La Commissione Cultura della Camera ha approvato un emendamento che esclude dalle scuole medie ogni attività didattica sull’educazione sessuale e affettiva. Una decisione che suscita allarme tra i professionisti sanitari. La Federazione nazionale degli Ordini della professione ostetrica (Fnopo) parla di “grave passo indietro culturale e di salute pubblica”
“L’educazione affettiva e sessuale è una responsabilità degli adulti – sottolinea Letizia Carotenuto, consigliera Fnopo –. È un percorso di consapevolezza, rispetto e prevenzione. Offrire ai bambini e agli adolescenti strumenti adeguati per comprendere il corpo, le emozioni, il consenso e le relazioni sane significa promuovere salute e benessere, prevenire gravidanze adolescenziali, abusi, bullismo e omofobia”.
Per le ostetriche italiane, negare ai giovani questa formazione equivale a privarli di una difesa essenziale contro la violenza e l’ignoranza. “Lo Stato e le istituzioni scolastiche hanno il compito di accompagnare i futuri uomini e donne nel percorso della vita – ricorda il Comitato centrale della Fnopo –. Il sapere rende liberi: di scegliere, di decidere in modo consapevole, di riconoscere i limiti propri e altrui”. Secondo la Fnopo, l’assenza di educazione sessuale nelle scuole rischia di tradursi in una crescita delle infezioni sessualmente trasmissibili, delle gravidanze indesiderate e degli episodi di violenza. “La disinformazione e l’inconsapevolezza – continua Carotenuto – non permettono ai giovani di riconoscere comportamenti pericolosi o abusivi e di difendersi in tempo. L’educazione sessuale è un intervento di salute pubblica di efficacia comprovata: il rispetto della persona è il cuore dello sviluppo sano”. L’Italia, ricordano le ostetriche, resta tra i pochi Paesi avanzati privi di una legge sull’educazione sessuale obbligatoria, anche Spagna e Irlanda l’hanno introdotta nei curricula scolastici. Eppure da anni, studi e ricerche sul campo dimostrano che è una delle più efficaci forme di prevenzione della violenza di genere. L’unica proposta organica risale al 1975. “Le scuole decidono autonomamente se attivare corsi o sportelli informativi, ma ora con il nuovo emendamento si rischia di spegnere anche quelle esperienze virtuose”, avverte la Federazione.
La preoccupazione delle professioniste sanitarie si intreccia con quella delle organizzazioni che lavorano sulla prevenzione della violenza di genere. Secondo Save the Children, l’educazione all’affettività “è uno strumento fondamentale per agire sugli stereotipi che alimentano la violenza maschile contro le donne e per diffondere una cultura del consenso e del rispetto”. Dati alla mano, solo il 47% degli adolescenti italiani ha ricevuto un’educazione sessuale a scuola, percentuale che scende al 37% nel Sud e nelle Isole. Eppure, il 91% dei genitori intervistati ritiene utile introdurre percorsi obbligatori. “I genitori stessi – osserva la ricerca Coop-Nomisma ‘Dire, Fare, Amare’ – chiedono che la scuola affronti apertamente questi temi, perché si sentono impreparati di fronte a una dimensione digitale in cui i figli crescono e imparano modelli di relazione”. Anche Gino Cecchettin, padre di Giulia, uccisa lo scorso anno, parla di “una questione di prevenzione e civiltà”. “Se vogliamo combattere la violenza – afferma – dobbiamo avere il coraggio di parlare di affettività prima che diventi cronaca. Vietare questi percorsi significa lasciare i ragazzi soli, a cercare risposte su internet, dove troppo spesso l’amore è confuso con il possesso”.
Anna Capasso