In occasione della Giornata mondiale delle malattie rare, i neuropsichiatri infantili puntano i riflettori sulla necessità di sviluppare e implementare linee di indirizzo per garantire la continuità delle cure, in particolare per i ragazzi che si trovano nella delicata fase di passaggio dall'età evolutiva all'età adulta, e facilitare un'omogenea distribuzione di buone prassi organizzative su tutto il territorio nazionale.
Si definiscono malattie rare - spiega la Sinpia, Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza - tutte le condizioni che colpiscono i bambini con una frequenza non superiore a 1 ogni 2mila nati. Si tratta di bambini con patologie eterogenee tra loro, generalmente progressive, multiorgano, spesso invalidanti e nell'80% dei casi a eziologia genetica. Ad oggi se ne conoscono almeno 10mila, in Italia si stima che ne siano colpite oltre 2 milioni di persone e nel 70% dei casi si tratta di soggetti in età pediatrica, secondo la rete Orphanet Italia. Le malattie rare possono interessare contemporaneamente molti organi o apparati; circa il 40% di queste patologie ha una componente neurologica e coinvolge il sistema nervoso, centrale e periferico, e il muscolo. Numerosi bambini e adolescenti affetti da malattie rare presentano anche un disturbo del neurosviluppo accompagnato da disabilità complesse, alcune come esito biologico della malattia, molte altre a causa dell'isolamento sociale che sperimentano nei contesti di vita.
"Nel percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo dei bambini e ragazzi affetti da malattia rara con disabilità complesse, il neuropsichiatra infantile rappresenta uno dei primi interlocutori e ha un ruolo cruciale nel valorizzare il significato dei sintomi e tracciare il percorso diagnostico e successivamente terapeutico, e garantire il massimo coinvolgimento degli utenti e delle loro famiglie nelle scelte di cura - afferma Elisa Fazzi, presidente Sinpia, direttore Uo Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Uonpia) Asst Spedali Civili, professore ordinario università di Brescia - In Italia la neuropsichiatria infantile è all'avanguardia anche nella sperimentazione di terapie innovative, con la partecipazione a network di ricerca internazionali: dalla sindrome di Angelman, alle malattie neuromuscolari come l'atrofia muscolare spinale (Sma), all'atassia teleangectasia, alla sindrome di Aicardi-Goutières, per arrivare alla terapia genica per il deficit di Aadc (deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici), alle leucodistrofie trattabili e a tutte le epilessie rare".
Il tema della continuità delle cure, trasversale (tra più servizi che sono contemporaneamente presenti) e longitudinale (tra servizi che entrano in sequenza nel tempo) - sottolineano i neuropsichiatri infantili - è considerato una priorità sanitaria a livello nazionale e internazionale, in particolare per situazioni, come le malattie rare, in cui sono presenti diversi problemi e a lungo nel tempo. "La presenza di un processo strutturato di continuità delle cure, relazionale, delle informazioni e gestionale, è correlata al miglioramento delle condizioni di salute in generale, a una più positiva esperienza dei pazienti in relazione alla loro patologia e alla qualità di vita, e porta a un più appropriato utilizzo dei sistemi sanitari con riduzione del tasso di ricoveri e mortalità - evidenzia Massimo Molteni, consigliere Sinpia e coordinatore del documento della società scientifica sulla continuità di cura - La continuità di cura è concetto ben più ampio e trasversale di quello di transizione, e soprattutto pone al centro il paziente e i suoi percorsi e non i servizi. È per questo che, come Sinpia, abbiamo scelto di approfondirlo in modo specifico in un documento di indirizzo, con particolare attenzione al delicato passaggio tra l'età evolutiva e l'età adulta".
"In tale fase, infatti - rimarca Renato Borgatti, direttore Struttura complessa Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza della Fondazione Mondino Irccs di Pavia e membro Sinpia - gli adolescenti con malattia rara e disturbi del neurosviluppo e le loro famiglie si trovano ad affrontare sfide particolarmente impegnative, poiché oltre ai cambiamenti specifici dell'adolescenza devono far fronte anche a importanti differenze di natura assistenziale, organizzativa e culturale tra servizi per l'età evolutiva e servizi per l'età adulta, che portano frequentemente a drop out o interruzioni dei percorsi assistenziali, con il rischio di compromettere i benefici degli interventi terapeutici e riabilitativi precedenti".
"Un buon percorso verso i servizi per l'età adulta - conclude Antonella Costantino, past president Sinpia e direttore Uonpia Fondazione Irccs Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - può incrementare resilienza e autodeterminazione. Richiede un costante lavoro programmatorio, di confronto e formazione comune tra tutti i servizi coinvolti (spesso assai numerosi), la definizione della intensità di supporto necessaria per ciascun utente (minima, moderata, elevata o molto elevata), l'informazione e preparazione di utenti e famiglie a quanto avverrà e il loro coinvolgimento attivo, la flessibilità nel momento di passaggio (che deve poter avvenire prima o dopo la maggiore età in modo personalizzato per ciascuno), l'attento monitoraggio nel tempo".