Clinica
Carcinoma cortico-surrenalico
12/11/2024

Ripresa della funzione surrenalica dopo sospensione di mitotane nel carcinoma cortico-surrenalico

La chirurgia radicale rappresenta il trattamento di prima scelta per il CCS non metastatico, a cui potrà seguire un trattamento adiuvante per ridurre il rischio di recidiva e aumentare la sopravvivenza globale

surrene

Il carcinoma cortico-surrenalico (CCS) è un tumore maligno estremamente aggressivo, con prognosi complessivamente infausta (sopravvivenza media 17 mesi) (Ehrlich MI, et al. Lancet Oncol 2024). «La chirurgia radicale rappresenta il trattamento di prima scelta per il CCS non metastatico, a cui potrà seguire un trattamento adiuvante per ridurre il rischio di recidiva e aumentare la sopravvivenza globale» riferiscono Maria Elena Aloini e Antonio Stigliano, UOC Endocrinologia, AOU Sant’Andrea, Roma.

Dopo oltre 50 anni dalla sua introduzione, il mitotane (MTT) è l’unico farmaco approvato per il trattamento del CCS, pur con dati discordanti sulla capacità di aumentare significativamente la sopravvivenza dopo chirurgia. «Le attuali linee guida sul CCS della Società Europea di Endocrinologia e del gruppo di studio europeo dei tumori surrenalici (ESE-ENSAT) raccomandano l’uso del MTT come adiuvante dopo chirurgia nei pazienti a rischio intermedio-alto di recidiva, indicando al contempo la possibilità di considerarne l’impiego anche nel caso di tumori a basso rischio» osservano gli specialisti (Fassnacht M, et al. Eur J Endocrinol 2018). «Il MTT agisce sia a livello periferico che centrale» proseguono Aloini e Stigliano: «la riduzione della steroidogenesi surrenalica e l’attivazione dell’apoptosi portano a insufficienza surrenalica primaria (ISP); inoltre MTT sembrerebbe avere anche azione inibitoria centrale sulla secrezione di ACTH, a cui si somma l’aumentata clearance del cortisolo indotta dall’azione sul CYP3A4». Ne deriva che i pazienti in terapia con MTT sviluppano insufficienza cortico-surrenalica che necessita di terapia cortico-steroidea sostitutiva, a dosaggi più elevati di quelli utilizzati normalmente nel trattamento dell’iposurrenalismo. «La zona glomerulare sarebbe maggiormente resistente all’azione adrenolitica del MTT, per cui solo un terzo dei pazienti necessita, più tardivamente, di terapia sostitutiva con mineralcorticoidi» osservano gli esperti (Daffara F, et al. Endocr Relat Cancer 2008). «I dati circa la ripresa dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) alla sospensione del MTT sono limitati: alcuni pazienti possono recuperare la funzione surrenalica e sospendere la terapia sostitutiva corticosteroidea, in tempi generalmente superiori ai due anni. Non è noto quali fattori possano predire l’eventuale ripresa, né la tempistica oltre la quale l’insufficienza surrenalica possa essere considerata permanente».

