Uno studio retrospettivo ha evidenziato che l'infezione da COVID-19 nei bambini e adolescenti è associata a un aumento del rischio di sviluppare esiti renali avversi a lungo termine, in particolare nei pazienti già affetti da malattia renale cronica (CKD) o danno renale acuto (AKI). Questa indagine, considerata tra le più complete sull'argomento, sottolinea l'importanza di un monitoraggio continuo della salute renale nei giovani che hanno contratto il virus.
L'analisi è stata condotta da Yong Chen, dell'Università della Pennsylvania (Stati Uniti), insieme ai suoi collaboratori, utilizzando dati provenienti da 19 istituzioni sanitarie nell'ambito dell'iniziativa NIH RECOVER. Lo studio ha esaminato quasi due milioni di individui sotto i 21 anni di età, suddivisi tra coloro che avevano contratto il virus e quelli che non avevano avuto infezione. La durata del follow-up è stata di due anni, con conclusione il 1° dicembre 2024. I risultati hanno mostrato che l'infezione da SARS-CoV-2 era correlata a un aumento del rischio di insorgenza di CKD di grado 2 o superiore (HR 1,17) e di grado 3 o superiore (HR 1,35). Inoltre, nei bambini già affetti da CKD o AKI, il virus ha incrementato il rischio di eventi renali compositi.
Nei giovani con CKD preesistente, è stato osservato un incremento della probabilità di una riduzione della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) di almeno il 30%, sia nei primi mesi dopo l’infezione sia nel lungo termine. Nei pazienti pediatrici con AKI, il rischio di declino dell'eGFR risultava elevato per diverse soglie di riduzione: almeno il 50% nei primi mesi post-infezione e nel periodo successivo, almeno il 40% e il 30% con un andamento simile.
Sebbene non siano del tutto chiari i meccanismi alla base di questi fenomeni, i ricercatori ipotizzano che il virus possa avere effetti diretti sui reni, determinare un'infiammazione cronica con ripercussioni sulla stabilità emodinamica, o essere associato a interventi terapeutici invasivi utilizzati per trattare i casi più gravi di COVID-19. Inoltre, fattori economici e sociali derivanti dalla pandemia potrebbero aver contribuito agli esiti osservati.
Gli autori sottolineano la necessità di condurre ulteriori studi per comprendere le interazioni tra questi diversi elementi e il loro impatto sulla funzionalità renale nel tempo. Suggeriscono, inoltre, di adottare modelli di esposizione dinamica, confrontando pazienti infettati con individui inizialmente non esposti che successivamente contraggono il virus, e di indagare gli effetti cumulativi delle reinfezioni sulla funzione renale.
Infine, gli studiosi riconoscono la possibilità di errori di classificazione nelle diagnosi di CKD e AKI, evidenziando la difficoltà nel determinare se il rischio aumentato sia una conseguenza diretta dell’infezione da SARS-CoV-2 o se rifletta una vulnerabilità generale nei pazienti pediatrici con patologie renali preesistenti.
JAMA Netw Open. 2025 Apr 1;8(4):e254129. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2025.4129.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40214993/