Le malattie neurologiche sono ormai una delle grandi linee di pressione sul Servizio Sanitario Nazionale: invecchiamento, demenze, Parkinson, esiti di ictus, sclerosi multipla, epilessie complesse e malattie neuromuscolari generano una domanda crescente e continuativa di assistenza specialistica. In questo contesto, limitarsi a contare posti letto o prestazioni ambulatoriali non è più sufficiente per definire il fabbisogno di neurologi in Italia.
Tre fattori, in particolare, impongono un cambio di prospettiva.
Il primo è la cronicità neurologica. Una quota sempre maggiore dell’attività si concentra su percorsi di presa in carico di lungo periodo, con controlli ravvicinati, gestione di comorbilità, supporto ai caregiver e integrazione multiprofessionale. È un lavoro che non emerge pienamente nei DRG, ma che occupa gran parte del tempo reale dei neurologi.
Il secondo è la trasformazione territoriale legata al DM 77. Case e Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali e nuovi modelli di prossimità richiedono una presenza neurologica stabile e definita. Senza lo specialista sul territorio, il rischio è che la complessità neurologica continui a “scaricarsi” sui pochi centri ospedalieri, con accessi tardivi, frammentazione dei percorsi e diseguaglianze tra aree del Paese.
Il terzo è l’impatto di ricerca e innovazione: terapie disease-modifying, biomarcatori avanzati, trial multicentrici, registri, strumenti digitali. Tutto questo richiede tempo medico dedicato per selezione, monitoraggio, raccolta dati, interazione con le agenzie regolatorie e formazione continua dei team. Se si tiene conto di queste dimensioni – cronicità, territorio, ricerca – le stime prudenziali indicano che l’Italia nel SSN avrà bisogno, nel prossimo decennio, di almeno il 20% di neurologi aggiuntivi, con tre priorità chiare:
1. rafforzare la presenza neurologica nel territorio DM 77;
2. sostenere le reti di patologia ad alta intensità (stroke, demenze, SM, epilessie, Parkinson);
3. riconoscere strutturalmente la componente di ricerca e formazione nei fabbisogni.
Non si tratta di chiedere genericamente “più neurologi”, ma di proporre una programmazione consapevole, con standard nazionali di FTE per popolazione e per rete, piani di riequilibrio per il Centro-Sud e una chiara integrazione tra ospedale, territorio e ricerca. La capacità del SSN di rispondere alla sfida della Salute del Cervello nei prossimi anni dipenderà anche da qui: da quanto saremo in grado di programmare oggi, con lucidità e dati alla mano, la Neurologia di domani.
Alessandro Padovani