L’Orbitopatia Tiroidea (Thyroid Eye Disease, TED), meglio definita come Orbitopatia di Graves, rappresenta la principale manifestazione extratiroidea dell’autoimmunità tiroidea. Si tratta di una condizione complessa con una specifica localizzazione a livello dei tessuti orbitali. L’interessamento clinico coinvolge prevalentemente muscoli extraoculari e tessuto adiposo retrobulbare, con esiti che spaziano dal semplice discomfort oculare fino alla neuropatia ottica compressiva.
Negli ultimi decenni si è osservata una riduzione dell’incidenza e della severità della TED, attribuibile a una diagnosi più precoce dell’ipertiroidismo di Graves, a una gestione terapeutica più tempestiva e a una maggiore attenzione ai fattori di rischio, in primis il fumo di sigaretta, che resta il più rilevante.
La prevalenza europea è stimata intorno ai 100 casi per 100.000 abitanti, con una forma clinica lieve nella maggior parte dei pazienti e quadri severi solo nel 5–10% dei casi. In Italia, la malattia oculare tiroidea colpisce da 14.000 a 50.000 persone circa, con una prevalenza significativa tra le donne (82%), in particolare nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 60 anni.
Pur non essendo classificata come rara è una patologia ancora poco riconosciuta e sottodiagnosticata, inizialmente confusa con altre condizioni legate alla tiroide, rendendo difficile un riconoscimento tempestivo. Il rischio di sviluppare orbitopatia aumenta con la persistenza dell’ipertiroidismo non trattato e con la presenza di anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb) ad alta concentrazione, il cui titolo correla strettamente con l’attività clinica e la gravità dell’infiammazione orbitale.
Dal punto di vista immunopatologico, la TED si configura come un disordine autoimmune mediato da anticorpi diretti contro il recettore del TSH (TSHR), espresso non solo a livello tiroideo, ma anche sui fibroblasti orbitali. Questi ultimi, una volta stimolati, si differenziano in miofibroblasti o adipociti e producono eccessive quantità di glicosaminoglicani (in particolare acido ialuronico), responsabili dell’edema e dell’aumento volumetrico dei tessuti orbitali.
La gestione della TED si fonda su un approccio multimodale che mira al controllo dell’attività tiroidea, alla modulazione della risposta autoimmune e alla prevenzione delle complicanze visive.
Per l’endocrinologo, il riconoscimento precoce della TED rappresenta un elemento cruciale nella gestione integrata dell’autoimmunità tiroidea. La valutazione del TSH, FT4, FT3 e TRAb, insieme al dosaggio degli anticorpi anti-TPO, è indispensabile per definire l’attività tiroidea e l’autoimmunità associata.
Dal punto di vista clinico, i criteri EUGOGO o il sistema VISA (Vision, Inflammation, Strabismus, Appearance) consentono di classificare la malattia in base all’attività e alla severità, orientando la scelta terapeutica. L’imaging orbito-cranico (TC e RMN) rimane fondamentale per la pianificazione chirurgica e per distinguere i tessuti edematosi da quelli fibrotici, permettendo una valutazione più precisa dell’attività infiammatoria.
Dal punto di vista clinico controllo dell’eutiroidismo deve essere una priorità assoluta: la persistenza dell’ipertiroidismo favorisce la progressione della malattia orbitale, mentre l’utilizzo dello iodio radioattivo richiede particolare cautela nei pazienti fumatori, nei quali aumenta il rischio di riacutizzazione.
Sul fronte terapeutico, i glucocorticoidi endovenosi rimangono il gold standard nelle forme attive moderate-gravi, con protocolli di metilprednisolone cumulativi associabili a micofenolato mofetile per potenziare la risposta, mentre nelle forme resistenti, l’uso di tocilizumab (anti-IL-6R) ha mostrato risultati incoraggianti, anche nella neuropatia ottica distiroidea refrattaria.
L’introduzione di teprotumumab, anticorpo monoclonale anti-IGF-1R, ha rappresentato un avanzamento sostanziale. Tuttavia, il suo impiego è limitato da effetti collaterali rilevanti, dall’elevato costo e dai tassi di recidiva che possono superare il 50–60% e dal fatto che questo farmaco non modifica la risposta immunitaria né il decorso della malattia tiroidea, rappresentando dunque un trattamento sintomatico piuttosto che patogenetico.
Le attuali ricerche si stanno orientando verso approcci più selettivi e patogeneticamente mirati. Gli anticorpi bloccanti il TSHR (come K1-70 e GenSci098) promettono di agire simultaneamente sull’ipertiroidismo e sull’orbitopatia, modulando a monte la cascata autoimmune. Parallelamente, inibitori orali del TSHR e molecole anti-IGF-1R di nuova generazione sono in fase avanzata di sperimentazione.
Infine, gli inibitori del recettore neonatale della frazione Fc, come Batoclimab, mirano a ridurre globalmente i livelli di IgG circolanti e, di conseguenza, gli anticorpi anti-TSHR, aprendo una prospettiva di intervento più profonda sull’immunopatogenesi.
La TED rappresenta oggi un modello paradigmatico di interazione tra autoimmunità tiroidea, metabolismo e risposta infiammatoria sistemica. I progressi nella comprensione della malattia hanno aperto la strada a terapie mirate che, pur con limiti di costo e sicurezza, stanno già modificando l’algoritmo terapeutico.
Il ruolo dell’endocrinologo resta centrale per garantire il controllo dell’autoimmunità tiroidea, individuare precocemente i segni di coinvolgimento orbitario e orientare il paziente verso percorsi terapeutici integrati e migliorare gli esiti a lungo termine di questa complessa malattia autoimmune.
Fonte: https://www.thelancet.com/journals/landia/article/PIIS2213-8587(25)00066-X/abstract