Per “preservazione della fertilità” si intende la crio-conservazione dei gameti (spermatozoi o ovociti) o di tessuto gonadico, finalizzata al successivo utilizzo. «Allo stato attuale, le tecniche di preservazione della fertilità considerate ammissibili, e quindi a totale carico del SSN, comprendono esclusivamente donne e/o uomini che debbano sottoporsi a trattamenti gonado-tossici per patologia oncologica» ricorda Isabella Buffardi insieme alla Commissione Endocrinologia Ginecologica AME (Associazione Medici Endocrinologi) coordinata da Cecilia Motta. «A tal proposito la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) nell’ottobre 2023 ha pubblicato un documento volto all’identificazione delle principali condizioni cliniche, nella donna e nell’uomo, meritevoli di una procedura di preservazione della fertilità, e relative possibili indicazioni (Anserini P, et al. SIGO 16/10/2023).
• Patologie ovariche. 1) Endometriosi: patologia molto frequente, che interessa circa il 30-50% delle donne con infertilità, caratterizzata da localizzazione del tessuto endometriale in sede ectopica (ovaio, peritoneo, intestino, vescica, miometrio, ecc). «L'endometriosi espone le donne al rischio di interventi chirurgici multipli, che, in associazione al danno correlato alla patologia stessa, possono determinare insufficienza ovarica prematura (POI)» riporta Buffardi. Indicazioni: età < 35 anni, prima dell'intervento chirurgico per endometriosi ovarica. 2) Patologia ovarica benigna: «le cisti dermoidi (o teratomi maturi) rappresentano circa il 70% dei tumori ovarici benigni in donne < 30 anni, con tasso di recidiva dell'11% dopo chirurgia. Nel 90% dei casi sono unilaterali e lo 0.1 0.2% può subire una trasformazione maligna. Queste patologie influiscono sul potenziale riproduttivo, sia per effetto diretto a carico del parenchima ovarico sano, sia per le potenziali conseguenze iatrogene del trattamento chirurgico» riferisce la specialista. Indicazioni: a) cisti ovariche bilaterali recidivanti o unilaterali in caso di mono-ovaio; b) cisti dermoidi multiple bilaterali o unilaterali in caso di mono-ovaio, o loro recidiva; c) indicazione all'annessiectomia; d) anamnesi personale o familiare di ridotta riserva ovarica.
• Condizioni genetiche nella donna. 1) Sindrome di Turner (monosomia X (45, X) o con mosaicismo): «è frequentemente associata a disgenesia gonadica di gravità variabile, dall'infertilità, alla menopausa precoce o al mancato sviluppo puberale» prosegue Buffardi. «Nel caso di monosomia classica, si ha amenorrea primaria per degenerazione precoce dei follicoli, con le caratteristiche “streak ovaries”; nei mosaicismi, invece, si può osservare pubertà spontanea, ma con ridotta riserva gonadica». Indicazioni: s. di Turner con mosaicismo e funzione ovarica persistente dopo la pubertà. 2) Mutazione del gene FMR1 (fragile X mental retardation. 1): nel 20% delle donne portatrici di premutazione nel gene si osservano ridotta funzione ovarica e POI. Questa condizione rappresenta la causa genetica nota più comune di POI in donne con cariotipo 46,XX. Indicazioni: proposta prima dell’insorgenza della POI, considerando tuttavia il rischio di recidiva nella progenie. 3) Mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2: «entrambi sono coinvolti nei meccanismi di riparazione del DNA e le loro mutazioni aumentano il rischio di sviluppare numerose neoplasie, in particolare di mammella e ovaio. Le mutazioni di BRCA1 sembrano avere un ruolo anche nell’aumentare il rischio di POI» aggiunge l’esperta. Indicazioni: donne < 39 anni con mutazione di BRCA che non abbiano completato il percorso riproduttivo e nelle quali è consigliabile l’intervento profilattico. 4) Condizioni genetiche rare: sono state riconosciute circa una ventina di sindromi genetiche associate a POI, tra cui la galattosemia, l’anemia di Fanconi, l’anemia falciforme e la ß-talassemia (Huhtaniemi I, et al. Trends Endocrinol Metab 2018). «Queste ultime due presentano maggiore incidenza e sono caratterizzate da mutazioni a carico di geni coinvolti nella sintesi dell’emoglobina. In entrambe, le donne che raggiungono l’età riproduttiva in buono stato di salute presentano una significativa riduzione del potenziale riproduttivo, sia per frequenti danni d’organo, sia per il trattamento che prevede continue emo-trasfusioni o trapianto di midollo osseo» riporta Buffardi. Indicazioni: in tutte le condizioni deve essere prevista la possibilità di preservazione della fertilità.
