Gli uomini hanno un maggior rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. La causa è da ricercarsi in abitudini alimentari legate a un elevato consumo di carni lavorate ricche anche di nitrati e conservanti, che aumentano i livelli di stress ossidativo e infiammazione cronica nell'organismo, favorendo l'insulino-resistenza. Il dato emerge da uno studio condotto da Irccs San Raffaele e Università telematica San Raffaele di Roma, recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Nutrition. La tendenza è confermata dai numeri Istat: le diagnosi di diabete, che coinvolgono il 5% degli italiani, sono più frequenti negli uomini (5,3%) rispetto alle donne (4,4%). I primi "mostrano una maggiore propensione verso il consumo di carne rossa, e in particolare di carni processate, rispetto alle donne, tendenza che potrebbe aumentare significativamente il rischio di sviluppare alterazioni metaboliche legate all'eccesso di grasso corporeo", ha spiegato Alessandra Feraco, prima firmataria dello studio e associato di Scienza dell'Alimentazione e delle tecniche dietetiche applicate presso l'Università. Le donne, invece, consumano più "verdure, cereali integrali, tofu e cioccolato fondente ad alto contenuto di cacao, compiendo di fatto scelte alimentari più sane". Gli uomini, continua, "tendono a saltare gli spuntini, mangiano più velocemente e sono più propensi a mangiare fuori". Differenze non solo biologiche, quindi, ma anche socioculturali, che rendono fondamentale, sottolineano i ricercatori, adottare una prospettiva di genere per sviluppare strategie di salute pubblica e interventi nutrizionali mirati alla prevenzione delle malattie croniche. "L'incidenza di diabete mellito tipo 2 è in continuo aumento, purtroppo anche nelle fasce di età più giovani, nonostante la disponibilità di farmaci sempre più efficaci", evidenzia Massimiliano Caprio, responsabile del gruppo di ricerca e ordinario di Scienze della nutrizione umana all'Università San Raffaele, per cui è cruciale "insistere sulla prevenzione e sull'educazione ad uno stile di vita sano, altrimenti il sistema sanitario potrebbe non essere più in grado di far fronte a questa vera e propria epidemia".