I dati presentati dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) confermano che la vaccinazione anti-COVID in gravidanza offre una protezione efficace sia per la madre sia per il neonato nei primi mesi di vita, periodo in cui l’infezione da SARS-CoV-2 può manifestarsi in forma grave.
L’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) ha proposto per la stagione respiratoria 2025-2026 la vaccinazione anti-COVID nei bambini dai 6 ai 23 mesi e in soggetti tra i 2 e i 64 anni a rischio, incluse le donne in gravidanza.
Adam MacNeil, dottore di ricerca e specialista in sanità pubblica presso il Centro Nazionale per l’Immunizzazione e le Malattie Respiratorie del CDC, ha spiegato che la strategia mira a proteggere entrambi. Nella stagione 2024-2025, i tassi più alti di ricovero si sono verificati tra adulti ≥75 anni, seguiti da 65-74 anni e neonati <6 mesi, con incidenze rispettivamente di 268 e 266 casi su 100.000.
Tra i neonati ricoverati, il 22% è stato ricoverato in terapia intensiva; il 71% non presentava comorbilità e solo il 3,5% risultava esposto a vaccinazione materna, sulla base della registrazione di una dose somministrata durante la gravidanza. Poiché non esistono vaccini autorizzati per i bambini sotto i 6 mesi, la protezione nei primi mesi di vita dipende esclusivamente dal trasferimento transplacentare di anticorpi materni, ottenuto tramite vaccinazione in gravidanza o infezione pregressa.
Dati relativi al periodo 2022-2023 mostrano che la vaccinazione in gravidanza riduce i ricoveri per COVID del 54% nei neonati da 0 a 2 mesi e del 35% in quelli da 0 a 5 mesi, con un decadimento dell’efficacia simile a quello osservato negli adulti.
Anche le madri traggono beneficio dalla vaccinazione: secondo i dati del sistema di sorveglianza COVID-NET (COVID-19-Associated Hospitalization Surveillance Network), che raccoglie informazioni sui ricoveri per COVID in numerosi ospedali statunitensi, tra aprile 2024 e marzo 2025 il 28,5% delle donne tra i 15 e i 49 anni ricoverate per COVID era in gravidanza. La metà non presentava comorbilità; il 92% non risultava vaccinata dal luglio 2023 e solo il 5,8% aveva ricevuto la dose di richiamo raccomandata.
Nello stesso periodo, l’efficacia del vaccino nel prevenire accessi in pronto soccorso si attestava al 36% entro 59 giorni dalla somministrazione, scendendo al 28% oltre i 120 giorni. Nella fascia 18–64 anni variava tra il 20% e il 39%, mentre tra gli over 65 oscillava tra il 30% e il 36%. Per quanto riguarda i ricoveri, la protezione risultava del 50% tra 60 e 119 giorni dalla vaccinazione e del 32% tra 120 e 179 giorni. Dati analoghi sono stati riportati dalla rete IVY (IVY Network, Influenza and Other Viruses in the Acutely Ill), un consorzio statunitense di ospedali accademici che monitora l’efficacia dei vaccini nei pazienti ricoverati.
Nei bambini, i dati 2024-2025 stimano un’efficacia del 64% tra 9 mesi e 4 anni e dell’81% nei 5–17 anni.