Clinica
Neurologia
29/04/2025

Emorragia cerebrale, effetti del controllo intensivo della pressione arteriosa

La riduzione intensiva della pressione arteriosa sistolica dopo un'emorragia cerebrale non aumenta il rischio di lesioni ischemiche cerebrali di piccolo volume

sclerosi multipla cervelli

Uno studio pubblicato su “JAMA Neurology” ha dimostrato che la riduzione intensiva della pressione arteriosa sistolica dopo un'emorragia cerebrale (ICH) non aumenta il rischio di lesioni ischemiche cerebrali di piccolo volume rispetto a un controllo più permissivo. Il trial ICHADAPT-2 ha coinvolto 79 pazienti e ha confrontato un target pressorio inferiore a 140 mmHg con un obiettivo meno restrittivo di 180 mmHg, senza rilevare differenze significative nella formazione di lesioni ischemiche rilevate tramite risonanza magnetica cerebrale (imaging pesato in diffusione, DWI) a 48 ore dall'evento, secondo i ricercatori guidati da Ken Butcher, dell'Università del New South Wales e del Prince of Wales Hospital di Sydney.

Il timore principale associato alla riduzione aggressiva della pressione arteriosa nell'ICH è il possibile calo della pressione di perfusione cerebrale, con conseguente ischemia. Tuttavia, i risultati dello studio non supportano l’ipotesi che un controllo intensivo della pressione possa innescare danni ischemici.

L'ICHADAPT-2 è stato condotto in tre centri tra il 2012 e il 2022, coinvolgendo 162 pazienti con ICH insorto entro sei ore, pressione sistolica superiore a 140 mmHg e randomizzati a due strategie terapeutiche. L'analisi finale ha incluso solo 79 pazienti con risonanza magnetica cerebrale effettuata a 48 ore. Il gruppo con target più basso ha mantenuto una pressione media di circa 140 mmHg, mentre il gruppo con target meno restrittivo ha registrato valori appena inferiori a 160 mmHg. I pazienti con target sistolico inferiore a 140 mmHg hanno mostrato un’incidenza di lesioni DWI paragonabile a quella del gruppo meno restrittivo (31% contro 38%), con volumi medi di lesione inferiori a 1 mL. Inoltre, nei controlli a 7 e 30 giorni non sono emerse nuove lesioni dovute al trattamento.

Un editoriale di accompagnamento, firmato da Jessica Magid-Bernstein, della Yale School of Medicine di New Haven, e Santosh Murthy, della Weill Cornell Medicine di New York, ha sottolineato che il trial non ha considerato la presenza di patologie dei piccoli vasi cerebrali, spesso correlate alle lesioni DWI. Gli autori suggeriscono che la definizione di target pressori personalizzati sulla base di dati fisiologici possa essere la strategia ottimale per la gestione post-ICH, anche se attualmente tale approccio non è applicabile su larga scala.

I risultati dello studio confermano le raccomandazioni attuali, che indicano un target sistolico tra 130 e 140 mmHg nella fase acuta dell'ICH. Sebbene il trial abbia subito limitazioni metodologiche, come l’impossibilità di completare l’arruolamento previsto dopo dieci anni, la sua conclusione rafforza l'idea che la gestione intensiva della pressione arteriosa sia sicura. Resta comunque aperta la questione della correlazione tra lesioni DWI e patologie preesistenti. Gli autori suggeriscono che studi futuri potrebbero colmare queste lacune, integrando la risonanza magnetica cerebrale precoce nei registri e nelle pratiche cliniche standard. Nonostante le limitazioni, lo studio evidenzia che l’abbassamento intensivo della pressione arteriosa non sembra avere un impatto negativo sulla perfusione cerebrale nella maggior parte dei casi.

JAMA Neurol. 2025 Apr 21:e250586. doi: 10.1001/jamaneurol.2025.0586. Epub ahead of print.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40257759/

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