La Food and Drug Administration (Fda) ha annunciato la modifica del foglietto illustrativo del leucovorin (acido folinico), autorizzandone l’uso anche nei bambini con deficit cerebrale di folati, una condizione che può manifestarsi con ritardo del linguaggio, disabilità intellettiva, crisi epilettiche e sintomi sovrapponibili a quelli dello spettro autistico.
Il leucovorin è una forma modificata della vitamina B9 (folato), già impiegata in oncologia per ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia a base di metotrexate e in combinazione con fluorouracile nel carcinoma del colon-retto. Viene anche utilizzato nel trattamento di alcune anemie megaloblastiche.
L’indicazione per i bambini con disturbo dello spettro autistico si fonda su studi condotti tra il 2009 e il 2024, che hanno rilevato miglioramenti in alcuni sintomi nei pazienti con anticorpi anti-recettore dei folati, presenti fino al 75% delle persone con autismo. In uno studio controllato, i bambini trattati hanno mostrato un miglioramento significativo delle difficoltà linguistiche rispetto al placebo.
Secondo Richard Frye, ricercatore in ambito autismo, “non si tratta di una cura, ma per molti bambini migliora sostanzialmente la capacità di comprendere e comunicare”. Tuttavia, gli effetti non sono uniformi: in diversi casi il farmaco non ha portato benefici apprezzabili.
Gli esperti invitano quindi alla cautela. Alycia Halladay, della Autism Science Foundation, sottolinea che “sono necessari studi più ampi e controllati per capire con precisione chi può beneficiare del trattamento e a quali dosaggi”. L’organizzazione ribadisce che il leucovorin non rappresenta una terapia preventiva né una cura definitiva per l’autismo.
Il profilo di sicurezza appare favorevole: trattandosi di un derivato idrosolubile del folato, la maggior parte del farmaco viene eliminata con le urine entro 24 ore. Gli effetti avversi segnalati includono agitazione, insonnia, cefalea e, in alcuni casi, aumento di irritabilità e aggressività.
Con questa decisione, l’Fda rende disponibile un’opzione terapeutica che da anni veniva impiegata off-label nei centri specializzati, ma che resta da validare con studi clinici di più ampia portata prima di un utilizzo diffuso nella pratica clinica.