7 per milione tra coloro che avevano avuto una reinfezione. Questo aumento di rischio dopo la reinfezione si è mantenuto in tutti i sottogruppi, inclusi bambini e adolescenti vaccinati e non vaccinati.
Il rischio di sequele post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2 (PASC), come miocardite, alterazioni di gusto e olfatto, tromboflebiti e tromboembolie, cardiopatie e danno renale acuto è risultato anch’esso aumentato in tutti i gruppi con una seconda infezione virale.
Tuttavia, secondo gli autori, la vaccinazione può ridurre il rischio prevenendo le reinfezioni, ma la copertura pediatrica di nuove dosi è ad oggi insufficiente e deve tornare ad aumentare.
«Il messaggio principale è chiaro: il long COVID è destinato a restare, anche nei più giovani, e può essere aggravato dalle reinfezioni e sostenuto dall’elevata circolazione virale», afferma Danilo Buonsenso, della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma, in un editoriale di accompagnamento. «Governi, sistemi sanitari ed enti di finanziamento devono agire subito, riconoscendo il long COVID come priorità clinica e di ricerca, garantendo l’accesso alle cure e assicurando che i bambini non vengano dimenticati».