Le linee guida (LG) della European Calcified Tissue Society per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi indotta da glucocorticoidi (GC) nell’adulto illustrano 25 raccomandazioni per la valutazione, il trattamento e il follow-up di questa forma secondaria di osteoporosi.
L’assunzione continuativa di GC aumenta il rischio di osteoporosi e fratture (fino al 30-50% dei soggetti trattati). Tale aumento di rischio si verifica rapidamente, già entro i primi tre mesi di trattamento, anche con basse dosi. L’osteoporosi da glucocorticoidi è la forma più comune di osteoporosi secondaria. La sua fisiopatologia è complessa e solo in parte nota. È ben noto il coinvolgimento a più livelli, sia degli osteoclasti, che degli osteociti e in particolare degli osteoblasti, attraverso varie vie di segnale osteo-metaboliche, così come è acclarato che i GC inducono un quadro di iperparatiroidismo secondario, riducendo l’assorbimento intestinale di calcio e favorendone l’eliminazione a livello renale. Infine, è altrettanto ben documentato che i GC deprimono la pulsatilità delle gonadotropine ipofisarie e il rilascio di GH. A ciò si aggiunge un maggior effetto sarcopenico, che costituisce un importante fattore di rischio indipendente per cadute e fratture.
Queste LG sono rivolte in particolare a personale medico non specialista delle patologie osteo-metaboliche. Il profilo di queste LG è basato su consigli e raccomandazioni cliniche molto pragmatiche. La suddivisione dei pazienti in classi di rischio e la diversa indicazione all’assunzione di anti-riassorbitivi e/o anabolici in base al grado di rischio basale, costituisce un apprezzabile sforzo di sintesi, al fine sia di un corretto inquadramento della gravità clinica, sia della successiva scelta terapeutica.
In qualsiasi paziente che assuma GC per almeno tre mesi andrebbe effettuata una valutazione preliminare: il paziente va correttamente informato e va controllata periodicamente l’eventuale riduzione in altezza o la presenza di fratture da fragilità e/o dolore contestuale; va valutato che ci sia un corretto introito di calcio e vanno eseguiti test di laboratorio di primo livello.
La valutazione del rischio fratturativo è indicata in donne e uomini > 50 anni o pazienti che, indipendentemente dall’età, hanno una storia di fragilità ossea durante la vita adulta, hanno comorbilità o assumono altri farmaci osteopenizzanti. La valutazione andrebbe fatta mediante esame DEXA di rachide e femore. È necessaria anche un’analisi dei fattori di rischio clinici individuali e un esame morfometrico vertebrale. Utile anche il calcolo del FRAX e del rischio di cadute.
Andrebbero quindi tratti i pazienti con età > 50 anni in presenza di fratture da fragilità o con T score ≤ -1.5 o con assunzione di GC ≥ 7.5 mg/die o FRAX elevato o con età > 70 anni.
Riguardo il trattamento le linee guida indicano che le donne e gli uomini con più 50 anni con rischio medio (assenza di fratture negli ultimi 2 anni) andrebbero trattati con alendronato o risedronato; i soggetti con più di 50 anni con rischio alto (recente storia di frattura) con zoledronato o denosumab e i soggetti a rischio molto alto (> 70 anni con recente frattura di femore/pelvi/vertebrale) con teriparatide.
Dopo la sospensione della terapia con GC, nel paziente in terapia farmacologica osteo-attiva va rivalutato il rischio fratturativo, con la raccomandazione principale di proseguire per almeno un anno la terapia anti-riassorbitiva (bisfosfonati) in caso di pregressa assunzione di teriparatide o denosumab.
Nei pazienti che proseguono GC, in cui dopo opportuna valutazione del rischio fratturativo viene proposta l’interruzione della terapia anti-riassorbitiva, la rivalutazione del rischio va eseguita comunque ogni 1-2 anni.
Bibliografia
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