Di recente, proseguono gli specialisti, è stato pubblicato uno studio con l’obiettivo di indagare la ripresa della funzione surrenalica dopo sospensione della terapia adiuvante con MTT per CCS. «Si tratta di uno studio retrospettivo di coorte. I criteri di inclusione» riferiscono Aloini e Stigliano, «includono diagnosi istologica di CCS, trattamento adiuvante con MTT per almeno 12 mesi, assenza di malattia al momento della sospensione del farmaco e durante un follow-up della durata minima di due anni. Era consentito l’utilizzo in corso di MTT di terapia anti-tumorale sistemica adiuvante o neo-adiuvante e di radioterapia sul letto tumorale. I criteri di esclusione» continuano «comprendono la mancanza di informazioni rilevanti sulla diagnosi primaria o sul follow-up o la recidiva di malattia entro i primi 5 anni dopo l'interruzione di MTT prima del recupero surrenalico e che hanno iniziato un nuovo trattamento medico (incluso MTT). L'esito primario dello studio» commentano Aloini e Stigliano «è la frequenza e il tempo necessario per la ripresa dell’asse HPA dopo sospensione del MTT. Gli esiti secondari riguardano cambiamenti nei livelli di altri ormoni surrenalici, oltre ad aldosterone e cortisolo, dopo la sospensione del MTT. I pazienti arruolati sono 56 consecutivi (36 donne) sottoposti a terapia adiuvante con MTT, 38 (67.9%) seguiti presso centri di riferimento per la patologia surrenalica. «Tutti hanno assunto terapia sostitutiva con idrocortisone (IC) in corso di MTT, solo 8 (14.3%) hanno avuto necessità anche di fludrocortisone (FC)» riportano gli esperti. I dati raccolti, proseguono Aloini e Stigliano, includono dose cumulativa e durata della terapia con MTT, valori di mitotanemia durante e alla sospensione del farmaco; posologia della terapia sostitutiva con IC e FC; valori ormonali basali al momento della sospensione e dopo terapia con MTT (ACTH, cortisolo, aldosterone, renina, DHEAS). Solamente per 37 pazienti (66%) erano disponibili i valori di ACTH e quelli di cortisolo dopo stimolazione con ACTH 250 µg. La ripresa dell’asse è stata definita come completa per livelli di cortisolo basali ≥ 140 nmol/L (5 µg/dL) o > 500 nmol/L (18 µg /dL) dopo stimolo con ACTH, in assenza di terapia sostitutiva (e in assenza di sintomi di insufficienza surrenalica) per almeno 8 settimane, concludono gli esperti. I risultati della terapia con MTT mostrano una durata media di 25 mesi (range 23.2-44.7), con dose cumulativa totale di 2670 g (1679-3430) che corrisponde a una dose media di 2.8 g/die (1.8-3.4). «Il picco mediano più alto di mitotanemia in corso di terapia è stato di 21 mg/L (17.7-26.0)» riferiscono gli specialisti. La dose media di IC somministrata durante terapia con MTT è stata di 49.4 mg/die (41.1-53.5). «La ripresa dell’asse HPA è stata completa nel corso del follow-up nel 57.1% dei pazienti, in media entro 26 mesi dalla sospensione del MTT; nessun paziente ha mostrato un recupero dell’asse superati i 67 mesi (5.5 anni) dalla sospensione» proseguono Aloini e Stigliano. La ripresa completa dell’asse è stata più frequente nei pazienti seguiti in centri di riferimento (71% vs 27.8%). «Quattro degli otto pazienti trattati sia con IC che FC hanno ottenuto la ripresa dell’asse e 3/4 hanno potuto sospendere anche il FC. Nessun paziente con persistenza di insufficienza corticosteroidea ha potuto sospendere il FC».

«Tra i fattori potenzialmente predittivi di ripresa precoce dell’asse non hanno raggiunto la significatività statistica sesso, età, BMI, secrezione ormonale, durata della terapia e dose cumulativa media di MTT, valore di mitotanemia alla sospensione, dose di IC durante e alla sospensione del farmaco, necessità di terapia con FC, valori di ACTH e gamma-GT dopo sospensione» osservano gli esperti. Gli unici fattori che si associavano a più rapida ripresa dell’asse erano il follow-up in centri di riferimento (in media 623 vs 792 giorni) e la minore esposizione complessiva al MTT; inoltre, «valori di mitotanemia più elevati correlavano con ripresa più lenta, e livelli > 27 mg/L erano associati a mancato recupero». Tuttavia, nessuno di questi parametri ha mantenuto la significatività statistica all’analisi multi-variata.

