Un farmaco sperimentale, originariamente sviluppato per trattare i linfomi, ha mostrato risultati promettenti contro una forma di sclerosi multipla per cui non esistono trattamenti approvati. I ricercatori hanno riferito, durante l'incontro annuale dell'American Academy of Neurology a San Diego, che il tolebrutinib, un inibitore orale della tirosina chinasi di Bruton, ha ritardato del 31% l'insorgenza della progressione della disabilità confermata a sei mesi nei pazienti con Sclerosi multipla secondariamente progressiva (SMSP) non attiva e non recidivante.
Il responsabile dello studio, il dott. Robert Fox della Cleveland Clinic, ha affermato a Reuters che questo è il primo studio clinico che mostra un effetto positivo nel ritardare la progressione della disabilità in questa forma avanzata della malattia, dove la funzione neurologica peggiora gradualmente nel tempo e la disabilità aumenta inesorabilmente.
Nel trial, che ha coinvolto 1.131 pazienti, la percentuale di progressione della disabilità a sei mesi era del 22,6% nel gruppo trattato con tolebrutinib, rispetto al 30,7% nel gruppo placebo. Inoltre, più pazienti trattati con tolebrutinib hanno mostrato miglioramenti nella disabilità, con un tasso di miglioramento a sei mesi dell'8,6% contro il 4,5% con placebo.
Nonostante i risultati positivi, eventi avversi gravi, in particolare complicazioni epatiche, sono stati più frequenti con tolebrutinib. Attualmente il principio attivo è in fase di revisione per una possibile approvazione negli Stati Uniti. Il dott. Fox ha aggiunto che “circa un paziente su 200 potrebbe avere un grave aumento degli enzimi epatici nei primi tre mesi di utilizzo; quindi, è importante un attento monitoraggio con interruzione immediata di somministrazione in caso di elevazione degli enzimi epatici”.
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2415988
Cristoforo Zervos