Una settimana senza social media è associata a un netto miglioramento di depressione, ansia e insonnia nei giovani adulti. Lo evidenzia uno studio pubblicato su JAMA Network Open, condotto su quasi trecento partecipanti tra 18 e 24 anni.
Durante la settimana di “social media detox”, i sintomi depressivi si sono ridotti del 24,8%, quelli di ansia del 16,1% e quelli di insonnia del 14,5%. Lo studio non rileva invece un impatto significativo sulla solitudine. Gli autori segnalano che l’intervento è risultato più efficace nei giovani con sintomi iniziali più elevati, con ampiezze dell’effetto comprese tra −0,66 e −0,97.
Il protocollo ha previsto due settimane di osservazione iniziale, con monitoraggio passivo tramite smartphone e compilazione quotidiana di scale standardizzate (PHQ-9, GAD-7, ISI, UCLA-LS). Nella fase di osservazione il tempo medio trascorso sui social era di 1,9 ore al giorno. I partecipanti potevano poi aderire a una settimana senza utilizzo di cinque piattaforme: Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok e X. In questa fase, l’uso giornaliero è sceso in media a 0,5 ore, con un calo statisticamente significativo.
Durante il detox, inoltre, il tempo totale davanti allo schermo è aumentato leggermente (+4,5%), così come il tempo trascorso a casa (+6,3%). Gli autori precisano però che tali variazioni sono modeste rispetto alla variabilità quotidiana registrata.
Secondo i ricercatori, l’associazione osservata tra riduzione dei sintomi e astensione dai social sembra legata più alla qualità dell’utilizzo che al semplice tempo trascorso sulle piattaforme. Nello studio, infatti, i comportamenti considerati problematici risultano più associati alla gravità dei sintomi rispetto al volume totale di utilizzo. Le analisi su scale specifiche (PUSNS, BSMAS, NSMCS) confermano questa relazione in modo coerente.
Gli autori ipotizzano che l’assenza di effetti sulla solitudine possa dipendere dal ruolo sociale delle piattaforme, che in alcuni casi favoriscono il senso di connessione. Lo studio sottolinea inoltre alcuni limiti: ricorso al self-report, mancanza di un follow-up per valutare la durata degli effetti e possibile reattività dei partecipanti al monitoraggio. Il campione, in gran parte composto da studentesse universitarie, limita infine la generalizzabilità dei risultati.
La ricerca è stata svolta negli Stati Uniti tra marzo 2024 e marzo 2025 con partecipanti reclutati tramite un registro nazionale. Secondo gli autori, sarà necessario valutare in studi successivi l’efficacia dell’intervento in popolazioni più eterogenee e verificarne la sostenibilità nel tempo.