L'artrosi femoro-rotulea è una condizione degenerativa che colpisce l'articolazione tra il femore e la rotula, spesso riscontrata all'interno di un quadro di artrosi generalizzata del ginocchio, ma che in alcuni casi può manifestarsi anche come patologia isolata. La sua presenza è rilevata nel 25% della popolazione asintomatica di età superiore ai 20 anni, con una prevalenza maggiore nelle donne. I sintomi tendono a manifestarsi intorno ai 40-50 anni, spesso in modo graduale.
Cause e fattori di rischio
Le cause principali dell’artrosi femoro-rotulea includono fattori post-traumatici (9%), come lesioni o fratture del ginocchio, e condizioni metaboliche come la condrocalcinosi (9%), una patologia che comporta la deposizione di cristalli di calcio nelle articolazioni. L'instabilità rotulea è un'altra causa comune, rappresentando il 33% del totale. Tuttavia, la forma più diffusa è quella primaria o idiopatica, che si verifica senza una causa apparente nel 49% dei casi.
Diversi fattori predisponenti possono contribuire allo sviluppo dell’artrosi femoro-rotulea. Tra questi, la displasia trocleare è presente nel 78% dei pazienti e comporta una conformazione anomala della troclea femorale, che rende la rotula più suscettibile ad episodi di lussazione. Anche la rotula alta, una condizione in cui la rotula è posizionata più in alto rispetto alla norma, e una maggiore distanza tra la tuberosità tibiale anteriore e il solco trocleare (TA-GT) sono considerati fattori di rischio significativi.
Sintomi e diagnosi
I pazienti affetti da artrosi femoro-rotulea spesso lamentano dolore nella regione anteriore del ginocchio, che tende ad aggravarsi durante attività come salire le scale, accovacciarsi, o alzarsi da una posizione seduta. Questo dolore può essere descritto come un disagio persistente e a volte lancinante, e può influire notevolmente sulla qualità della vita quotidiana. Alcuni individui riportano anche rigidità o episodi di instabilità, causati dall'inibizione del muscolo quadricipite, che può essere legata al dolore o a una debolezza riflessa.
La diagnosi dell'artrosi femoro-rotulea richiede una valutazione approfondita della storia clinica del paziente, con particolare attenzione a eventuali traumi precedenti, episodi di lussazione della rotula o fratture pregresse. L'esame obiettivo mira a valutare la mobilità della rotula, identificare segni di instabilità e osservare l'eventuale presenza di crepitii o limitazioni del movimento.
Esami strumentali
Per confermare la diagnosi, si ricorre a vari esami strumentali. La radiografia rappresenta il primo passo e viene eseguita in diverse proiezioni, tra cui la antero-posteriore, assiale a 45° e postero-anteriore secondo Rosemberg, per ottenere una visione completa dell'articolazione. La tomografia computerizzata (TC) è utile per valutare con precisione la distanza TA-GT, la presenza di osteofiti e per lo studio torsionale dell’intero arto inferiore, mentre la risonanza magnetica (RM) permette di valutare lo stato della cartilagine e di rilevare eventuali lesioni ossee, note come "bone marrow lesions".
Secondo la classificazione di Iwano (FIg. 1), basata sulla riduzione dello spazio articolare visibile alla radiografia assiale, l'artrosi femoro-rotulea può essere suddivisa in quattro gradi, che vanno da una leggera riduzione dello spazio (grado 1) fino a una quasi totale scomparsa dello spazio articolare (grado 4).
Trattamento conservativo
Il trattamento iniziale dell’artrosi femoro-rotulea è di tipo conservativo e mira a ridurre i sintomi migliorando la funzionalità del ginocchio. La riabilitazione prevede esercizi di rinforzo muscolare, in particolare per il quadricipite e i muscoli che stabilizzano la rotula, associati a tecniche per il recupero dell’arco di movimento. L’utilizzo di tutori, bendaggi adesivi (taping) o ortesi specifiche può essere utile per migliorare la stabilità e ridurre il dolore.
Le infiltrazioni intra-articolari sono un'opzione terapeutica ampiamente utilizzata. Queste possono includere l'acido ialuronico, il plasma ricco di piastrine (PRP) o le cellule mesenchimali derivate da tessuto adiposo o midollo osseo.
Trattamento chirurgico
Quando il trattamento conservativo non offre risultati soddisfacenti, si può ricorrere a opzioni chirurgiche non protesiche. Queste includono tecniche rigenerative o riparative della cartilagine, utilizzate prevalentemente nei pazienti più giovani con lesioni condrali severe. L'obiettivo è quello di ritardare la progressione dell'artrosi e preservare il più possibile l'articolazione.
La facetectomia laterale è una delle procedure chirurgiche più comunemente impiegate per questa patologia. È indicata nei casi di artrosi femoro-rotulea isolata di grado moderato-severo (Iwano 3) associata a impingement laterale, e consiste nella resezione di una porzione della faccetta laterale della rotula per ridurre il conflitto e il carico articolare. L’intervento può essere eseguito in artroscopia o a cielo aperto mediante artrotomia, e prevede la resezione ossea verticale di 10-15 mm del margine laterale rotuleo. Gli studi indicano un'elevata percentuale di successo a 10 anni di follow-up, con riduzione del dolore e miglioramento della funzionalità. Tuttavia, la versione artroscopica è tecnicamente più complessa e comporta un rischio maggiore di resezioni insufficienti.
Altre opzioni includono l'osteotomia di assottigliamento rotuleo (patellar thinning osteotomy), che riduce lo spessore della rotula senza intaccare la cartilagine, limitando il contatto durante la flessione del ginocchio. Questa procedura è particolarmente indicata nei casi di artrosi localizzata.
Nei pazienti con lesioni distali e laterali della rotula con TA-GT alterato, l'osteotomia con anteromedializzazione della tuberosità tibiale anteriore (TTO) può rappresentare un'opzione efficace. Questa procedura, quando utilizzata da sola, affronta indirettamente difetti condrali e artrosi precoce spostando il vettore dell’apparato estensore lontano dall'area interessata, riducendo così funzionalmente il carico su di essa. Tuttavia, sempre più spesso, la TTO viene utilizzata in combinazione con procedure di riparazione e rigenerazione condrale come l'impianto autologo di condrociti (ACI), il trapianto osteocondrale autologo o allogenico (OCA) e gli scaffold osteocondrali al fine di proteggere la cartilagine restaurata da eventuali nuove lesioni.
Conclusione
La scelta del trattamento per l’artrosi femoro-rotulea deve essere personalizzata, valutando attentamente il quadro clinico del paziente, la gravità dei sintomi e le caratteristiche anatomiche dell’articolazione. La gestione conservativa rappresenta sempre la prima linea di intervento, mentre le opzioni chirurgiche devono essere riservate ai casi che non rispondono alle terapie tradizionali.
Le tecniche chirurgiche non protesiche offrono una soluzione efficace per migliorare i sintomi e preservare l’articolazione, mantenendo la possibilità di ricorrere in futuro a interventi più invasivi come la sostituzione protesica parziale o totale del ginocchio.
Fig. 1 Iwano classification
Fig. 2 Facetectomia laterale
Fig. 3 Patellar thinning osteotomy
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Francesco Puglia
U.O.C. Ortopedia e Traumatologia Pediatrica, ASST Gaetano Pini/CTO, Piazza Cardinal Ferrari 1, 20122 Milan, Italy