Un nuovo studio presentato a Chicago durante il congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) evidenzia il potenziale ruolo della glicemia come marcatore prognostico nei pazienti con melanoma metastatico in trattamento con immunoterapia. L’analisi mostra che livelli elevati di glicemia, anche in assenza di diabete, si associano a una prognosi sfavorevole e a una riduzione significativa della sopravvivenza.
Lo studio, condotto da Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, ha coinvolto 1.079 pazienti non diabetici con melanoma metastatico trattati con inibitori dei checkpoint immunitari. I ricercatori hanno misurato la glicemia in tre momenti distinti nelle due settimane precedenti l'inizio della terapia, identificando come soglia il valore di 93,33 mg/dL.
I risultati mostrano che i pazienti con glicemia bassa hanno una sopravvivenza globale mediana quasi doppia rispetto a quelli con glicemia elevata (27,7 mesi vs 14,5 mesi). Anche la sopravvivenza libera da progressione risulta significativamente più lunga nei pazienti con glicemia bassa (7,4 mesi vs 4,3 mesi).
«Abbiamo identificato un potenziale marcatore prognostico che potrebbe aiutarci a migliorare la risposta dei pazienti ai trattamenti» osserva Ascierto.
«L’analisi dei biomarcatori rivela una correlazione tra glicemia elevata e livelli aumentati di Interleuchina-6 (IL-6), un noto indicatore di infiammazione. Inoltre, lo studio su 95 campioni di RNA evidenzia un’associazione tra glicemia alta e l’attivazione di geni coinvolti nei processi infiammatori e nella regolazione del ciclo cellulare» spiega Domenico Mallardo, ricercatore presso IRCCS Istituto Nazionale Tumori Fondazione G. Pascale.
«Questi risultati potrebbero avere implicazioni importanti nella gestione clinica dei pazienti con melanoma metastatico» sottolinea Ascierto. «L’evidenza di un legame tra glicemia e infiammazione suggerisce che la modulazione della glicemia potrebbe migliorare l’efficacia dell’immunoterapia».
Le evidenze dello studio sollevano anche la possibilità che interventi sullo stile di vita, come specifiche modifiche dietetiche, possano influenzare gli esiti dei trattamenti. «I pazienti con glicemia superiore alla soglia di 93,33 mg/dL potrebbero trarre beneficio da strategie mirate a ridurre i livelli di glucosio nel sangue, un aspetto che merita ulteriori approfondimenti per valutare l’eventuale impatto sulla risposta all’immunoterapia» aggiunge Ascierto.
Oltre agli interventi nutrizionali, la ricerca apre la strada a nuovi sviluppi farmacologici. «L'associazione tra glicemia e geni legati all'infiammazione e alla regolazione del ciclo cellulare fornisce spunti preziosi per comprendere meglio i meccanismi molecolari attraverso cui la glicemia influenza la risposta all’immunoterapia e la progressione del tumore» afferma Ascierto. «Questo potrebbe portare allo sviluppo di nuovi bersagli terapeutici e terapie mirate».
«Tuttavia», conclude, «saranno necessari ulteriori studi per confermare questi risultati e valutarne l’applicazione clinica. Se confermati, la valutazione della glicemia basale potrebbe diventare un parametro da considerare nella stratificazione del rischio e nella pianificazione terapeutica per i pazienti con melanoma metastatico in trattamento con immunoterapia».