La osteopenia della prematurità (MBDP) è un disturbo multifattoriale derivante da un alterato trasferimento minerale transplacentare e da deficit nutrizionali postnatali, che colpisce in particolare i neonati pretermine nati prima delle 32 settimane di gestazione o di peso inferiore a 1500 g. Una sfida importante nella gestione della MBDP è l'identificazione precoce dei neonati a rischio, ostacolata dalla natura asintomatica o paucisintomatica della malattia.
Una recente revisione sistematica, svolta da un team dell’Università di Catania, ha voluto approfondire lo stato dell’arte sui meccanismi fisiopatologici, i metodi diagnostici e le strategie terapeutico/preventive riguardo la malattia, concentrandosi soprattutto sul ruolo della vitamina D sulla protezione ossea e neurologica, colmando così una lacuna critica nella letteratura esistente.
Nei neonati a rischio di malattia, la impedenza bioelettrica (BIA) può supportare il processo decisionale clinico riflettendo indirettamente aspetti dello stato muscoloscheletrico nei neonati, anche se le valutazioni dirette del contenuto minerale osseo rimangono limitate in quanto estrapolazioni prese dall’adulto e non direttamente da studi sui neonati. Tuttavia, l'applicazione della BIA in questo contesto può rivelarsi estremamente utile poiché questa valutazione rapida e minimamente invasiva può fornire indicazioni precoci di neonati affetti da osteopenia, identificando così quelli che potrebbero necessitare di una maggiore integrazione vitaminica e minerale per prevenire il deterioramento osseo.
I risultati di diversi studi evidenziano il beneficio clinico dell'integrazione minerale e della vitamina D, già a partire dalla gravidanza fino alle prime fasi di sviluppo post-parto, nel corretto sviluppo osseo suggerendo che dosi più elevate nei neonati estremamente prematuri possano supportare indirettamente la mineralizzazione ossea.
Ad oggi, c'è una lacuna notevole nella letteratura scientifica tra l'associazione tra MBDP e coinvolgimento neurologico deriva dalla cascata di disturbi neurofisiologici derivanti da squilibri nei sistemi biochimici, tuttavia sono stati osservati diversi effetti protettivi della vitamina D e dell'integrazione minerale. In particolare, i neonati con livelli più bassi di vitamina D nel sangue del cordone ombelicale hanno dimostrato un rischio maggiore di disabilità intellettiva e ritardo dello sviluppo psicomotorio, in questo senso l'integrazione con vitamina D sembra offrire benefici neuroprotettivi, potenzialmente attraverso le sue proprietà antinfiammatorie, immunomodulatorie e antiossidanti, che possono mitigare lo stress ossidativo e supportare la salute neuronale.
Il monitoraggio dei livelli sierici di ALP e l’esecuzione della BIA sembrano essere due strumenti fondamentali per la gestione precoce della malattia, migliorando i risultati sia scheletrici che neurologici.
Interventi preventivi, tra cui l'integrazione precoce di calcio, fosforo e, in particolare, vitamina D, hanno dimostrato miglioramenti nel metabolismo osseo e nei parametri di crescita. L'ottimizzazione di questi livelli può non solo migliorare la salute ossea, ma anche conferire diversi benefici neuroprotettivi.
Tuttavia, permangono diverse sfide. La variabilità nel dosaggio ottimale e nella tempistica dell'integrazione e i cambiamenti dei marcatori biochimici durante il periodo neonatale complicano la diagnosi precoce visto anche che mancano criteri diagnostici chiari. Inoltre, sono necessari studi per convalidare i modelli proposti, stabilire intervalli di riferimento specifici per età e chiarire gli esiti neurologici a lungo termine.
Affrontare queste lacune non solo migliorerà la salute scheletrica, ma potrebbe anche avere implicazioni significative per preservare la funzione cognitiva e il neurosviluppo.
Matteo Vian