«Prendete 10 endocrinologi da diverse parti del mondo, metteteli in una sala, e chiedete loro quale sia la soglia suggerita per impostare una terapia sostitutiva con testosterone (TRT) e quali siano i rischi e benefici della terapia. Riceverete, probabilmente, 11 risposte diverse. Non esiste, a nostra memoria, un argomento che sia stato così aspramente oggetto di dibattito negli ultimi anni. Tuttavia, per comprendere le ragioni per cui la TRT sia stata così dibattuta nell’ultimo decennio, è necessario contestualizzare il percorso che ha portato ai più recenti studi sull’argomento», affermano Francesco Romanelli, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma, e Andrea Sansone, Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Cattedra di Endocrinologia e Sessuologia Medica (ENDOSEX), Università di Roma Tor Vergata.
«La TRT rappresenta una terapia storica, i cui riscontri nella letteratura risalgono a fine XIX secolo, quando Charles Edouard Brown-Séquard (1817–1894), un fisiologo anglo-francese, sperimentò su se stesso gli effetti di un “cocktail” di estratto di testicolo, sangue e sperma somministrato per via sottocutanea», proseguono Romanelli e Sansone. «il prodotto – presto ribattezzato Sequarine, in onore del suo inventore – vantava proprietà quasi magiche: proposto e commercializzato come terapia per anemia, reumatismi, gotta, patologie epatiche e renali, influenza, e persino paralisi e diabete, il “siero” di Brown-Séquard venne presto considerato un vero e proprio elisir di giovinezza. Oggi, possiamo ragionevolmente attribuire molti di questi effetti a un comune effetto placebo; tuttavia, è altrettanto indubbio che l’inizio delle attuali conoscenze sul testosterone possa essere ricondotto al bizzarro, seppur fortunato, esperimento di Brown-Séquard» (Nieschlag E, et al. Eur J Endocrinol 2019).
Facciamo un rapido flash-forward fino ai primi anni di questo secolo. «In Italia, la TRT è consolidata nella gestione clinica dei pazienti con ipogonadismo. È parte dell’insegnamento dell’endocrinologia ed è commercializzata in diverse formulazioni e posologie al fine di migliorare la compliance dei pazienti», continuano Romanelli e Sansone. «Gli effetti farmacologici della terapia sono universalmente noti, così come anche i possibili rischi e le controindicazioni. Tuttavia, fra il 2010 e il 2014, su diverse riviste viene pubblicata una serie di articoli – seppur minati da diversi errori concettuali e analitici – che mette sotto la lente di ingrandimento il possibile rischio cardio-vascolare (CV) della TRT (Walsh JP, et al. Trends Cardiovasc Med 2015). Nell’incertezza derivante dalla discrepanza fra queste evidenze, l’agenzia regolatoria del farmaco statunitense, l’FDA, rilascia una nota cautelare sull’uso della TRT, e l’Endocrine Society suggerisce di informare i pazienti del possibile rischio CV, in attesa che nuovi studi adeguatamente progettati sciolgano l’arcano, auspicabilmente una volta per tutte», riportano Romanelli e Sansone.
«Negli anni successivi» continuano gli esperti, «numerosi altri dati della letteratura, incluse diverse meta-analisi sul tema, sembrano indicare che la TRT non si associ a maggior mortalità CV, ma anzi a effetti benefici sulla salute generale e CV» (Corona G, et al. Expert Opin Drug Saf 2024).
“Un articolo di Grossman, Anawalt e Yeap” (Eur J Endocrinol 2024), segnalano gli specialisti, «riassume i principali risultati dei quattro più importanti studi pubblicati negli ultimi anni sul tema della TRT in uomini di età media o anziani con sintomi o possibili segni di ipogonadismo e concentrazioni di testosterone basse o ai limiti inferiori della norma, in assenza di patologie dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolare: TEAAM (Testosterone’s Effects on Atherosclerosis Progression in Aging Men), T-Trials (Testosterone Trials), T4DM (Testosterone treatment to prevent or revert type 2 diabetes in men enrolled in a lifestyle programme), TRAVERSE (Testosterone Replacement Therapy for Assessment of Long-term Vascular Events and Efficacy Response in Hypogonadal Men)».
«I quattro studi presi in esame sono accumunati dall’avere alcuni tratti in comune nell’impostazione del disegno: si tratta, infatti, di studi su una popolazione numerosa (compresa tra 308 e 5246 soggetti), controllati con placebo, con la terapia proseguita per almeno un anno con il monitoraggio degli esiti clinici di interesse», osservano Romanelli e Sansone. «Gli studi differivano nella popolazione inclusa, nella durata del follow-up, negli esiti considerati, e nel dosaggio e formulazione della TRT e hanno mostrato risultati leggermente discordanti nelle diverse “macro-aree” investigate».
Funzione sessuale: «con l’eccezione dello studio TEAAM, tutti gli studi hanno mostrato un miglioramento in questo ambito, seppure di entità variabile. In particolare, sono stati riscontrati effetti positivi a carico del desiderio sessuale, ma meno evidenti sulla funzione erettile», riportano Romanelli e Sansone.
