Farmaci
Antidepressivi
04/08/2025

Antidepressivi in gravidanza, per l'FDA occorre più informazione alle donne

La maggioranza dei dieci esperti ha sottolineato la necessità di informare più chiaramente le donne in gravidanza sui potenziali rischi associati agli SSRI, pur riconoscendone i benefici

Farmaci gravidanza

Durante una riunione della FDA presieduta da Marty Makary (Johns Hopkins University), la maggioranza dei dieci esperti convocati ha sottolineato la necessità di informare più chiaramente le donne in gravidanza sui potenziali rischi associati agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), pur riconoscendone i benefici terapeutici nel trattamento della depressione. Makary ha evidenziato che circa il 5% delle gestanti assume antidepressivi, e ha richiamato studi che ipotizzano una stretta interazione tra serotonina e sviluppo fetale, con implicazioni potenzialmente rilevanti per cuore, cervello e apparato gastrointestinale. Le complicanze segnalate includono emorragia post-partum, ipertensione polmonare, difetti cardiaci e alterazioni cognitive, sebbene la definizione del rischio resti ancora incerta.

Alcuni esperti, da tempo critici verso l’uso degli SSRI in gravidanza, hanno riportato associazioni osservazionali con autismo, ADHD, depressione e ansia nei figli. Il significato clinico di queste correlazioni rimane controverso, anche alla luce della possibile influenza di fattori confondenti come la depressione materna non trattata. L’esclusione sistematica delle donne in gravidanza dai protocolli randomizzati rende complessa la valutazione del rapporto causale. Secondo Kay Roussos-Ross (University of Florida, Gainesville), il rischio più frequente è la sindrome da adattamento neonatale, che colpisce circa il 10–20% dei neonati esposti, provocando irritabilità e difficoltà respiratorie generalmente autolimitanti. Ha inoltre richiamato gli effetti negativi della depressione non trattata, tra cui recidive, parto pretermine, basso peso neonatale, preeclampsia, scarsa adesione ai controlli, abuso di sostanze e difficoltà di attaccamento madre-figlio. Jay Gingrich (Columbia University, New York) ha sostenuto che gli SSRI non devono essere negati alle pazienti con depressione, pur auspicando una comunicazione più efficace sui rischi. Adam Urato (MetroWest Medical Center, Framingham e Natick) ha proposto l’inserimento di riquadri di avvertenza sulle confezioni, mentre Josef Witt-Doerring (ex-dirigente della FDA) ha suggerito l’uso di QR code per video informativi. David Healy (Royal College of Psychiatrists, Londra) ha sottolineato che l’obbligo di informazione spetta al medico prescrittore.

Diversi relatori hanno discusso possibili alternative agli SSRI, tra cui psicoterapia, antidepressivi triciclici e atipici. Joanna Moncrieff (University College London) ha contestato l’efficacia della classe farmacologica, mentre Roger McFillin (Center for Integrated Behavioral Health in Bethlehem, California) ha criticato la medicalizzazione dell’esperienza emotiva femminile. In chiusura, Steven Fleischman (American College of Obstetricians and Gynecologists, Washington) ha contestato l’impostazione di alcuni interventi, definendoli infondati e allarmistici, e ha ricordato che le evidenze disponibili suggeriscono che gli SSRI possono essere impiegati con cautela in gravidanza, quando clinicamente indicati, nel contesto di una valutazione individuale del rischio-beneficio.


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