Il meccanismo responsabile dell’insufficienza surrenalica indotta da MTT è stato indagato valutando i valori ormonali alla sospensione della terapia e al momento della ripresa dell’asse: l’84% dei pazienti alla sospensione mostrava «valori medi ai limiti inferiori del range di normalità (2.5 pmol/L) compatibili con insufficienza surrenalica secondaria (ISS), mentre solo il 16% mostrava valori > 2 volte il limite superiore di riferimento (in media 60.3 pmol/L) indicativi di ISP». Al momento della ripresa dell’asse, l’ACTH risultava significativamente più elevato che alla sospensione; per i pazienti in cui persisteva l’insufficienza surrenalica, tuttavia, non si osservava alcun incremento significativo dell’ACTH in corso di follow-up. «La renina al momento della sospensione mostrava valori medi al di sotto del range di normalità». I livelli di DHEAS alla sospensione erano inferiori ai valori di normalità e sono rimasti generalmente ridotti durante un follow-up prolungato (fino a 4 anni), anche nei pazienti in cui si è osservato il recupero della funzione surrenalica. «Il tempo medio per ottenere valori plasmatici di MTT al di sotto di 5.0, 2.0 e 1.0 mg/L dopo la sospensione del farmaco è stato, rispettivamente, di 152, 280 e 395 giorni» concludono gli esperti.