Funzione muscolare: «i dati dei T-Trials hanno mostrato un aumento della velocità di deambulazione nei soggetti arruolati, senza tuttavia un cambiamento significativo sulla frequenza di cadute», osservano gli specialisti. «Gli studi TEAAM e T4DM hanno mostrato un aumento della forza muscolare a carico degli arti superiori e inferiori e dei pettorali. Questi dati sono indicativi di un’efficacia complessiva sulla funzione muscolare e sullo stato fisico, ma non sono sufficienti a suggerire la TRT nei casi di ipogonadismo al solo scopo di ripristinare la funzione fisica».
Salute ossea: «i T-Trials hanno mostrato un aumento della densità minerale ossea a livello della colonna; tuttavia, lo studio TRAVERSE ha documentato un curioso aumento delle fratture in corso di TRT, da ricondurre verosimilmente a cambiamenti comportamentali che hanno portato all’aumento esclusivamente delle fratture su base traumatica», riportano gli esperti. «Non stupisce quindi che in pazienti ad alto rischio di frattura sia necessario fare riferimento ad altre terapie anti-fratturative, indipendentemente dalla possibilità di instaurare o meno una TRT».
Salute prostatica: «è noto l’effetto trofico della TRT sulla prostata (derivante dal DHT, prodotto tramite 5-alfa riduzione del testosterone) e quindi l’aumento del PSA era atteso in tutti gli studi in analisi», osservano Romanelli e Sansone. «Non è emerso tuttavia un aumento significativo dei casi di neoplasia prostatica. Allo stesso modo, non è stato documentato un aumento dei sintomi delle basse vie urinarie (LUTS). È comunque valida l’indicazione a monitorare la salute prostatica in corso di TRT qualora si riscontrino aumenti sospetti del PSA, e parimenti è necessario prestare attenzione ai LUTS in corso di terapia, in particolar modo alla ritenzione urinaria».
Funzione cognitiva, vitalità e umore: «T-Trials e TRAVERSE hanno mostrato miglioramenti in termini di energia, vitalità e tono dell’umore, mentre non sono emersi cambiamenti di rilievo a carico di questi esiti negli studi TEAAM e T4DM» riportano Romanelli e Sansone. «Vale la pena sottolineare che i valori di testosteronemia basali erano significativamente inferiori in T-Trials e TRAVERSE (rispettivamente ≤ 9.8 nmol/L e ≤ 10.4 nmol/L) rispetto a TEAAM e T4DM (rispettivamente ≤ 13.9 nmol e ≤ 14.0 nmol/L). La funzione cognitiva non ha mostrato cambiamenti di rilievo in corso di TRT».
Metabolismo glucidico e composizione corporea: «gli studi T4DM e T-Trials hanno mostrato una migliore sensibilità insulinica, mentre ci sono stati risultati contrastanti in merito alla prevenzione dell’insorgenza di diabete mellito di tipo 2 (DM2), con un effetto protettivo riscontrato nello studio TEAAM, non confermato dallo studio TRAVERSE», riferiscono gli esperti. «I dati di TEAAM, T-Trials e T4DM suggeriscono che la TRT iniziata precocemente possa prevenire lo sviluppo di DM2, ma che non ci siano effetti di rilievo in caso di DM2 di lunga durata».
Salute ematologica: «tutti gli studi hanno documentato uno stimolo all’attività eritropoietica in corso di TRT» proseguono Romanelli e Sansone. «Se da un lato questo ha portato alla normalizzazione dei valori di emoglobina in soggetti anemici in trattamento, dall’altro ha portato a un maggior rischio di eritrocitosi nello studio T4DM, il solo studio in cui veniva usata la formulazione iniettiva».
Salute cardio-vascolare: «questo rappresenta forse il più discusso esito della TRT nella letteratura dell’ultimo decennio», osservano Romanelli e Sansone. «Nei partecipanti ai T-Trials è stato riscontrato un modesto aumento del volume delle placche ateromatose, ma la mancanza di un dato “bilanciato” al basale rende difficile interpretare questo dato. Negli altri studi non sono emerse significative differenze in termini di eventi CV maggiori (MACE), ma il basso potere statistico non consente di trarre conclusioni definitive. Lo studio TRAVERSE, il solo con adeguata potenza statistica per la valutazione dei MACE in corso di TRT, ha mostrato simili profili di sicurezza CV per i soggetti trattati con TRT o placebo; tuttavia, vale la pena segnalare che questo studio ha avuto un grande tasso di abbandono (> 60% in entrambi i gruppi di trattamento), e che il rischio di aritmia non-fatale è risultato significativamente maggiore sia nei soggetti in TRT che in quelli nel gruppo placebo».
«I dati dei quattro studi analizzati consentono di personalizzare il percorso decisionale per la TRT, tenendo anche in considerazione i possibili rischi e benefici per ogni aspetto della salute individuale», commentano Romanelli e Sansone. «Il cambiamento dello stile di vita rappresenta indubbiamente il primo approccio terapeutico per i pazienti ipogonadici, anche e soprattutto nell’ottica di agire precocemente su forme di ipogonadismo “funzionale” (Isidori AM, et al. J Endocrinol Invest 2022). La TRT è una terapia imprescindibile in molti casi, ma è fondamentale che sia prescritta solo in condizioni di comprovata necessità», e allo stesso tempo che «i possibili rischi e benefici siano adeguatamente illustrati ai pazienti», concludono gli esperti.
Eur J Endocrinol 2024, 191:R22-31. doi: 10.1093/ejendo/lvae071.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38917356/