Attualità
Intervista
11/02/2025

Salute mentale, sfida sanitaria e sociale per l’Italia

L’Italia investe il 3,4% della spesa sanitaria in salute mentale, una quota ancora insufficiente. Ne abbiamo parlato con Gabriele Ghirlanda di Angelini Pharma

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I disturbi mentali rappresentano una delle principali sfide sanitarie e sociali per l’Italia, con costi stimati in 20 miliardi di euro annui e perdite complessive per oltre 63 miliardi di euro legate alla ridotta produttività, all'assenteismo e alla disoccupazione di lunga durata. Oggi, l’Italia investe il 3,4% della spesa sanitaria in salute mentale, una quota ancora insufficiente a garantire un’adeguata risposta ai bisogni della popolazione. Sono i dati presentati nel rapporto “La salute mentale come motore della crescita socio-economica dell’Italia”, realizzato da Angelini Pharma in collaborazione con The European House – Ambrosetti e presentato presso il Ministero della Salute.

Ne abbiamo parlato con Gabriele Ghirlanda, Executive Director Global Value, Access & Public Affairs Angelini Pharma

Dottor Ghirlanda lo studio evidenzia che investire il 5% della spesa sanitaria in salute mentale potrebbe generare benefici per 10,4 miliardi di euro. Quali sono gli interventi prioritari che potrebbero tradurre questo investimento in un miglioramento concreto per pazienti e sistema sanitario?

In primis, analizziamo le componenti del risparmio che un investimento aggiuntivo in salute mentale potrebbe generare. Per i sistemi sanitari e sociali stiamo parlando di circa 3,3 miliardi di euro di costi evitabili, derivanti dalla diminuzione della dipendenza dei pazienti dai servizi di emergenza e dalle cure mediche a lungo termine e dalla riduzione dei tassi di ospedalizzazione, grazie a interventi tempestivi e proattivi sulla salute mentale, con una conseguente migliore adeguatezza dei trattamenti.

La parte più rilevante del ritorno sull’investimento, oltre 7 miliardi di euro, si concentra poi negli impatti indiretti in termini di aumento della produttività e della partecipazione nel mercato del lavoro. Questo comporterebbe benefici tangibili per le persone con disturbi di salute mentale, che godrebbero di maggiore inclusione e soddisfazione nella propria vita lavorativa, e si tradurrebbe in una minore pressione sui servizi sociali e sui programmi di invalidità a lungo termine.

Per questo, l’intervento precoce nella salute mentale, specialmente nei giovani che si preparano a entrare nel mondo del lavoro, è fondamentale per una forza lavoro più sana e resiliente. Con oltre il 50% dei disturbi mentali che si manifestano prima dei 15 anni e l'80% entro i 18, affrontare questi problemi durante la fase formativa permette di sostenere il benessere dei futuri lavoratori e della società nel lungo periodo.

Dal rapporto emerge un forte divario tra le Regioni italiane nella diagnosi e nell’accesso ai servizi di salute mentale. Quali strategie potrebbero essere adottate per garantire un sistema più equo ed evitare che i pazienti ricevano assistenza in modo disomogeneo sul territorio nazionale?

Abbiamo parlato di aumento degli investimenti, ma non si tratta solo di spendere di più; si tratta anche di spendere in modo più intelligente. Dobbiamo partire dal migliorare l'efficienza e l'efficacia delle risorse attuali, dando priorità ai servizi territoriali e alle strategie di intervento precoce, in linea con quanto previsto dal DM77.

Un altro elemento da considerare riguarda le differenze territoriali nei tassi di prevalenza trattata: questi possono dipendere da fattori individuali, socio-economici e ambientali. Tuttavia, la forte discrepanza tra le Regioni suggerisce un livello insufficiente di diagnosi nelle aree con valori più bassi, anche considerando che alcune Regioni classificano alcune patologie come disturbi comportamentali. rendere più efficace il processo di verifica dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e delle prestazioni che le diverse Regioni devono erogare ai cittadini italiani in ambito di salute mentale, sarebbe utile attivare un dibattito multidisciplinare utile ad individuare e aggiornare gli indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) e dei LEA, garantendo una distribuzione più equa ed efficiente delle risorse.

