Professione medica
Amiloidosi cardiaca
16/12/2024

Amiloidosi cardiaca, il primo documento di consenso per gestione dei pazienti

Al Congresso Sic, è stato presentato il documento mentre sul fronte terapeutico, è atteso nel 2026 il primo farmaco in grado di spegnere il gene all'origine della patologia

Cardiologo cuore

L’amiloidosi cardiaca è una malattia dai mille volti, che si mimetizza e non viene riconosciuta, con ritardi diagnostici che possono arrivare a 4-5 anni. Ma per chi ne soffre arrivano nuove speranze dall'85esimo Congresso della Società italiana di cardiologia (Sic), appena concluso a Roma. Da un lato è pronto il primo documento di consenso per la gestione e la presa in carico dei pazienti, uno strumento utile a evitare l'odissea che in troppi sono costretti a vivere per ottenere una diagnosi e quindi una cura. E poi, sul fronte terapeutico, è atteso nel 2026 il primo farmaco in grado di 'spegnere' il gene all'origine della patologia.

Il documento è stato realizzato dalla Sic e dall'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco), è stato appena pubblicato sul 'Giornale italiano di cardiologia' ed è stato presentato al congresso capitolino. "Con questa pubblicazione, basata sulle linee guida internazionali - spiega Gianfranco Sinagra, presidente eletto Sic e direttore della Scuola di specializzazione e della Struttura complessa di Cardiologia dell'Università di Trieste - nasce la prima rete italiana e il primo Pdta nazionale, che ne è il braccio operativo, dedicato all'amiloidosi cardiaca, per garantire l'accesso alle cure in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Il documento chiarisce, in particolare, e che sono posti a totale carico del Servizio sanitario nazionale i trattamenti sanitari, già previsti dai Lea o qualificati salvavita, compresi in ambito di diagnosi anche gli accertamenti genetici sui familiari, le prestazioni correlate al monitoraggio clinico, le terapie farmacologiche, anche innovative, le cure palliative, le prestazioni di riabilitazione e i percorsi assistenziali territoriali".

"Le difficoltà che si incontrano nell'individuare tempestivamente la malattia e il ruolo centrale del cardiologo hanno gettato le basi per la creazione del documento 'Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per i pazienti con amiloidosi cardiaca' - afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente della Sic e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Università Federico II di Napoli - Il documento di consenso costituisce uno standard nazionale al quale poter fare riferimento per superare le principali criticità legate alla grande eterogeneità delle realtà sanitarie regionali, alla mancanza di specifiche strutture in molti centri (anatomia patologica, genetica, proteomica, ma anche immunofissazione e catene leggere libere), alla subottimale collaborazione tra territorio e centri di riferimento, alla difficoltà nella pratica clinica di realizzare una reale presa in carico globale e multidisciplinare, alla difficoltà di concentrare in un singolo centro un numero di pazienti sufficiente per acquisire esperienza e competenza gestionale clinica. Il Pdta consentirà la condivisione e il confronto di esperienze e promuoveranno appropriatezza, buone pratiche cliniche ed equità".

"L'amiloidosi cardiaca - illustra Giuseppe Limongelli, Unità operativa Malattie rare cardiovascolari dell'Ospedale Monaldi di Napoli e direttore del Centro di coordinamento malattie rare della Regione Campania - è una malattia rara causata da una mutazione nel gene transtiretina, che comporta un accumulo di proteine anomale configurate come fibrille amiloidi in più organi, incluso il cuore che è tra i distretti più colpiti, con progressiva perdita della sua funzionalità. A causa dei sintomi non specifici della malattia e per la possibilità di sovrapporsi ad altra cardiomiopatie, la diagnosi di questa rara e complessa patologia può diventare un'odissea. Dall'insorgenza della malattia alla sua corretta individuazione possono passare fino a oltre 4 anni e, di conseguenza, la somministrazione delle terapie inizia in ritardo con un impatto molto significativo sulla prognosi".

Oggi l'amiloidosi cardiaca da transtiretina può essere affrontata con più successo, evidenziano i cardiologi. "Esiste già - ricorda la Sic - un farmaco 'Rna interferente' approvato in maniera specifica per contrastare i danni cardiaci da amiloidosi. La molecola, già disponibile in Italia, si chiama patisiran e stabilizza la proteina transtiretina in modo tale da prevenire la formazione di depositi amiloidi nel cuore". Una nuova arma è però all'orizzonte: "È il vutrisiran, molecola già autorizzata in Italia per il trattamento dell'amiloidosi neuropatica, ma non ancora approvata per la cardiomiopatia associata e che potrebbe essere introdotta nel 2026", prospetta Sinagra.

"Il nuovo farmaco, somministrato per via sottocutanea e basato sulla tecnologia dell'Rna interferente, silenzia il gene chiave della malattia bloccando la sintesi della proteina" transtiretina "prima che venga prodotta" e possa accumularsi. "In base ai risultati dello studio Helios-B, vutrisiran riduce il rischio di mortalità e migliora la qualità di vita dei pazienti, offrendo una valida alternativa a coloro che non rispondono ai trattamenti attuali", conclude Perrone Filardi.

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