Farmaci
Tirzepatide
08/04/2025

Effetti di tirzepatide su obesità con scompenso cardiaco a frazione d'eiezione preservata

Tirzepatide ha ridotto il rischio di un end-point composito di morte cardiovascolare e peggioramento di HF rispetto a placebo in pazienti affetti da HFpEF e obesità

semaglutide-farmaco-antiobesita

Il rischio di scompenso cardiaco (Heart Failure, HF) a frazione d’eiezione preservata (with preserved Ejection Fraction, HFpEF) aumenta per valori crescenti di BMI. «L'adiposità viscerale», afferma Marco Grasso insieme alla Commissione Obesità AME (Associazione Medici Endocrinologi), coordinata da Marco Chianelli, «contribuisce al danno cardiaco e interventi per la perdita di peso riducono l’infiammazione sistemica, il volume del tessuto adiposo pericardico e alleviano la sintomatologia» (Savji N, et al. JACC Heart Fail 2018; Kosiborod MN, et al. N Engl J Med 2023; Kosiborod MN, et al. N Engl J Med 2024).

«Analisi esplorative degli studi STEP-HFpEF e STEP-HFpEF DM avevano mostrato che semaglutide, un GLP-1 RA già approvato per il trattamento dell’obesità, riduceva il rischio di ospedalizzazione e valutazione in urgenza per HF in pazienti affetti da HFpEF e obesità (Kosiborod MN, et al. N Engl J Med 2023; Kosiborod MN, et al. N Engl J Med 2024)», riportano gli specialisti.

«Tirzepatide (TZP) è un duplice agonista recettoriale di GIP e GLP-1, in grado di indurre un calo ponderale del 12-21% (Jastreboff AM, et al. N Engl J Med 2022)», specificano gli esperti.

«Di recente sono stati pubblicati i risultati dello studio SUMMIT (Packer M, et al. N Engl J Med 2025) che aveva l’obiettivo di valutare gli effetti di TZP in soggetti affetti da HFpEF e obesità», segnalano Grasso e colleghi. «Era uno studio multi-centrico (9 Paesi), randomizzato, controllato vs placebo, in doppio cieco. Questi i criteri d’inclusione chiave: età  40 anni, HF cronico (NYHA II-IV) con EF  50%, BMI  30 kg/m2, punteggio KCCQ-CSS (Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire clinical summary score)  80 (la scala va da 0 a 100, valori maggiori indicano miglior qualità di vita), elevate pressioni di riempimento cardiaco (accertate tramite misurazione diretta), NT-proBNP elevato o ingrandimento dell’atrio sinistro all’ecocardiogramma, acuzie di HF (ospedalizzazione o visita in urgenza con necessità di terapia diuretica ev) nei 12 mesi precedenti, o in alternativa eGFR < 70 mL/min». Questi, invece, i criteri d’esclusione chiave: «recente evento cardio- o cerebro-vascolare (negli ultimi 90 giorni), esacerbazione di HF nelle ultime 4 settimane, scompenso secondario ad altra patologia cardiaca, DM1, DM2 scompensato (HbA1c  80 mmol/mol), anamnesi personale di pancreatite, personale o familiare di MEN-2 o carcinoma midollare della tiroide».

Questo il protocollo dello studio: «randomizzazione con rapporto 1:1 a TZP sc 2.5 mg/settimana o placebo per almeno 52 settimane, in aggiunta alla terapia usuale. Aumento della posologia di 2.5 mg ogni 4 settimane, fino a 15 mg/settimana o alla massima dose tollerata», riferiscono gli esperti. «End-point primari: 1) composito di morte da causa cardio-vascolare (CV) e peggioramento di HF (esacerbazione dei sintomi con necessità di ricovero o di terapia diuretica endovenosa in urgenza o di intensificazione della terapia diuretica orale), stabilito con un’analisi time-to-first-event; 2) variazione del punteggio KCCQ-CSS a 52 settimane», riportano Grasso e colleghi. «End-point secondari: variazioni a 52 settimane della distanza percorsa in 6 minuti (6MWD), del peso e della PCR ad alta sensibilità». Quanto alle caratteristiche dei partecipanti: «731 soggetti randomizzati, con età media 65.2 anni, 53.8% donne, BMI medio 38.3 kg/m2, KCCQ-CSS medio 53.5 punti, 6MWD media 302.8 metri, esacerbazione di HF nei 12 mesi precedenti nel 46.9%».

