È stata scoperta una nuova molecola capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa, una rara patologia genetica che può portare negli anni alla totale cecità. La scoperta arriva da uno studio, che si è guadagnato la copertina del Journal of Medicinal Chemistry. A progettare e sintetizzare la molecola, che ha preso il nome di REPISTAT. è stato un gruppo di ricerca di chimica farmaceutica dell’Ateneo di Siena in collaborazione, per le prove biologiche, con il Dipartimento di Farmacia dell’Ateneo pisano, e con l’Istituto di Neuroscienze del CNR - Pisa, la University College London e l’Università di Ferrara. La ricerca è frutto di RePiSTOP, un progetto di ricerca di interesse nazionale del 2022 finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Le deacetilasi istoniche (HDAC) mediano l'attivazione di vie epigenetiche e non epigenetiche che modulano la degenerazione dei coni. I ricercatori hanno sviluppato nuovi inibitori di HDAC (5a-p), caratterizzati da uno scaffold di tetraidro-γ-carbolina, caratterizzati da un'elevata potenza di inibizione di HDAC6 con proprietà fisico-chimiche bilanciate per studi in vivo. Il composto 5d Repistat ha aumentato i livelli di α-tubulina acetilata rispetto all'istone H3. Il farmaco ha promosso il salvataggio della vista e la conservazione morfologica e funzionale delle cellule coniche e il mantenimento dell'array di epitelio pigmentato retinico in modelli animali. La sperimentazione è stata condotta in vitro e su modelli animali e la speranza è che in futuro REPISTAT possa essere alla base della formulazione di un nuovo farmaco, magari un collirio, capace di ritardare l’evoluzione della malattia.
“La retinite pigmentosa è una rara malattia genetica tuttora priva di una cura risolutiva, a causarla sono circa 200 mutazioni su una sessantina di geni, la cura più efficace è la terapia genica, con costi altissimi però, tanto che sono state attualmente sviluppate delle terapie solo per due mutazioni – spiega la professoressa Ilaria Piano del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa – ci sono tuttavia degli elementi che accomunano tutte le forme di retinite pigmentosa, come ad esempio i processi infiammatori, ossidativi o l’apoptosi, cioè il meccanismo che regola la morte programmata delle cellule. La molecola che abbiamo sviluppato è in grado di agire come modulatore epigenetico e attraverso questo meccanismo interviene proprio su questi processi aprendo un’opportunità per trattare su larga scala i pazienti, indipendentemente dalla mutazione genica”.