Negli ultimi anni la chirurgia per l'instabilità di spalla è cambiata notevolmente. Fino agli anni '80 il quadro clinico di instabilità recidivante era trattato chirurgicamente a cielo aperto, con tecniche quali le capsuloplastiche o gli interventi di Latarjet/Bristow. Con l'innovazione dell'artroscopia applicata anche alla spalla, negli anni '90 tale tecnica divenne il trattamento più indicato e più anatomico per garantire la "restitutio ad integrum" dal danno capsulo-legamentoso e labbrale.
Negli anni successivi, vari lavori scientifici misero in evidenza i limiti dell'artroscopia, dimostrandone la non validità in alcuni casi di instabilità. Venivano sottolineati i fallimenti in casi di danno osseo glenoideo (Bony Bankart) superiore al 20% o in alcuni casi di danno osseo omerale (Hill-Sachs) in pazienti molto giovani e lassi. Questo stato di variabilità nei risultati ha creato non poche difficoltà nel consigliare il corretto trattamento in pazienti molto giovani, praticanti sport da contatto e con elevato numero di episodi di lussazione.
Nel 2007 Balg e Boileau hanno provato a definire un algoritmo di trattamento per questa patologia pubblicando uno score numerico che poteva essere di orientamento nei casi di instabilità, definito ISIscore. Dati anamnestici, clinici e radiografici erano utilizzati per guidare il chirurgico ortopedico nel dare indicazione alla chirurgia artroscopica o a cielo aperto. Nello score erano considerati età, livello di sport praticato (agonistico o non), tipo di sport (da contatto o non da contatto), presenza o meno di lassità legamentose, presenza di danni ossei glenoidei e omerali valutati con studio radiografico. Su un totale di 10 punti, se lo score dimostrava un valore pari a 6 o superiore, il paziente era candidato alla chirurgia a cielo aperto, nel caso di valore inferiore a 6 era indicata l'artroscopia. In realtà anche questo score è stato ritenuto non sufficiente a definire la corretta indicazione al trattamento da molti lavori scientifici pubblicati dopo il 2007, tanto da abbassare il valore di "cut-off" a 4, forse proprio perché imprecisa la valutazione del danno osseo.
A cambiare ancora una volta le sorti del trattamento dell'instabilità è arrivato il concetto di "Glenoid Track" di Yamamoto (2007). Il "Glenoid Track" descrive il percorso che la testa omerale compie durante il movimento di abduzione ed extrarotazione sulla glena. Grazie a questo concetto si è potuto valutare il danno osseo sia omerale sia glenoideo in contemporanea. Yamamoto nel suo lavoro definiva anche come calcolare, con valore numerico lineare, l'estensione di questa area (Fig.1). Il Glenoid Track è pari all’83% della larghezza della glenoide nel punto di massima larghezza di questa (zona equatoriale). La formula per calcolare tale valore è:
Grazie a questo concetto nel 2014 Di Giacomo, Itoi e Burkhart pubblicavano il lavoro che ridefiniva le lesioni Hill-Sachs da "engaging"/"non engaging" in lesioni "on-track / off-track". Per lesione Hill-Sachs "engaging", Burkhart e De Beer definiscono una lesione da impatto della testa omerale postero-superiore, che si incastra sul bordo antero-inferiore della glena, durante il movimento di abduzione ed extrarotazione, favorendo la lussazione della spalla. La lesione Hill-Sachs "non engaging" non ha tale tipo di particolarità. Nella pubblicazione di Di Giacomo et al. viene definita la lesione Hill-Sachs "on-track", una lesione che rimane localizzata all'interno del track glenoideo e quindi stabile. La lesione "off-track", invece, va oltre il track glenoideo e quindi instabile. L'aspetto più interessante del lavoro è che spiega come misurare questi valori con dati numerici anche in caso di presenza di "bone loss" glenoideo. Da quanto sopra deriva la formula del nuovo Glenoid Track in caso di bone loss glenoideo:
Questo valore numerico dà una definizione chiara del glenoid track nel caso di deficit osseo glenoideo. Il lavoro, inoltre, per definire i danni ossei in caso di instabilità come "on-track" o "off-track" introduce anche il concetto di "Hill-Sachs interval". Si tratta di un valore numerico ottenuto dalla misura di una linea che viene tracciata, su studio TC, dalla inserzione dell'infraspinato fino al margine più mediale della Hill-Sachs, nel punto in cui la Hill-Sachs ha la massima estensione.
In sintesi, una lesione può definirsi "on-track" quando il valore dell'"Hill-Sachs interval" è inferiore al valore del "Glenoid Track". Di contro in una lesione "off-track", "l'Hill-Sachs interval" è maggiore del valore del "Glenoid Track".
È opinione comune che sia difficile eseguire questi calcoli, ma in realtà non lo è. Infatti, se si ha un esame TC eseguito correttamente e se si hanno chiari i concetti esposti precedentemente, tutto diventa semplice.
Il consiglio pratico è quello di usare l'esame TC della spalla affetta e di valutare la Glena e il "Glenoid Track" dall'immagine sagittale usando il metodo del "Best fit Circle". Con questa metodica si disegna un cerchio con al centro il "bare spot" glenoideo, che segue il margine posteriore e inferiore della Glena. Da questo abbiamo la possibilità di tracciare la linea di diametro (D= diametro glenoideo) passante sul "bare spot" e valutare, quindi, il deficit glenoideo (DG= deficit glenoideo) (Fig.2) Con questi valori saremo in grado di calcolare il new Glenoid Track (nGT). Dalla immagine in assiale TC della testa omerale è possibile, invece, ottenere il valore "Hill-Sachs interval" (Fig.3). Questi due valori numerici ci consentono di definire le lesioni ossee "on-track" o "off-track" nella spalla instabile.
In conclusione, ritengo che il calcolo dei difetti ossei sia semplice e che sia molto utile per poter dare la corretta indicazione al trattamento chirurgico nei casi di instabilità recidivante. I danni ossei rimangono, comunque, non gli unici valori a doversi considerare importanti. Bisogna, infatti, arrivare alla corretta indicazione chirurgica, valutando con attenzione il quadro anamnestico, clinico e radiologico oltre alle esigenze del paziente per scegliere, caso per caso, la tecnica più adatta alla risoluzione del problema.
Dott. Andrea De Vita
Concordia Hospital Roma