Questi i risultati con TZP vs placebo (dopo follow-up mediano di 104 settimane. «End-point primari: un evento dell’end-point composito primario in 36 (9.9%) vs 56 (15.3%) (HR 0.62, IC 95% 0.41-0.95, p = 0.026); esacerbazione di HF nell’8.0% vs 14.2% (HR 0.54, IC 95% 0.34-0.85); necessità di ospedalizzazione nel 3.3% vs 7.1% (HR 0.44, IC 95% 0.22-0.87); mortalità CV o da tutte le cause senza differenze significative; aumento medio di KCCQ-CSS di 19.5 vs 12.7 punti (differenza mediana 6.9 punti, IC 95% 3.3-10.6, p < 0.001)», riferiscono Grasso e colleghi.

End-point secondari: «variazione percentuale media di peso a 52 settimane -13.9% vs -2.2% (differenza -11.6%, p < 0.001); aumento medio di 6MWD di 26.0 m vs 10.1 m (differenza mediana 18.3 m, p < 0.001); riduzione percentuale media di PCR −38.8% vs −5.9% (differenza −34.9%, p < 0.001); variazione della pressione sistolica -4.6 vs +0.1 mm Hg», proseguono gli specialisti.

Eventi avversi: «non fatali che conducevano all’interruzione della terapia in 23 (6.3%) vs 5 pazienti (1.4%): 15/23 (4.4% del totale) hanno sospeso per disturbi gastro-intestinali; aumento della frequenza cardiaca +3 vs +0.3 bpm; eventi gravi con frequenza simile», continuano gli esperti.

«In questo studio TZP ha ridotto il rischio di un end-point composito di morte CV e peggioramento di HF rispetto a placebo in pazienti affetti da HFpEF e obesità», commentano Grasso e colleghi. «Tale beneficio era da ascrivere sostanzialmente all’effetto su HF e si rifletteva anche a livello funzionale, con miglioramento rilevante dei punteggi al KCCQ-CSS, della 6MWD, riduzione del peso e della PCR. Un valore di NT-proBNP basale nella norma non rappresentava un criterio d’esclusione, essendo un rilievo frequente in presenza di HF e obesità», osservano gli esperti. «A conferma di ciò, non vi erano differenze significative negli effetti di TZP tra soggetti con livelli di NT-proBNP superiori o inferiori a 200 pg/mL; pertanto, fissarne un cut-off per l’avvio del trattamento potrebbe precludere l’accesso al farmaco a soggetti che potenzialmente ne trarrebbero beneficio. I noti sintomi gastro-intestinali erano relativamente comuni, si attenuavano nel tempo e hanno determinato la sospensione del trattamento solo nel 4% dei soggetti», riferiscono gli specialisti.

«Diversi sono i meccanismi ipotizzati per spiegare gli effetti di TZP: riduzione della massa grassa e quindi della risposta infiammatoria; effetto diretto sugli adipociti epicardici, in grado di modificarne il fenotipo pro-infiammatorio; riduzione della pressione sistolica», riportano Grasso e colleghi. «Lo studio presentava alcuni limiti: il cut-off di 30 kg/m2 per il BMI potrebbe aver escluso soggetti con BMI inferiore ma aumentato rapporto waist-to-height (>0.5), un indicatore più affidabile di adiposità viscerale. Le dimensioni ridotte del campione e la scarsità degli eventi osservati: in questo studio si sono verificati infatti solo 92 eventi, contro i 926 dell’EMPEROR-Preserved (Anker SD, et al. N Engl J Med 2021) e i 1122 del DELIVER (Solomon SD, et al. N Engl J Med 2022)».

«Complessivamente, TZP appare un farmaco promettente per il trattamento dei pazienti con HFpEF e obesità, ma sono necessari dati più robusti per confermarne i benefici e comprenderne le basi fisiopatologiche», concludono Grasso e colleghi.

N Engl J Med 2025, 392: 427-37. doi: 10.1056/NEJMoa2410027.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39555826/

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