Il diabete oggi si scopre prima e si cura meglio, ma sorprendentemente questo non sta aiutando le persone a rientrare nel mondo del lavoro. È il cosiddetto “paradosso del diabete”, descritto da una nuova ricerca del USC Schaeffer Center pubblicata su JAMA Health Forum.
Storicamente, i tassi di partecipazione al lavoro sono stati molto più bassi tra le persone con diabete, a causa di fattori come le complicazioni di salute, il tempo necessario per gestire la malattia e le barriere nei luoghi di lavoro.
Nonostante i notevoli progressi nella diagnosi e nella gestione del diabete negli ultimi 30 anni, ancora oggi chi ha il diabete lavora molto meno rispetto a chi non ce l’ha e chiede più spesso sussidi di invalidità.
Questo fenomeno, che i ricercatori hanno chiamato “paradosso del diabete”, suggerisce che l’aumento della prevalenza del diabete rappresenti una minaccia crescente per il mercato del lavoro e una pressione sempre maggiore sui programmi governativi a sostegno della disabilità.
I ricercatori hanno analizzato 20 anni di dati del National Health Interview Survey (1998-2018) su quasi 250.000 persone di età compresa tra i 40 e i 64 anni, la fascia d’età dove in genere si stabilisce il maggior guadagno lavorativo e quella dove avviene anche la maggior parte delle diagnosi di diabete.
Rispetto ai coetanei senza diabete, le persone con la malattia erano dal 21% al 24% meno presenti nella forza lavoro e dal 12% al 13% più propense a ricevere sussidi per disabilità. Anche dopo l’aggiustamento per variabili demografiche, i gap restavano marcati (8-11% e 4-6% rispettivamente).
Secondo gli studiosi, il miglior accesso alla sanità ha portato a diagnosticare la malattia in persone economicamente più fragili, che svolgono lavori spesso fisici e difficili da mantenere con una condizione cronica. Inoltre, chi dispone di maggiori risorse ha più probabilità di beneficiare dei progressi nella prevenzione del diabete e di conseguenza non svilupparlo o di avere maggiori benefici da cure precoci.
«Considerati i grandi miglioramenti nella salute della popolazione diabetica, ci saremmo aspettati di vedere più persone nel mondo del lavoro. Invece, esiste una popolazione ampia e crescente di persone con diabete che affronta difficoltà nel mercato del lavoro, e che necessita di attenzione», afferma Jack Chapel, autore dello studio, ricercatore presso lo Schaeffer Center e professore assistente alla USC Price School of Public Policy.
L’analisi dei dati più recenti mostra un però un lieve aumento dell’occupazione tra le persone con diabete durante la pandemia da COVID-19, suggerendo che il lavoro da remoto ne abbia migliorato le prospettive occupazionali.
"L’impressione è che l'ampliamento dell'accesso all'assistenza sanitaria per i poveri e le misure proattive adottate da coloro a cui è stato diagnosticato il prediabete abbiano fatto sì che la nuova coorte di persone a cui è stato diagnosticato il diabete sia più vulnerabile economicamente rispetto ai decenni precedenti, complicando il confronto nel tempo" continua Chapel.
Gli autori suggeriscono che i futuri trial clinici su terapie preventive e gestionali del diabete dovrebbero includere anche esiti economici, come la partecipazione al lavoro.