Mentre la medicina oncologica evolve rapidamente verso terapie sempre più personalizzate e domiciliari, la farmacia di comunità resta una risorsa largamente sottoimpiegata. A denunciarlo è un panel multidisciplinare di esperti europei, il cui lavoro è stato pubblicato sul European Journal of Cancer Care il 12 luglio 2025.
Lo studio mette in luce i numerosi gap nell’assistenza oncologica territoriale in Europa: dalle disuguaglianze nell’accesso ai farmaci e al supporto psicologico, alla mancanza di continuità tra ospedale e territorio. In questo scenario, il farmacista di comunità potrebbe diventare un alleato cruciale per i pazienti con cancro – ma servono formazione, integrazione strutturata nei team multiprofessionali e riconoscimento istituzionale.
“I farmacisti sono esperti del farmaco, ma nella percezione pubblica sono ancora troppo spesso considerati solo dispensatori di scatole”, osservano gli autori. “Eppure sono l’operatore sanitario più accessibile e spesso il primo contatto con il paziente oncologico dopo la dimissione”.
Il passaggio da farmacie orientate al prodotto a veri e propri centri di servizi sanitari di prossimità è già iniziato in diversi Paesi europei. In Spagna e Portogallo, ad esempio, alcune terapie oncologiche ad alto costo sono già distribuite dalle farmacie territoriali, con coordinamento clinico con l’ospedale.
Ma è soprattutto nella gestione dei farmaci orali antitumorali che il farmacista può giocare un ruolo decisivo: dalla spiegazione della posologia, alla gestione degli effetti collaterali, fino al monitoraggio dell’aderenza. Senza contare l’educazione dei caregiver su sicurezza, conservazione e smaltimento delle terapie.
Nonostante le potenzialità, lo studio evidenzia diversi ostacoli: la scarsa formazione oncologica nella preparazione dei farmacisti, la mancanza di linee guida condivise per la comunicazione con i pazienti, la frammentazione dei sistemi informativi che impedisce l’accesso alla storia clinica.
Secondo il panel, servono azioni coordinate a livello europeo e nazionale. Tra le raccomandazioni:
• Programmi di formazione post-laurea in oncologia per i farmacisti territoriali;
• Integrazione strutturata nei team oncologici multidisciplinari, anche per la gestione delle transizioni ospedale-territorio;
• Collaborazioni con associazioni di pazienti, per costruire relazioni di fiducia;
• Accesso ai dati clinici rilevanti, tramite fascicolo sanitario elettronico interoperabile.
“Con la carenza di personale sanitario e l’aumento della cronicità oncologica, le farmacie possono diventare un punto di contatto strategico”, sottolineano gli autori. “Non si tratta solo di distribuire farmaci, ma di migliorare l’equità, la vicinanza e la qualità della cura oncologica”.
Lo studio invita infine le istituzioni europee a considerare il ruolo dei farmacisti di comunità come leva politica per rafforzare l’oncologia territoriale. In particolare, si sottolinea l’importanza di inserire questo tema nei programmi della Missione UE sul Cancro e nei Piani oncologici nazionali.