«Il razionale dello studio colma un’importante lacuna nella letteratura riguardo al follow-up e alla gestione dei pazienti affetti da CCS dopo la sospensione della terapia con MTT» osservano Aloini e Stigliano. «Fino ad oggi solo due studi avevano valutato la ripresa dell’asse HPA dopo terapia con MTT, riportando percentuali di recupero del 62.5% e 78.3%, su un totale complessivo di 57 pazienti» (Poirier J, et al. Cancers (Basel) 2020). «Il presente lavoro retrospettivo ha confermato su un campione di pazienti più ampio il recupero della funzione surrenalica alla sospensione del MTT nella maggior parte dei casi» continuano gli specialisti. «Generalmente la funzionalità dell’asse riprende entro 2 anni dalla sospensione, ma talvolta la ripresa può essere più tardiva, comunque non oltre i 5 anni, tempo trascorso il quale l’insufficienza surrenalica può considerarsi permanente» proseguono. «Il 25% dei pazienti inclusi non ha ottenuto un recupero della funzione surrenalica: tuttavia, il 33% di questi è stato seguito per meno di 2 anni, tempo inferiore al tempo medio di ripresa dell’asse dopo MTT, a indicare un potenziale di recupero». Ne deriva che «il tapering della terapia steroidea deve essere tentato per lungo tempo in tutti i pazienti, anche perché oggi non sappiamo precisamente quali fattori siano predittivi di persistenza dell’insufficienza surrenalica. Da sottolineare come la probabilità di ripresa è oltre 4 volte superiore, con tempi significativamente più brevi, quando il follow-up avviene in centri di riferimento» affermano Aloini e Stigliano. La progressiva e stringente riduzione della terapia corticosteroidea e l’attento monitoraggio sono infatti fondamentali. «La ripresa dell’asse HPA va monitorata attraverso dosaggi ormonali basali e periodici test di stimolo con ACTH» sottolineano gli specialisti. I livelli di cortisolemia mattutini potrebbero «sotto-stimare l’incidenza di insufficienza surrenalica parziale che, talvolta, può persistere anche a distanza di anni e può manifestarsi a seguito di un importante stress per l’organismo, con una crisi surrenalica potenzialmente fatale» (Muratori L, et al. Endocr Metab Immune Disord Drug Targets 2020). «La persistenza di insufficienza surrenalica parziale può essere svelata solamente tramite stimolazione con ACTH; prima di sospendere definitivamente la terapia sostitutiva corticosteroidea andrebbe quindi sempre eseguito questo test dinamico per dimostrare la completa ripresa della funzione surrenalica» specificano gli esperti. «Nel caso in cui il test sia coerente con la persistenza di insufficienza cortico-surrenalica parziale, è infatti sempre opportuno prescrivere la terapia cortico-steroidea, da assumere in concomitanza di situazioni stressanti». I dati presentati dagli autori, continuano Aloini e Stigliano, «indicano che il danno indotto dal MTT a livello dell’asse HPA è dose-dipendente: il raggiungimento di valori di mitotanemia più elevati e soprattutto la maggiore esposizione complessiva al MTT correlerebbero con una ripresa più lenta. L’assenza di studi di fase I non consente di definire un modello farmaco-cinetico e farmaco-dinamico in grado di spiegare la persistenza dell’inibizione della funzione surrenalica, che nella pratica clinica si osserva frequentemente ben oltre la sospensione del farmaco» aggiungono. Diverse ipotesi emergono dallo studio della letteratura. «Il meccanismo più spesso chiamato in causa, come già sottolineato, è un effetto inibitorio prolungato sulla secrezione di ACTH a livello ipofisario» osservano gli esperti. In alcuni pazienti, «ancor prima dell’inizio della terapia corticosteroidea sostitutiva, si assiste alla progressiva riduzione dei livelli di ACTH in corso di MTT, che rappresenterebbe una spia di danno precoce a livello ipofisario» dicono gli endocrinologi. È inoltre verosimile, rilevano, che «i livelli di MTT intra-parenchimali, sia a livello ipofisario che surrenalico, rimangano a lungo sufficientemente elevati per inibire la sintesi ormonale, anche dopo che il farmaco non risulta più dosabile nel plasma» (Muratori L, et al. Endocr Metab Immune Disord Drug Targets 2020). Nel presente studio il tempo di eliminazione, per quanto variabile, è piuttosto lungo: «in media è stato necessario oltre un anno perché il farmaco non fosse più dosabile nel plasma» osservano Aloini e Stigliano. «Questo può essere dettato dalla composizione lipofilica del MTT, «che porta ad accumulo della molecola nel tessuto adiposo dal quale viene rilasciata lentamente; è stato ipotizzato anche un accumulo del MTT a livello parenchimale (fegato, cervello, surreni). La necessità della terapia mineralcorticoidea in corso di MTT non sarebbe un fattore prognostico negativo in termini di ripresa dell’asse (sono sovrapponibili le percentuali di recupero osservate in pazienti sottoposti a sola terapia corticosteroidea o a terapia sostitutiva completa)». Rimane ancora da spiegare il meccanismo attraverso cui in alcuni pazienti persista la necessità di proseguire la terapia con FC, pur avendo sospeso l’IC. «Lo studio qui riportato presenta diversi limiti: la natura retrospettiva, il follow-up in alcuni casi troppo breve per trarre conclusioni definitive sulla reversibilità dell’insufficienza surrenalica e soprattutto la mancata disponibilità dei risultati del test di stimolo con ACTH in tutti i pazienti» evidenziano Aloini e Stigliano. «In ultima analisi, tutti questi dati testimoniano la difficoltà di trarre conclusioni sul meccanismo prevalente di insufficienza surrenalica indotta da MTT». Da ciò deriva anche la problematicità nell’interpretare correttamente il valore di ACTH durante il tapering della terapia cortico-steroidea, «che risulta quindi di scarsa affidabilità per le decisioni terapeutiche future». La valutazione tramite test dinamico rimane irrinunciabile nella definizione della ripresa dell’asse. «Il tentativo di ripristinare la funzione surrenalica residua, attraverso il tapering progressivo della terapia, ha anche il senso di ridurre il peso della terapia cronica con glucocorticoidi, sia in termini di comorbilità cardio vascolari e metaboliche, sia per l’impatto sulla qualità di vita della necessità di assumere quotidianamente i farmaci sostitutivi, in più momenti della giornata» concludono Aloini e Stigliano.

Eur J Endocrinol 2024, 190: 139–50. doi: 10.1093/ejendo/lvae007.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38244214/

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