Gli agonisti recettoriali del glucagon-like peptide 1 (GLP-1 RA) sono tra i farmaci più utilizzati per il trattamento dell’obesità; liraglutide e semaglutide sono stati approvati con questa specifica indicazione. «La formulazione iniettiva può rappresentare un ostacolo in alcuni pazienti», afferma Marco Grasso con i componenti della Commissione Obesità AME (Associazione Medici Endocrinologi), coordinata da Marco Chianelli. «È presente in commercio una formulazione orale di semaglutide per la terapia del diabete (DM) 2, ma va assunta a digiuno, 30 minuti prima del pasto e la dose di 14 mg attualmente disponibile è meno efficace della formulazione iniettiva sul calo ponderale».
«Orforglipron è un potente agonista parziale del recettore del GLP-1, non peptidico, orale, a monosomministrazione giornaliera, in fase di sviluppo per il trattamento del sovrappeso e del DM2», aggiungono gli esperti. «Ha un maggior effetto sulla via di segnale dell’AMP ciclico che sul reclutamento della β-arrestina, che regola l’internalizzazione del recettore. Tale caratteristica potrebbe determinare una desensibilizzazione inferiore rispetto agli agonisti pieni del recettore del GLP-1 e quindi una minor riduzione nel tempo della sua efficacia» (Kawai T, et al. Proc Natl Acad Sci USA 2020).
Di recente è stato pubblicato uno studio «con l’obiettivo di valutare efficacia e sicurezza di orforglipron in adulti non diabetici con obesità o sovrappeso» riferiscono Grasso e colleghi. Questo il disegno: «RCT vs placebo, di fase 2, multi-centrico, a gruppi paralleli, condotto in Canada, USA e Ungheria». I criteri di inclusione: «età 18-75 anni; BMI ≥ 30 kg/m2 o 27-30 con almeno una delle seguenti condizioni: ipertensione, dislipidemia, malattia cardio-vascolare (CV), OSAS; peso stabile (variazioni ≤ 5%) nei 3 mesi precedenti la randomizzazione», riportano gli esperti. «Criteri d’esclusione: DM; precedente chirurgia bariatrica, trattamento con GLP-1 RA o farmaci per l’obesità nei 3 mesi precedenti; anamnesi positiva per pancreatite, colelitiasi, depressione o patologia psichiatrica grave; anamnesi familiare o personale di MEN-2A, MEN-2B o carcinoma midollare della tiroide».
« I partecipanti erano randomizzati a orforglipron (12 mg, 24 mg, 36 mg, 45 mg) o placebo per 36 settimane», riferiscono Grasso e colleghi. «La dose di partenza era 2 mg o 3 mg, con successivi incrementi specifici per ogni coorte di appartenenza. Il farmaco era somministrato al mattino, senza restrizioni sull’orario dei pasti». End-point primario: variazione percentuale di peso alla 26° settimana rispetto al basale. End-point secondari: variazione percentuale di peso alla 36° settimana; variazione assoluta di peso, BMI e circonferenza vita alle settimane 26° e 36°.
Queste le caratteristiche dei partecipanti: «randomizzati 272 soggetti, età media 54.2 anni; donne 59%; caucasici 91%; peso medio 108.7 kg, corrispondente a BMI medio di 37.9 kg/m2, senza differenze rilevanti tra i vari gruppi», riferiscono gli esperti.
Ed ecco i risultati rispetto al placebo. «La percentuale di partecipanti che hanno completato lo studio era simile nei diversi gruppi» riportano Grasso e colleghi. Circa gli esiti correlati al peso: «dopo 26 settimane: calo ponderale dose-dipendente del 6.5-10.6% vs 2% (da -6.9 a -11.2 kg), che proseguiva fino alla 36° settimana (9.4-14.7% vs 2.3%) senza apparentemente raggiungere un plateau; dopo 36 settimane: maggior riduzione del BMI di 2.5–4.6 kg/m2 e della circonferenza vita di 5.6-9.6 cm; calo ponderale ≥ 5% 72-90% vs 24%; ≥ 10% 46-75% vs 9%; ≥ 15% 22-48% vs 1%».
Passando agli esiti cardio-metabolici: «pressione sistolica: riduzione maggiore (-10.1 mmHg vs -1.8 mmHg a 36 settimane); pressione diastolica: non differenze significative; frequenza cardiaca: aumentata in tutte le coorti con orforglipron (+3.2-7.4 bpm vs −1.8 bpm); lipidi: maggior riduzione di colesterolo totale, LDL e trigliceridi e minor riduzione di HDL» riportano gli specialisti.
Infine, gli esiti di sicurezza: «percentuale di pazienti con eventi avversi: 86-90% vs 76%; gli eventi più comuni erano di tipo gastro-intestinale (nausea 37-58% vs 10%; vomito 14-32% vs 6%). La maggior parte era di intensità lieve o moderata, compariva durante l’aumento della posologia, era transitoria e si risolveva con la sospensione. L’incidenza era maggiore tra i partecipanti che partivano da 3 mg anziché 2 mg e che aumentavano la posologia con cadenza settimanale (anziché ogni 2 o 3 settimane); non vi erano differenze significative per alterazioni degli indici di funzione epatica o della calcitonina, pancreatite o eventi avversi gravi» riferiscono Grasso e colleghi.
«Questo studio era progettato per determinare dose terapeutica, dose di partenza e schema di incremento posologico per i trial di fase 3» osservano Grasso e colleghi. «I risultati hanno permesso di individuare come una minore dose di partenza e un più lento incremento della posologia fossero le modalità di assunzione migliori per ridurre gli eventi avversi».
«Efficacia e sicurezza», proseguono gli esperti, «erano simili a quelle dei GLP-1 RA già approvati per il calo ponderale: liraglutide 3.0 mg/die sc nel trial SCALE Obesity and Prediabetes ha mostrato un calo ponderale dell’8% dopo 56 settimane (Pi-Sunyer X, et al. N Engl J Med 2015); semaglutide 2.4 mg/settimana sc nel trial STEP 1 ha ottenuto un calo ponderale del 14.8% dopo 68 settimane (Wilding JPH, et al. N Engl J Med 2021); semaglutide orale 14 mg/die nel trial PIONEER 1 in pazienti con DM2 ha mostrato un calo ponderale di 3.7 kg dopo 26 settimane (Aroda VR, et al. Diabetes Care 2019); semaglutide orale 25 o 50 mg/die nel trial PIONEER PLUS ha mostrato un calo ponderale del 7.3% e dell’8.5% rispettivamente, dopo 68 settimane» (Aroda VR, et al. Lancet 2023).
«Come altri GLP-1 RA, orforglipron si è associato a miglioramento della pressione arteriosa e del profilo lipidico, ma il beneficio CV complessivo rimane da investigare» commentano Grasso e colleghi. «Complessivamente, l’entità del calo ponderale osservato soddisfa gli obiettivi raccomandati dalle linee guida ma con i limiti di uno studio di fase 2, principalmente un campione relativamente ridotto e omogeneo. Ulteriori approfondimenti sono quindi necessari per confermare tali benefici» concludono gli esperti.
N Engl J Med 2023 Sep 7;389:877-88. doi: 10.1056/NEJMoa2302392.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37351564/