Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Cephalalgia, ha rivelato che nei pazienti affetti da emicrania, i meccanismi cerebrali deputati alla modulazione del dolore risultano meno efficaci in condizioni di privazione del sonno.
La ricerca è la prima a indagare cosa accade nel cervello di pazienti emicranici dopo notti con sonno ridotto, dimostrando una correlazione significativa tra qualità del sonno e modulazione nocicettiva.
L’emicrania è la principale causa di disabilità nelle persone tra i 16 e i 50 anni colpendo circa il 15% della popolazione. Questi sono anni cruciali nella vita per quanto riguarda scuola, università e carriera. L’emicrania è un grande peso sia per l’individuo che per la società. Molte persone con emicrania sono spesso assenti dal lavoro. L’emicrania è caratterizzata da cefalee pulsanti, fotofobia, vomito, nausea e ipersensibilità ai suoni. Molti pazienti riferiscono che durante le crisi anche il tatto è doloroso, e mostrano maggiore sensibilità alla luce, agli odori e al contatto anche tra un attacco e l’altro.
È un disturbo molto comune che bisogna comprendere meglio per poter offrire trattamenti più efficaci.
Lo studio, condotto dal Norwegian University of Science and Technology (NTNU), è stato il primo a indagare cosa succede nel cervello delle persone con emicrania quando non hanno dormito a sufficienza.
Lo studio ha coinvolto 140 partecipanti, divisi tra soggetti con emicrania e soggetti sani, sottoposti a stimolazioni dolorifiche (laser ed elettriche) in condizioni di sonno normale e deprivato, con monitoraggio EEG dell’attività cerebrale.
I partecipanti erano divisi in due gruppi: soggetti con emicrania e controlli sani. Lo studio era in cieco: i ricercatori non sapevano a quale gruppo appartenesse ciascun soggetto.
Ogni partecipante è stato esaminato in due occasioni: dopo due notti di sonno normale e dopo due notti di sonno ridotto. Tutti hanno tenuto un diario del sonno. Durante l’esame, indossavano un casco con elettrodi EEG per registrare l’attività cerebrale durante stimolazioni dolorose con laser e impulsi elettrici. Così, i ricercatori hanno potuto misurare come il cervello gestisce il dolore dopo poco sonno.
I risultati suggeriscono che nei pazienti emicranici che la corteccia cerebrale dei pazienti emicranici risponde in modo diverso al dolore quando hanno dormito poco e il sistema che normalmente dovrebbe inibire la trasmissione del dolore è meno attivo dopo la privazione di sonno, aumentando la vulnerabilità a crisi emicraniche e sensibilità aumentata a stimoli esterni.
Il dott. Petter Moe Omland, autore dello studio, spiega che il sonno disturbato è uno dei principali fattori scatenanti dell’emicrania. “Abbiamo osservato che, dopo due notti di sonno ridotto, la corteccia cerebrale dei soggetti emicranici mostra un’attività anomala rispetto ai controlli sani, in risposta a stimoli dolorifici”.
Anche lui ha avuto l’emicrania: “Avevo bambini piccoli, lavoravo come medico e facevo ricerca. Dopo un lungo periodo con poco sonno, ho iniziato a svegliarmi di notte con forti attacchi. È stato molto difficile. Il mio cervello non sopportava più la privazione di sonno. Avere queste crisi è diventata una motivazione in più per capirne di più” spiega. “Le persone con emicrania sono molto disponibili a partecipare perché vogliono che si capisca di più della malattia” conclude il ricercatore.
Lo studio dimostra che la mancanza di sonno influenza i sistemi cerebrali che normalmente rallentano l’attivazione dei neuroni. Potrebbero essere questi sistemi la causa della diversa elaborazione del dolore nei soggetti con emicrania rispetto a quelli sani.
La comprensione di questi meccanismi potrebbe aprire la strada a trattamenti più mirati, che tengano conto della qualità del sonno come fattore centrale nella gestione dell’emicrania.