• Condizioni genetiche nell’uomo. «Nei soggetti affetti da infertilità si riscontrano frequentemente anomalie cromosomiche, con incidenza tra il 2 e l’8%, che aumenta fino al 15% nei pazienti azoospermici» continua la specialista. 1) Sindrome di Klinefelter (cariotipo 47,XXY o con mosaicismo): «forma più frequente di ipogonadismo maschile e di aneuploidia cromosomica nella popolazione generale» riporta l’esperta. «Sebbene la maggior parte dei soggetti affetti presenti azoospermia, sono stati descritti casi sia di grave oligozoospermia che di concepimento spontaneo» (Terzoli G, et al. Fertil Steril 1992). Indicazioni: pazienti giovani con diagnosi precoce senza azoospermia. 2) Fibrosi cistica (mutazioni del gene CFTR): «l’alterazione della funzione riproduttiva nel maschio è determinata dall’agenesia dei vasi deferenti, che può essere bilaterale (azoospermia) o monolaterale (oligozoospermia)» continua Buffardi. Indicazioni: maschi oligozoospermici, previa consulenza genetica che definisca il rischio di trasmissione della mutazione paterna nella progenie.
• Anamnesi oncologica positiva. «La maggior parte dei chemioterapici presenta tossicità gonadica: a) quale effetto immediato si determina danno a carico dei follicoli ovarici in crescita, con apoptosi e amenorrea temporanea; b) il danno permanente è causato da perdita dei follicoli primordiali, con riduzione della riserva ovarica fino alla POI» riferisce la specialista. «È influenzato da molteplici fattori, quali l’età, il tipo di trattamento e la riserva ovarica di partenza. La valutazione del danno ovarico, al completamento delle terapie oncologiche, non è semplice: la ripresa di regolare ciclicità mestruale, i valori di gonadotropine ed estradiolo non risultano indicativi dell’entità del danno al pool dei follicoli primordiali. Indicazioni: pazienti con ripresa del ciclo mestruale, se è passato almeno un anno dal termine delle terapie oncologiche. La stimolazione ovarica è sicura anche nelle pazienti con anamnesi di tumori ormono-sensibili» (Arecco L, et al. Hum Reprod 2022).
• POI idiopatica. «Interessa donne < 40 anni e si caratterizza per il declino della funzionalità ovarica, con conseguente compromissione della fertilità» prosegue Buffardi. «Il sospetto diagnostico è dato dal riscontro di ipogonadismo ipergonadotropo, con FSH > 15 UI/L, riduzione dei livelli sierici di AMH e della conta ecografica dei follicoli antrali. Le pazienti a rischio di sviluppare POI (per familiarità, patologie genetiche o terapie gonado-tossiche) andrebbero identificate tempestivamente e indirizzate a un counseling adeguato» (Chae-Kim J, Gavrilova-Jordan L. Biomedicines 2019). Indicazioni: pazienti a rischio di POI, prima che si verifichi il declino della funzione ovarica.
• Malattie autoimmuni. «Risultano spesso associate ad alterazioni della funzione riproduttiva, sia secondarie alla malattia stessa che di natura iatrogena». Indicazioni: donne che assumono farmaci immuno-soppressori. Tuttavia, la crio-conservazione degli ovociti e del tessuto gonadico non è una procedura attualmente consigliata di routine.
• Sclerosi multipla (SM). «La valutazione della capacità riproduttiva in questi pazienti dovrebbe prendere in considerazione sia la patologia di base che i farmaci impiegati, potenzialmente dannosi» riferisce la specialista. Indicazioni: pazienti affette da SM in cui la ricerca della gravidanza deve essere rinviata per ottenere un miglior controllo della malattia e/o che debbano effettuare trattamenti incompatibili con la gravidanza o in caso di necessità di trapianto di cellule staminali.
«Sulla base di questi dati» concludono Buffardi e la Commissione Endocrinologia Ginecologica AME «la SIGO propone di inserire, nelle indicazioni alla preservazione della fertilità fornite dal SSN, sia per la procedura di raccolta dei gameti che per l’induzione della super-ovulazione, le pazienti affetti da una delle patologie non oncologiche sovra-elencate che presentino le seguenti condizioni: a) impossibilità medica, sociale o personale a cercare attualmente una gravidanza; b) età < 36 anni, poiché dopo l’efficacia della crio-conservazione dei gameti si riduce drasticamente; c) riserva ovarica ridotta ma non esaurita (valutata sulla base di parametri ecografici, dosaggio di FSH e AMH); d) condizione clinica che consenta una futura gravidanza; e) assenza di trattamenti gonado-tossici da almeno un anno; f) diagnosi e consulenza genetica (in caso di patologie genetiche)».