Un nuovo studio ha individuato cinque sottotipi differenti di Long Covid, supportando i medici nella diagnosi e cura di questa complessa condizione che affligge milioni di persone.
Secondo il National Center for Health Statistics statunitense, il long-Covid colpisce circa il 17,6% degli adulti che ha contratto il virus. Sebbene il 90–100% delle persone guarisca tipicamente entro 3 anni, ciò lascia ancora circa il 5% dei casi in cui i sintomi persistono.
Il nuovo indice è stato sviluppato dai ricercatori federali nell’ambito della RECOVER COVID Initiative degli National Institutes of Health (NIH), che ha analizzato i sintomi di 14.000 pazienti – con dati aggiornati nel 2024 da ulteriori 4.000 soggetti – e ha sviluppato un indice che suddivide il long COVID in cinque sottotipi.
Questo indice si basa su un sistema a punti che valuta 44 sintomi comuni, tra cui fatica, malessere dopo lo sforzo, dolori post-esercizio, vertigini, “nebbia mentale”, problemi gastrointestinali e palpitazioni. I risultati mostrano che, nei soggetti che hanno avuto il COVID, i sintomi sono più intensi in tutti i gruppi.
Utilizzando questo indice, medici e ricercatori potranno comprendere meglio il long COVID – una condizione difficile da trattare e diagnosticare per l’assenza di definizioni e terapie standard – e offrire cure più mirate per la gestione dei sintomi.
I cinque sottotipi identificati evidenziano differenze rilevanti in termini di impatto sulla qualità della vita e sulla salute generale:
• Sottotipo 1: I pazienti presentano un impatto limitato sulla qualità della vita e sulla funzione quotidiana, colpendo il 20,99% degli individui. Tutti gli individui in questo gruppo hanno riportato cambiamenti nel gusto e nell’olfatto fastidiosi ma non debilitanti. Gli unici altri sintomi presenti in oltre il 50% dei casi sono stati la fatica (66%), il malessere post-esercizio (53%) e il dolore post-esercizio (55%). Sebbene questi sintomi possano certamente influenzare la qualità della vita, non sono stati sicuramente invalidanti.
• Sottotipo 2: In questo gruppo (che comprende il 9,77% dei casi), sintomi debilitanti come il malessere post-esercizio (94%), la fatica (81%) e una tosse cronica (100%) sono molto aumentati in modo drammatico; inoltre, il 25% riporta una qualità della vita della vita scarsa o discreta. In questi pazienti questi sintomi si accompagnano spesso alla encefalomielite mialgica/sindrome da fatica cronica (ME/CFS), una malattia cronica che causa fatica severa e rende difficile svolgere le attività quotidiane
• Sottotipo 3: Nel sottotipo 3 (il 18,81% dei casi), il 92% dei pazienti ha riportato sintomi di fatica, l’82% dolore post-esercizio e il 70% vertigini; inoltre, il 100% ha riferito la presenza della cosiddetta “nebbia mentale”. Circa il 37% delle persone raggruppate nel sottotipo 3 ha riportato una “qualità della vita scarsa o discreta”, un aumento significativo rispetto ai sottotipi 1 e 2.
La nebbia mentale può essere particolarmente debilitante per chi è abituato a svolgere più compiti contemporaneamente, poiché la difficoltà di concentrazione può limitare la capacità di alternare facilmente le attività, causando stress e difficoltà lavorative. Sebbene la nebbia mentale tenda a risolversi entro 6–9 mesi dall’infezione, in alcuni casi può protrarsi fino a più di 18 mesi. Gli esperti raccomandano ai medici di essere sempre vigili qualora un paziente lamenti difficoltà di concentrazione o di multitasking nei mesi successivi a un’infezione da COVID, con esami neurologici e test cognitivi utili a individuare eventuali anomalie.
• Sottotipo 4: Questo gruppo, che raccoglie più del 29,86% dei pazienti, vede il 40% dei soggetti con qualità della vita compromessa; qui, la nebbia mentale si manifesta nel 65% dei casi, le palpitazioni nel 92%, le vertigini nel 71% e i disturbi gastrointestinali nel 60%, mentre il 36% lamenta febbre, sudorazioni e brividi.
• Sottotipo 5: è il sottotipo più grave (che colpisce il 20,56% del totale), in cui ben il 66% dei pazienti riporta una qualità della vita “scarsa o discreta”. Questi soggetti presentano sintomi multisistemici molto elevati: quasi il 99% ha dispnea, il 98% dolore post-esercizio, il 94% vertigini, il 92% malessere post-esercizio, l’80% problemi gastrointestinali, il 78% debolezza e il 69% dolore toracico. Inoltre, una percentuale maggiore di partecipanti ispanici, multirazziali, non vaccinati o infettati prima della circolazione della variante Omicron. Questo suggerisce che la gravità della variante Delta del COVID-19 possa essere collegata ad alcuni dei sintomi più gravi del long COVID, anche se ulteriori studi saranno necessari per stabilire se si tratti di una semplice correlazione.
Questa classificazione delle persone con Long COVID-19, concludono gli autori, comprende tutta la complessità e l'eterogeneità della condizione permettendo di ampliare le conoscenze su questa condizione e aiutando i medici a gestirla al meglio.
Matteo Vian