La disponibilità di nuove opzioni terapeutiche sta modificando l’approccio alla prevenzione dell’emicrania, con la possibilità di ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi e, in alcuni casi, prevenire l’evoluzione verso la forma cronica. Lo ha sottolineato Cristina Tassorelli, professore di Neurologia all’Università degli Studi di Pavia, intervenendo al 55° Congresso della Società Italiana di Neurologia (Sin).
Secondo Tassorelli, sono attualmente disponibili sei nuovi farmaci per la terapia preventiva, ai quali si aggiungono trattamenti sintomatici da assumere al bisogno. Rispetto alle terapie tradizionali, questi agenti mostrano un migliore profilo di tollerabilità, consentendo un uso più prolungato e con effetti collaterali generalmente più contenuti. L’introduzione di queste opzioni ha portato a un cambiamento significativo nei percorsi terapeutici.
L’emicrania può presentarsi in forma episodica (fino a 15 giorni di cefalea al mese) o cronica (oltre 15 giorni al mese). L’obiettivo prospettato è ridurre in modo progressivo il numero di persone che evolvono verso la forma cronica. «La speranza – ha spiegato Tassorelli – è intercettare i pazienti nei momenti in cui la frequenza o l’intensità degli attacchi aumenta, così da intervenire con trattamenti in grado di bloccare la progressione».
Secondo l’esperta, la continuità della prevenzione nel tempo è un elemento chiave. Molti pazienti, avviati da anni ai nuovi trattamenti, mantengono benefici stabili, con un impatto rilevante sulla qualità di vita e sulla disabilità correlata all’emicrania. Il monitoraggio longitudinale dell’andamento degli attacchi rappresenta quindi un punto centrale nella gestione clinica.
L’obiettivo indicato – «non avere più soggetti con emicrania cronica» – richiede un’identificazione precoce delle fasi di peggioramento e un accesso tempestivo ai trattamenti preventivi appropriati, con un ruolo rilevante dei neurologi nella definizione dei percorsi terapeutici e nella gestione del follow-up.
Tassorelli ha infine sottolineato che l’ampia disponibilità di nuove opzioni pone l’attenzione sulla necessità di percorsi diagnostici e gestionali strutturati che favoriscano l’accesso ai trattamenti più idonei e la loro continuità nel tempo.