Il tasso di occupazione delle persone con disturbi mentali è inferiore di oltre 20 punti rispetto alla popolazione generale. Quali misure potrebbero incentivare l’inclusione lavorativa e ridurre i costi legati all’assenteismo e alla perdita di produttività?

Il dato su cui soffermarsi, qui, non è soltanto quello relativo al tasso di occupazione – che supera di poco il 40% nelle persone con gravi disturbi mentali – ma anche quello sul trattamento: nonostante la prevalenza dei disturbi mentali in età lavorativa si aggiri intorno al 65%, solo il 57,9% dei casi viene trattato. La necessità principale è ancora quella di migliorare l’accesso ai servizi di salute mentale per i lavoratori per ridurre il gap tra prevalenza reale e prevalenza trattata. Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sono chiare: occorrono prevenzione, protezione e promozione, e supporto. I luoghi di lavoro possono diventare spazi strategici per ridurre i rischi psicosociali e limitare, grazie a misure organizzative, l’insorgenza di disturbi mentali. Programmi specifici di sensibilizzazione e formazione possono poi mitigare lo stigma che ancora circonda i disturbi mentali e rendere i luoghi di lavoro più inclusivi e produttivi, grazie alla riduzione dell’assenteismo e al sostegno al trattamento precoce. Infine, i programmi di reinserimento lavorativo e le iniziative di occupazione assistita possono favorire una piena ed equa partecipazione al mercato del lavoro. Adottare un approccio trasversale e integrato alla salute mentale che coinvolga tutte le politiche, riconosca i determinanti individuali, sociali, ambientali ed economici e affronti le sfide legate alla salute mentale in ogni ambito della vita, compresi i luoghi di lavoro, le scuole e la società in generale e in ogni fascia di età può contribuire a creare un ambiente socio-economico più sano e produttivo.

Angelini Pharma ha sottolineato il proprio impegno nell’innovazione terapeutica per la salute mentale. Quali sono le principali sfide nella ricerca di nuovi trattamenti e come si può incentivare l’adozione di soluzioni innovative nel contesto del SSN?

Quando parliamo di ricerca e innovazione, dobbiamo in primo luogo essere consapevoli della dimensione degli investimenti richiesta dallo sviluppo di nuovi trattamenti.

In Europa, il settore farmaceutico ha investito oltre 47 miliardi di euro in R&S nel 2023, con un incremento del 5,7% rispetto all'anno precedente. In Italia, l'industria farmaceutica contribuisce significativamente all'innovazione, con un investimento annuo in R&S di 2,4 miliardi di euro. L'innovazione nel settore dei disturbi neurologici e mentali sta emergendo come una delle priorità globali, subito dopo l'oncologia, proprio a causa dell’elevato burden of disease ad essi associato. I dati sugli investimenti in innovazione e sulle partnership strategiche evidenziano un rinnovato impegno verso la ricerca e lo sviluppo di terapie avanzate, con l'obiettivo di rispondere a bisogni clinici non ancora soddisfatti. Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli che tra Europa e USA rimane presente un gap competitivo, che deve essere affrontato mantenendo e ampliando la capacità dell'Unione europea di condurre attività di ricerca e sviluppo.

L’UE sta facendo oggi alcuni passi per sostenere l’innovazione e attrarre investimenti nelle scienze della vita, ma è necessario continuare a lavorare per creare un ecosistema normativo favorevole, per bilanciare la protezione dei dati con l’attrattività per gli investimenti in ricerca e sviluppo e garantire una produzione resiliente senza imporre oneri eccessivi che possano ostacolare lo sviluppo di nuove terapie.

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